Milos Raonic entra, suo malgrado, nella storia. E’ lui l’avversario contro il quale il 33enne Roger Federer raggiunge il mitico traguardo delle mille vittorie nel singolo l’11 Gennaio 2015, ponendosi al terzo posto nella classifica all time dietro le 1071 di Lendl e le 1253 di Connors.
Il tennista più amato dai tifosi dal 2003, vinse la sua prima gara del circuito nel 1998 a 17 anni e da allora è stato un susseguirsi di trionfi e di gioie per il tennista svizzero. Caratterizzato da un’eleganza eccelsa e da una classe speciale, i suoi record lo hanno reso immortale nella memoria dei tifosi a partire dalle 23 Semifinali consecutive nello Slam fino alle oltre 300 settimane da numero uno, passando attraverso quindici anni con almeno un torneo vinto (17 quelli vinti in totale nello Slam, 83 quelli Atp).
Eppure le mille vittorie restano un trionfo che va al di là dei trofei: “Non potrò mai dimenticare questo momento, non è stato un successo come gli altri, perché io non avevo mai pensato di raggiungere le 500 o le 800 vittorie, erano cifre che non mi dicevano nulla. Ma 1000 ha un significato diverso, anche perché adesso mi ci vorrà un po’ di tempo a contarle tutte”.
Era un Rogerino imberbe, appena diciassettenne, quello che a Tolosa il 3 settembre 1998 ottenne il primo successo sul circuito battendo il francese Raoux. Il giorno dopo, si prese lo scalpo pure di Fromberg prima di perdere da Siemerink e alla fine della settimana salì dal numero 878 al numero 396. Si intuiva che avrebbe potuto cambiare gli almanacchi, si capiva che dietro gli atteggiamenti da moccioso si nascondeva un probabile fenomeno, ma quasi 17 anni dopo fa sorridere e continua a sorprendere la considerazione che colui che si è trasformato nell’oggetto dell’idolatria sportiva più globale, l’uomo che presentandosi da spettatore a un Super Bowl venne fatto sfilare all’intervallo su un tappeto rosso, all’inizio del suo cammino di gloria raccogliesse davvero poche simpatie. A Milano, nel 2001, nella finale contro Boutter, la gente stava tutta con il francese, un operaio della racchetta che si era costruito una carriera masticando il pane duro sui rettangoli di periferia. Roger appariva troppo algido nel suo talento, troppo sfacciatamente aiutato dagli dei del tennis, quasi arrogante.
Incredibilmente, ogni vittoria che da quel momento ha aggiunto al palmarès lo ha reso non solo un atleta, ma perfino un uomo migliore. Per questo, mille o non più mille, chiunque ami lo sport vorrebbe sfregare la lampada e regalare al genio svizzero la perenne giovinezza. Perché Federer è un’altra cosa. Di più: è unico.