Su gentile concezione di Giuseppe Donadio
Riflessione durante uno dei momenti di preghiera organizzato per la festa di S. Tommaso presso la statua della Madonna a Soverano.
Con questa lettera,[1] San Paolo ci dà un insegnamento di vita morale e sociale. Il cristiano non può vivere fuori dal mondo; il suo essere pienamente cristiano deve essere esperito in sociatà, al lavoro, per casa, in famiglia. Esser cristiani vuol dire essere giusti, comportarsi con giustizia; ma esser giusti vuol dire perseguire il bene; e come diceva il buon vecchio Aristotele, il bene non è una meta che sta di fronte a noi, ma buone sono le nostre azioni, il nostro agire. Anche S. Tommaso d’Aquino è d’accordo con Aristotele quando dice che le azioni buone sono un “abito” che dobbiamo indossare per essere buoni: non si può essere buoni se non si agisce con bontà. È lo stesso Paolo che ci esorta a comportarci secondo giustizia: «Fate molta attenzione al vostro modo di vivere. Non comportatevi da persone sciocche, ma da persone sagge. Usate il tempo che avete, perché viviamo giorni cattivi.» Come non fare riferimento alle parole del Papa pronunciate durante l’omelia della messa tenutasi nella piana di Sibari: Francesco, così come fece anche Giovanni Paolo II, chiese a più riprese ai mafiosi che infestano la nostra terra di convertirsi. Il Papa, dopo aver preso visione diretta del degrado culturale, fisico, sociale ed economico nel quale la nostra amata terra si trova a vivere, pronuncia parole di dura condanna: «La vostra terra tanto bella conosce i segni di questo peccato: l’adorazione del male e il disprezzo del bene comune. Questo male va combattuto, va allontanato, bisogna sempre dirgli di no, perché la mafia èadorazione del male. Quando non si adora il Signore si diventa adoratori del male, come lo sono coloro i quali vivono di malaffare e di violenza e la vostra terra, tanto bella, conosce i segni e le conseguenze di questo peccato. La ‘ndrangheta è questo: adorazione del male e disprezzo del bene comune. Questo male – continua Bergoglio – va combattuto, va allontanato. Bisogna dirgli di no. La Chiesa, che so tanto impegnata ad educare le coscienze, deve sempre spendersi perché il BENE possa prevalere. Ce lo chiedono i nostri ragazzi. Ce lo domandano i nostri giovani, bisognosi di speranza. Per poter rispondere a queste esigenze, la fede ci può aiutare.» Da ciò Papa Francesco pronuncia la più dura delle condanne: «i mafiosi sono scomunicati!» Il nostro stesso vescovo, in una riflessione pastorale del 2012, scrive parole di dura condanna: «Se il mezzogiorno e la Calabria vivono in condizioni di arretratezza socio-economica che conculca la speranza soprattutto delle nuove generazioni, la vostra colpevolezza è immensa.» Il Vescovo aggiunge: «I segni che vi distinguono sono l’arroganza del potere, la spregiudicatezza del possedere, l’animosità che acceca e annulla i vincoli di sangue e la mancanza assoluta di rispetto per la vita e la dignità umana. In questo contesto, avere la presunzione di appellarvi a tradizioni religiose, come spesso fate anche cercando di prendere parte alla preparazione di feste patronali, è semplicemente assurdo. Non c’è nulla del Vangelo di Cristo a cui voi mafiosi potete richiamarvi, anzi la vostra stessa esistenza fatta di violenza e soprusi è una controtestimonianza allo spirito e alla norma etica della parola di Dio.» Paolo, nella lettera appena letta, afferma: «Non lasciatevi ingannare da ragionamenti senza senso: sono queste le colpe di chi non vuole ubbidire a Dio e perciò si tira addosso la sua condanna. Non abbiate niente in comune con questa gente. […] Cercate ciò che piace al Signore. Non fate amicizia con quelli che compiono azioni tenebrose che non danno alcun frutto; piuttosto denunziate quelle loro azioni (perché sono azioni che essi fanno di nascosto ed è vergognoso perfino parlarne).» Essere cristiani significa comportarsi secondo il Bene. Ed il Bene ci viene da Dio. È Lui misura di tutte le cose. Paolo afferma, in conclusione, che «sempre e per ogni cosa ringraziate Dio nostro Padre, nel nome di Gesù Cristo nostro Signore.»
[1] Efesini, 5, 15-20.