Bersani, il crocifisso che non resusciterà

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In pieno clima pasquale verrebbe da dire che nemmeno dopo i tre giorni Pier Luigi Bersani risusciterà dai morti. Del resto è certamente altra cosa rispetto al vero figlio di Dio, quest’ultimo capace di risorgere  veramente per salvare gli uomini dalle tenebre. Quale atroce condanna ci attenderà per aver paragonato sciaguratamente Gesù Cristo a un povero uomo di sinistra che aveva pensato si salvare prima se stesso e poi il popolo? Il Salvatore del mondo ha avuto veramente il coraggio di distruggere il Tempio e allontanare i mercenari, ribaltando tutti i banchi a terra, ma Bersani non ha seguito affatto il suo esempio. Il paragone non tiene ma alla sostanza si dovrebbe guardare ugualmente. Il coraggio di un uomo qualsiasi non basta a cambiare il mondo senza l’insegnamento dell’umiltà che prima si rivolge al bene comune e soltanto dopo si preoccuperà del proprio martirio. La caparbietà non si dovrebbe confondere con la superbia poiché se la prima è una virtù la seconda è un peccato. L’uomo incaricato di realizzare il nuovo governo per salvare il popolo italiano proprio per sua natura non è onnipotente e per ciò dovrebbe capire quando è il momento di lasciare il passo agli altri. “La chiave è il Quirinale. Giorgio Napolitano è stato netto: servono numeri certi e Bersani non li ha”. Mandare al Senato il martire per rincorrere una fiducia che non c’è sarebbe come immolare un agnello in sacrificio a Dio in un tempo di Risurrezione in cui non c’è più bisogno di immolare nessuno per giungere alla salvezza di un popolo.

27.03.2013                                                                                    Alberto De Luca