È morto il senatore a vita Giulio Andreotti. L’uomo simbolo della Democrazia Crisitiana e modo della Prima Repubblica s’è spento intorno alle 12 del 6 maggio 2013 nella sua casa romana. Il “Divo Giulio” aveva 94 anni, essendo nato il 14 gennaio del 1919. Politico longevissimo, sulla scena politica da più tempo della regina Elisabetta. È stato l’uomo di governo e di partito italiano più blasonato, sette volte alla guida dell’esecutivo, otto volte ministro della Difesa, cinque volte ministro degli esteri, e delle Finanze e del bilancio, del Tesoro e degli interni. E’ stato uno dei leader democristiani più votati. C’è la firma di Andreotti sul trattato di Maastricht, sulla legalizzazione dell’aborto, sulla nazionalizzazione del Totocalcio. La sua mano sulla decisione di adottare l’inno di Mameli come inno d’Italia.
Nel corso degli anni Andreotti ha affrontato accuse pesantissime come quella di essere il mandante dell’omicidio Pecorelli o di essere stato un referente a tutti gli effetti della mafia. La vicenda giudiziaria che lo vide accusato per mafia si concluse solo il 15 ottobre 2004 e Andreotti se la cavò per due motivi. Il primo: per tutti i fatti precedenti al 1980 fu riconosciuto colpevole, ma i reati erano caduti in prescrizione. Per ciò che invece accadde dopo quell’anno, l’imputato venne assolto, dicono i giuristi, in forza dell’“articolo 530 del codice di procedura penale, secondo comma”, cioè per insufficienza di prove.
“C’è sempre stato un legame indissolubile tra Roma e Andreotti. Una parte di Roma lo contestava una parte lo amava. Lui ha sempre preso le difese degli interessi di Roma. È espressione di quella classe dirigente della prima Repubblica che ha lasciato un segno anche dal punto di vista culturale” ha detto il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, lasciando la casa romana di Giulio Andreotti.
I funerali saranno celebrati domani alle 14, alla chiesa di San Giovanni dei Fiorentini. Le esequie saranno in forma privata.