Uno stipendio garantito dopo la clemenza

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Oggi in parlamento si è votato sull’ennesimo indulto. Un provvedimento generale di clemenza, previsto dall’art. 174 del Codice penale e ispirato, almeno originariamente, a ragioni di opportunità politica e pacificazione sociale, ma a volte degenerato nella prassi in strumento di periodico sfoltimento delle carceri. Un mezzo efficace con il quale il Parlamento condona o commuta parte della pena per i reati commessi prima della presentazione del disegno di legge d’indulto. Ciò significa che da oggi in poi con molta probabilità pericolosi criminali potrebbero tornare a piede libero ed essere in grado di reiterare i reati per i quali erano stati incarcerati. Verrebbe da dire che uno Stato che non è in grado di garantire la certezza della pena non si può definire democratico a fronte del fatto che la base fondante per la democrazia è il rispetto delle regole. Chi è in carcere anche per reati minori ha infranto le suddette norme democratiche e per ciò dovrebbe scontare una pena nelle apposite strutture carcerarie. Invece per il fatto del sovraffollamento delle carceri i nostri rappresentanti al Parlamento hanno deciso di votare un altro indulto (Decreto) che si aggiunge a quelli già approvati in precedenza. (Ricordiamo che per la Costituzione approvare un indulto richiede la maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera). Insomma una grande responsabilità per la maggior parte dei parlamentari di Camera e Senato che da domani dovranno rispondere a tutte quelle vittime che dopo aver subito il danno di un furto, di una violenza o quant’altro saranno costrette a sopportare la messa in libertà degli aguzzini con il pericolo di eventuali vendette da parte di questi ultimi. Come se non bastasse in Parlamento, qualcuno invoca l’amnistia poiché il Decreto svuota carceri non sarebbe sufficiente a risolvere l’impellente problema del sovraffollamento carcerario. Tranne qualche rarità che vorrebbe la costruzione di nuove carceri e l’incremento delle guardie per i detenuti gran parte del Parlamento compreso il Capo dello Stato sono favorevolissimi all’approvazione del suddetto Decreto. Un’altra cosa raccapricciante riguarda il fatto che nel provvedimento salva carceri è previsto l’inserimento dell’ex detenuto in strutture apposite di lavoro. In pratica un delinquente oltre a uscire dal carcere senza scontare la sua pena avrebbe diritto immediatamente a un lavoro e a uno stipendio minimo. Non fosse altro che in Italia la disoccupazione giovanile e ai massimi storici e per questo un giovane laureato è costretto a emigrare per trovare un lavoro mentre un criminale appena liberato da un atto di clemenza trova servito su un piatto d’argento un posto sicuro. Alla faccia di tutti quei quarantenni onesti e senza uno straccio di lavoro che ancora una volta devono subire la fila di un collocamento che non li chiamerà mai. Applaudiamo al riconoscimento dei diritti dei carcerati mentre continuiamo ancora una volta a subire uno Stato che oltre a tassare i propri cittadini nega i diritti delle persone libere, dei contribuenti e dei lavoratori onesti.

06/02/2014 – Alberto De Luca