Bisignanesi – e sì, proprio così, questa mattina tutti al mare. Percorrendo le vie principali del paese si ha l’impressione di trovarsi in un luogo fantasma: saracinesche abbassate, parcheggi vuoti, pochissime persone in giro, qualche solitario davanti al bar.
Una macchina, stracarica di ogni cosa, irrompe nel parcheggio del supermercato, non si capisce bene che cosa trasporti, ma non appena aperti gli sportelli ecco spuntare fuori, come le formiche, gente in costume da bagno, bambini imbrattati di yogurt, secchielli da mare, provviste, sedie, teli da spiaggia e ombrelloni.
Un uomo grasso, incazzato e incline al vaffa, con un grosso telefono attaccato all’orecchio, impegnato con una mano a rialzarsi i calzoni che gli erano scivolati a mezza chiappa, accaldato come un porcello, scende dall’utilitaria e si rivolge alla moglie dicendo:
‘I chiudi i porti da machina ca c’è l’aria condizionata appicciata?
All’uscita dal negozio, la donna segugio, con al seguito due figlioletti strillanti, spinge il carrello asciugandosi i sudori della fronte, la sua stazza fisica non è per la stagione estiva, disturbata dal vedere il marito ancora attaccato a quel maledetto cellulare, inveisce contro di lui e tutti i Santi, promettendosi di andare al mare ma riservandosi di fare i conti col “porco” appena raggiunta la spiaggia.
«Se dovevi parlare tutto il giorno al telefono con quella zoccola perché sei venuto al mare con noi”? Potevi restare benissimo a casa, stronzo, magari con quella P. di tua madre. Ma chini ma’ fatta fari a mi spusari cu’su purcu»!
Una scena che ricorda molto le commedie all’italiana del maestro Verdone.
Mentre l’afa fa registrare trenta gradi all’ombra, già verso le nove, in un bar del campo sportivo si svolge un’altra stravagante sceneggiata:
Il cliente:
Buongiorno paisà! Un caffè per favore, ca ancora ‘u mì puozzu ripigliari da’pica d’ieri sira!
La risposta del barista non si fa attendere:
Paisà nu’ cazzu, ca’ieri sira tinni si’jutu senza pagari!
Non vi venisse in mente di invitare una giovane donzella a far la prima colazione in quel bar di Bisignano e in una desertica domenica di luglio, il rischio è quello di udire tante di quelle parolacce da riempire una stanza intera.
Una scena mai vista che rivive in tutto lo squallore di un locale di tamarri. Insomma, una scena molto rustica dalla quale uscire in punta di piedi per entrare in un altro bar, magari più idoneo dal punto di vista del linguaggio.
Scene da brivido e con la consapevolezza di vivere nel paese del Sant’Umile, in cui, per fortuna, esistono anche dei locali pubblici degni della riconosciuta licenza, dove incontrare la cortesia, la qualità del servizio, il buon prezzo e soprattutto non incorrere in ubriaconi e gestori scostumati.
E non finisce qui!
Un altro giro per il paese in macchina e poi ecco lungo la strada il camion dei cocomeri attorniato come un carretto di gelati.
Dalla folla una voce s’innalza su tutte:
Il melone più grosso tocca a me, l’ho visto prima io!
In lontananza un altro personaggio baffuto risponde:
Se l’hai visto prima tu, allora, io vado a comprarlo da un’altra parte!
Incredibile ma vero, sembravano degli assatanati in procinto di assaltare il negozio ambulante dei cocomeri. Tarantolati dalla frenesia di arrivare al mare prima di mezzogiorno si dimenavano fra loro alla conquista dell’anguria più grossa, mentre sul retro del camion due panciuti affondavano la loro faccia in una grossa fetta di melone, alle nove circa del mattino, sbavandosi i vestiti sotto gli occhi delle mogli seccate da cotanta voracità.
Arrisimigliati due purciddi aru scifu!
Un uomo di quelli, risentito e con la bocca ingorgata di anguria, sputacchiando come un lama, risponde
Ti si’vista tu a chi rasimigli
Scena mirabolante!
Se il bisignanese non esistesse, si dovrebbe inventarlo, una comunità intrisa di storie colorite, uniche, estemporanee, senza le quali difficilmente si potrebbe sopravvivere alla noia di un luogo per tanti versi dimenticato.
20/07/2014 – Alberto De Luca