Arbitri da tutelare

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Sempre più spesso la cronaca nazionale si tinge di vicende violente legate al calcio, in particolare quelle che riguardano giovani arbitri che nelle categorie minori subiscono settimanalmente polemiche che sfociano in atti delinquenziali.

L’Aia sta cercando di correre ai ripari dotandosi di un Osservatorio per monitorare il fenomeno e un dato ci fa capire in che stato si trova il nostro calcio: nessun altro Paese ha mai creato un organismo simile. Purtroppo è questione di mentalità, perchè le frustazioni settimanali vengono sfogate sul povero malcapitato di turno che, in giacca nera, si ritrova in mezzo a feroci polemiche nei campetti di periferia, dove chi arbitra lo fa più che altro per arrotondare e per hobby.

I dati statistici ci mostrano numeri impietosi: dalla stagione 2009/10 alla 2013/14 ci sono stati circa 2323 episodi di violenza (fisica o morale) subiti dai direttori di gara. Soltanto nella scorsa stagione ci sono stati ben 109 direttori di gara finiti in ospedale e nello scorso mese di Ottobre i dati non sono stati per nulla incoraggianti: circa una trentina i casi segnalati, uno su tutti quello che ha coinvolto l’Atletico Cavallino, squadra pugliese di Seconda Categoria diventata famosa dopo l’aggressione ad un ragazzo di diciassette anni, con la dichiarazione del presidente che senza alcuna vergogna diceva in maniera convinta che se fosse stato per lui avrebbe ucciso l’arbitro.

Analizzando ancor più nel dettaglio i dati, questi episodi avvengono principalmente in Seconda e in Terza Categoria, ma non mancano vicende simili nei settori giovanili. Le regioni più a rischio sono la Sicilia (ben 98 episodi), la Calabria (44), la Campania, il Veneto e la Lombardia. A picchiare sono nella maggior parte dei casi i giocatori (64%) e l’anno nero in questo senso è stato il 2010/11, con 630(!!!) episodi di violenza.

La soluzione a tutto ciò è cambiare la mentalità sportiva di questo Paese, partendo dall’alto e arrivando fino alle scuole. Gli arbitri minacciono uno sciopero anche in Serie A se non si cambia: sarebbe un gesto simbolico ma significativo per invertire finalmente la rotta.

Armando Zavaglia