SANTA SOFIA D’EPIRO Un pasticcio alla calabrese: non è una nuova ricetta culinaria, ma quanto sta accadendo a Santa Sofia d’Epiro, paese di origini albanesi che diventerà, con ogni probabilità, un caso tra i più indecifrabili dell’intera regione. Tutto parte da quando, qualche anno fa, la struttura dell’Asl (che ha avuto più destinazioni) è stata indirizzata, con una delibera regionale del maggio 2013, a un luogo post-rems, ovvero una struttura atta a ospitare individui con problemi psichici – e che hanno commesso dei reati – pronti per un reinserimento nella società.
Nei mesi scorsi, però, in sostituzione di Girifalco la Regione ha stabilito che toccherà proprio al piccolo comune (in maniera provvisoria) ospitare una vera e propria rems, quindi una residenza per l’esecuzione della misura in massima sicurezza. Già sul concetto del provvisoriamente, molti sono stati i dubbi: Santa Sofia d’Epiro sarà destinata a diventare un post-rems (se Girifalco ritornerà a essere rems), ma da queste parti c’è un malumore crescente in ogni caso.
Il malessere coinvolge tutta la popolazione, impegnata con una raccolta firme e la costituzione di un comitato che rifiuta le soluzioni della Regione Calabria, i politici fanno la loro parte, dopo aver svolto un Consiglio comunale aperto dove, in maniera unanime, è stato posto il diniego a qualunque soluzione. L’amarezza è tangibile in città, nonché nella maggioranza, dove sono intervenuti il consigliere comunale Pierino Greco e il vicesindaco Giovanni Baffa Trasci.
Greco ha spiegato anche i pericoli e i disagi che potrebbe vivere l’intera comunità: «La struttura è stata collocata a Santa Sofia d’Epiro, in quanto siamo un territorio con un livello di criminalità molto basso. È collocata, però, in un’area e in un contesto sociale particolare, in quanto a 150 metri vi sono le scuole e le strutture sportive, nonché la piazza del centro abitato. Noi non siamo razzisti nei confronti della gente con problemi psichici, ma non possiamo neanche mettere in pericolo la vita dei cittadini sofioti se qualche ospite sarà in fuga, anche perché abbiamo solo un distaccamento dei carabinieri da San Marco e siamo una piccola realtà. Poi, se un ospite avrà un problema medico nell’arco delle 24 ore in che struttura ospedaliera andrà? Le distanze sono molto proibitive, gli ospedali di Cosenza e Corigliano distano 45 chilometri, e noi ci sentiamo responsabili, come amministratori e come esseri umani, nei riguardi dei nostri cittadini ma anche dei ragazzi con disagi, che meriterebbero altre destinazioni»
Concetti che sono stati ribaditi anche dal vicesindaco Baffa Trasci: «Fare un percorso di post-rems nel nostro territorio, o peggio ancora ospitare un rems, non è nelle possibilità di questo territorio: non ci sono infrastrutture e per gli ospiti questo percorso di reintegrazione non sarebbe umanamente possibile. Come può pensare la Regione di mandare delle persone a Santa Sofia d’Epiro, senza un poliambulatorio e senza le necessarie accortezze? Noi come maggioranza abbiamo già deliberato il nostro assoluto diniego dall’aprile 2015 e pensiamo ad altre soluzioni, valutiamo seriamente un’istanza di autotutela da inoltrare alla Regione Calabria».
Massimo Maneggio