BISIGNANO Cozzorotondo torna a diventare un argomento di attualità dopo trent’anni dalle prime ricerche ufficiali fatte in città. Merito dell’Archeoclub locale che sabato pomeriggio, in una manifestazione ben riuscita nella sala “Rosario Curia” del viale Roma, ha riportato alla memoria dei presenti il mistero legato al luogo delle periferie bisignanesi. Cozzorotondo, collinetta di forma ellittica, è un tumulo, ovvero un monumento funerario la cui origine può essere collocata in un periodo compreso tra il VII a. C. e il VII d. C.
A distanza di moltissimi secoli, Cozzorotondo fa ancora parlare di sé, per la sua forma naturale unita all’irregolarità dell’estremità dovuta a motivi antropici, che nemmeno le intemperie climatiche hanno avuto modo di scalfire. È stato il presidente dell’Archeoclub bisignanese, Alessandro Sireno, a elencare la storia nonché le indagini fatte sul luogo, partite trent’anni fa e interrotte nel 1993, dopo aver coinvolto numerosi ricercatori di fama mondiale che, ancora oggi, s’interrogano sui misteri di Cozzorotondo. Tante sono le domande dei più curiosi, in un mix di fatti più o meno dettagliati che spesso si uniscono a leggende metropolitane di ogni genere, quali quelle della chioccia dalle uova d’oro oppure inerenti al destino funereo per tutti i temerari che provarono a scavare. Unendo studi e leggende, riguardanti anche i territori di Mendicino, Domanico e Cosenza, si arriva a tre ulteriori quesiti: Cozzorotondo contiene le spoglie mortali del re Alarico? Di Alessandro il Molosso? Contiene un inestimabile tesoro? Gli esperti smentiscono le prime due ipotesi mentre sulla terza in molti sperano. I primi studi risalgono al 1700, accogliendo visitatori da Inghilterra e Germania, per poi ricevere le attenzioni dei nazisti durante la Seconda guerra mondiale e quelle più recenti – e senza dubbio più disinteressate – del geologo Vincenzo Rizzo, accompagnato dal bisignanese Angelo Taranto. Partendo da ciò, è iniziata l’analisi del professor Rosalbino Turco, anima intellettuale del liceo “Enzo Siciliano”, che negli anni Ottanta era assessore alla Cultura bisignanese. Turco ha riavvolto il nastro dei ricordi: «Le ricerche hanno avuto una valenza scientifica, non c’è stata una caccia al tesoro o una fanta-archeologia. La collinetta è un tumulo, che ha interessato la sovrintendenza dei beni culturali, e in Consiglio all’epoca votammo per autorizzare i diciassette sondaggi sulla zona, riuscendo a scoprire come la sommità di Cozzorotondo era di natura artificiale, richiamando la cultura dei visigoti. Fu un progetto di scienze umane e scienze della terra, Cozzorotondo rimane un bene archeologico cosi com’è, è il più grande tumulo d’Italia». Negli anni Ottanta nasceva il rappresentante dell’amministrazione comunale in sala, ovvero Umile Tortorella: «Vanno fatti i complimenti all’Archeoclub locale per l’interesse creato su un argomento che suscita tanta curiosità, come amministrazione comunale daremo tutta la nostra disponibilità». Nel corso della serata è stato mostrato un documentario sulla zona, realizzato dall’associazione culturale “Gentes” avvalendosi del materiale d’archivio del fotoreporter Luigi Braile. In conclusione, i presenti hanno ascoltato con attenzione l’analisi dell’archeologa Rossella Schiavonea Scavello, che è entrata nel dettaglio scientifico, cercando di sfatare qualche mito comune per concentrarsi sulle peculiarità del luogo.
Massimo Maneggio