LA POLITICA METTA AL CENTRO DEI SUOI PROGRAMMI IL DISAGIO GIOVANILE E IL DEGRADO SOCIO-TERRITORIALE
Ha fatto scalpore in questi giorni la vicenda di sfruttamento minorile a sfondo sessuale che ha visto per protagonisti tre orchi adulti bisignanesi e due giovani fratelli di 15 e 13 anni, le vittime, anch’essi di Bisignano.
Ma ha fatto altrettanto scalpore la reazione dei tanti alle parole del giudice Barbara Saccà che, a commento di questa squallida e sordida vicenda, ha scritto che Bisignano è un “piccolo centro della Calabria, caratterizzato da un bassissimo livello culturale e da degrado sociale”.
Parole forti, indubbiamente, che hanno suscitato più di una levata di scudi in difesa della nostra città e della nostra comunità, pur con qualche ammissione che, effettivamente, riconosce che fatti atroci come quello portato alla luce dalle forze dell’ordine e dalla Procura della Repubblica, non possono essere considerati marginali al contesto ambientale e sociale di Bisignano.
Le ultime notizie di stampa riferiscono, addirittura, che i giovani e i minori assoggettati alle turpi richieste di persone adulte e alle sporche prestazioni sessuali sarebbero almeno una decina.
Si delinea, quindi, un “fenomeno” con caratteri di pervicace, perdurante e coinvolgente gravità e vastità e non di circoscritta circostanza, che deve farci riflettere seriamente come genitori, come cittadini, come classe dirigente nel suo complesso, come forze politiche.
Vicende sciagurate come questa non nascono dal nulla, ma sono sintomo e riflesso di condizioni di disagio e di degrado, particolari e generali, che ci coinvolgono e ci riguardano in termini personali e sociali.
Sono chiamate in causa le famiglie e il ruolo genitoriale; la scuola e il rapporto della scuola con le famiglie di provenienza degli alunni e degli studenti; i servizi sociali e la loro effettiva capacità di intervento laddove possono manifestarsi condizioni di disagio educativo, economico e di partecipazione sociale e dove la potenzialità che esse sfocino in veri e propri stati di emarginazione e di subordinazione ai ricatti e agli allettamenti criminali è più alta.
E’ chiamata in causa la classe dirigente locale: quella delle professioni e delle attività economiche a contatto con tanta parte della società; quella dell’amministrazione pubblica e delle forze politiche, a cui sono demandate funzioni primarie di contatto col territorio e con i cittadini; quella dei circoli e dei movimenti culturali; quella che ha ruoli di formazione religiosa e quella che ha ruoli di formazione laica.
Chi ha pronunciato quelle parole molto forti nei riguardi della nostra comunità e che non ha avuto remore a coinvolgerci tutti, senza indorare l’amara pillola, ha avuto sotto gli occhi la vicenda attuale e, probabilmente, tante altre vicende di “malessere” sociale che da tempo ci vedono al centro dell’attenzione mediatica, senza che la comunità stessa scuota se stessa da un atteggiamento di rassegnato fatalismo.
Chi ha pronunciato quelle parole non poteva avere uno scopo denigratorio della nostra comunità, che, se così fosse, oltre che ingeneroso, sarebbe falso e privo dell’ effetto positivo che deve suscitare.
Noi riteniamo, invece, che le parole dure pronunciate dal giudice abbiano lo scopo di scuoterci, di farci assumere delle responsabilità, di indurci a riflettere sulla necessità di usare la nostra intelligenza, la nostra cultura, il nostro bagaglio storico come elementi di maggiore conoscenza, comprensione e partecipazione della vita sociale; di metterli e metterci al servizio della comunità perché possa crescere unitariamente, senza che nessun singolo, nessun gruppo sociale, nessun comparto territoriale sia abbandonato a se stesso.
La nostra comunità ha da sempre avuto un posto preponderante nelle vicende storiche di questa provincia e di questa regione; ha espresso in tutti i campi uomini e attività che sono effettive eccellenze; è stata ed è centro di rilevanza politica, religiosa, culturale e territoriale. Deve, dunque, ritrovare l’orgoglio delle sue origini, della sua storia millenaria, delle sue splendide figure umane, non per mero contraddittorio con chi oggi ci addita le problematiche irrisolte, ma per farcene un punto di riferimento, di impegno attivo e di riscatto per le epoche a venire.
Noi, come rappresentanti di un partito politico, non possiamo sottrarci a questo impegno. Nell’imminenza della campagna elettorale per il rinnovo dell’Amministrazione comunale, non possiamo ritenere che lo scopo ultimo della partecipazione politica sia solo quello di eleggere un sindaco e un consiglio comunale e che la problematica principale da affrontare sia solo quella di misurarsi con la drammatica situazione finanziaria dell’ente comunale.
Dobbiamo mettere al centro del nostro interesse i bisogni primari della popolazione e delle fasce sociali più deboli: nessuno deve essere lasciato solo, nessuno deve essere lasciato indietro.
Dobbiamo ragionare, programmare e agire avendo presente che troppi settori della nostra vita civile e sociale risultano oggetto di scarsa attenzione, di lento e inesorabile regresso, di disconoscimento del loro carattere fondamentale per la crescita della comunità.
Certi orribili fenomeni nascono e si sviluppano anche a causa dell’emarginazione in cui versano tanti concittadini, così come tante aree territoriali e urbane.
Per questo vogliamo intendere le parole del giudice Saccà come un incitamento ad occuparci di più e meglio del nostro sviluppo sociale.
E per questo, ci sentiamo di ringraziare le forze dell’ordine e la magistratura per aver scoperchiato questo contenitore di nefandezze e per aver portato alla luce una problematica che ha origini e coltura nei recessi profondi del disagio giovanile.
Bisignano 23/03/2017
PARTITO DEMOCRATICO – Circolo di Bisignano