Dopo la statua del mezzo busto del dottor Falcone staccata dalla sua base e lanciata per sfondare la vetrata della scuola media nel quartiere Zen di Palermo e dopo aver bruciato un cartellone raffigurante il dottor Falcone, esposto dagli alunni di un’altra scuola media di Palermo, qualcuno ha giocato alla caccia al tesoro nel Museo dedicato ai giudici Falcone e Borsellino all’interno del Palazzo di Giustizia di Palermo, portando via un documento firmato dal giudice istruttore Rocco Chinnici e alcuni floppy disk di Falcone. Il curatore del museo, nonché ex autista del giudice Chinnici, ha denunciato l’accaduto agli organi preposti, ha stilato un comunicato dal tono non angelico e, appellatosi alla coscienza dei malfattori, a Facebook affida il suo sfogo: “E’ chiaro che il comunicato non è rivolto ai visitatori onestissimi e che non c’entrano nulla e con cui mi scuso, ma a quei disonesti che hanno approfittato della mia fiducia”. […] Sperate soltanto che dalle video registrazioni non si veda nulla. E comunque verrà presentata formale denuncia”. In questa sede non si vuole arrivare a conclusioni senza prova né ad incriminare né a supporre, su questo lavoreranno le divise, ma una osservazione è addirittura doverosa. 25 anni dalla morte dei due giudici, 3 episodi di dubbia provenienza ma di abbastanza certo movente. Lo sfregio alla statua di Falcone: la scuola media del quartiere Zen riesce a tenere il conto, su una sola mano, dei suoi studenti che dopo la licenza hanno deciso di iscriversi ad una università, mentre sfugge il numero altissimo degli studenti che vedono la licenza media come laurea+specialistica (per chi, magari, ha preso un voto più alto della semplice sufficienza); quest’anno, per la prima volta, tre ragazzini di questa scuola hanno deciso di proseguire gli studi…se non fosse ancora chiaro il movente: “I risultati si ottengono con un impegno duro, continuo, quotidiano. Senza bluff. Senza dilettantismi. Dato che la lotta che stiamo combattendo è una vera e propria guerra coi suoi morti e i suoi feriti, come tutte le guerre deve essere combattuta con il massimo impegno e la massima serietà” (Giovanni Falcone), la cultura rende l’uomo libero e la mafia ha TERRORE degli uomini liberi, liberi e istruiti, perché con quelli, il lavaggio del cervello non funziona. Il cartellone raffigurante Falcone bruciato alla scuola media De Gasperi. Arma diversa, stesso movente. Ultimo e triste episodio quello del Museo all’interno del Palazzo di Giustizia, adibito nel c.d. bunkerino di Falcone e Borsellino. Tanti visitatori, tanta conoscenza, tante menti che si schiudono quando diventa palpabile la grandezza di personalità così forti che per farle tacere hanno dovuto far saltare in aria un’autostrada ed un quartiere. “Ci si dimentica che il successo delle mafie è dovuto al loro essere dei modelli vincenti per la gente. E che lo Stato non ce la farà fin quando non sarà diventato esso stesso un «modello vincente”, diceva Falcone. Ebbene se la gente iniziasse a comprendere che per “modelli vincenti” non s’ intende chi va in giro a sparare, a minacciare, rubare, estorcere, raccomandare e ostentare grossi anelli d’oro al dito o costosi orologi al polso ma che, invece, chiamasi “modelli vincenti” coloro i quali vivono onestamente e sacrificano se stessi, la propria famiglia e la propria vita per permettere un’esistenza dignitosa a tutti, allora sarebbe un partita persa per la mafia. Se la mafia si scopre lo fa per spingere gli onesti alla rassegnazione. Ma, guardando il sorriso di Falcone, chi potrà mai rassegnarsi a questo stato di cose?
Federica Giovinco