Carlo Tansi, l’outsider che vuole stupire

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Tra destra e quel poco di sinistra ormai rimasto in Italia, l’alternativa sembra essere proprio Carlo Tansi. Uomo del fare come lui stesso sottolinea

Col decisionismo imposto dalle circostanze sono passato dalle parole ai fatti: ho riformato profondamente la Protezione Civile e l’ho trasformata da ente disorganizzato e sprecone, struttura tecnica e operativa altamente specializzata, informatizzata e dotata di infrastrutture tecnologiche di alta affidabilità anche nel caso di grande evento calamitoso. Per portare a compimento questa impresa, ho dovuto anche ricorrere alla Procura della Repubblica presso la quale sono stato costretto a presentare svariate denunce, alcune delle quali sono scaturite in arresti eccellenti e indagini importanti. Questa profonda ristrutturazione ha avuto anche il riconoscimento di organi di valutazione nazionali per aver costruito un sistema virtuoso diventato modello di riferimento. Non è un caso che, tra i vari riconoscimenti ricevuti, figurino il primo premio per l’innovazione tecnologica del Forum della Pubblica Amministrazione svoltosi a Roma nel maggio 2018 e il Premio Nazionale Italia Nostra conferitomi a Roma nel novembre 2017 insieme ad altre personalità di rilevanza nazionale. Sono orgoglioso di aver fatto conoscere ai Calabresi la Protezione Civile della loro Regione, che fino a qualche anno fa ignoravano completamente. Nonostante l’impegno e gli obiettivi raggiunti, quel sistema contorto che mi ha fatto la guerra mi ha presentato il conto: l’ultimo giorno della mia esperienza triennale sono stato sospeso per 45 giorni dal mio ruolo di dirigente per impedirmi la ricandidatura e sono tornato a fare lo scienziato presso il mio caro Consiglio Nazionale delle Ricerche. Un ennesimo artificio burocratico, la mia esclusione dalla regione, perpetrato da un blocco di potere trasversale a certa politica, a certa amministrazione, a certo sindacato, che ha agito con l’appoggio di lobby imprenditoriali e affaristiche.

In prima linea, dunque, anche quando c’è da metterci la faccia

Non ho mai militato in partiti politici, né ricoperto incarichi politici fino al mio allontanamento forzato dalla protezione civile, perché mi sono sempre ritenuto uno scienziato al servizio di tutti e non un uomo di parte. Ciò non mi ha impedito di impegnarmi come cittadino nella tutela dei valori a cui sono stato educato sin da piccolo: la rettitudine, l’equità, la giustizia e la solidarietà, insegnamenti che ho imparato nella mia famiglia prima ancora che sui banchi di scuola. Da mio padre Giuseppe (per gli amici Pino) dipendente dell’allora Cassa di Risparmio di Calabria e di Lucania, ho imparato l’onestà e il rispetto per il prossimo; da mia madre Angelina, convinta cattolica, ho imparato l’umiltà, la semplicità e l’azione verso i più deboli. Sono da sempre un acceso ambientalista e appassionato di grandi battaglie sociali. In qualità di membro attivo di Libera e di Legambiente ho presentato a varie procure numerose su abusi edilizi e illeciti che hanno deturpato il nostro territorio e messo a repentaglio l’incolumità di migliaia di vite umane. Anche in questi casi con gli esiti di processi e arresti. Tra le varie denunce ricordo la costruzione illegittima nel 2010, da parte di soggetti affiliati alla camorra, di una multisala in una zona franosa alle porte di Cosenza.

L’amore per l’impegno sociale significa per me anche amore per la democrazia. Per questo motivo mi sono candidato ed eletto consigliere di minoranza, al fianco del massmediologo Klaus Davi a San Luca, Comune dell’Aspromonte, in cui i cittadini non potevano esercitare il voto da oltre 11 anni. Ho voluto aggredite così un mito negativo trasformatosi in sequestro di democrazia. Un mito negativo che è diventato l’emblema del pregiudizio anti-calabrese. Grazie al mio impegno a San Luca ho consentito che i sanlucoti avessero finalmente il loro sindaco. Mi sono candidato a San Luca perché sono convinto che se è stato possibile cambiare San Luca, è possibile cambiare la Calabria. Se è stato possibile espugnare, con la democrazia, il fortino della ‘ndrangheta, allora è possibile distruggere l’immagine negativa che la Calabria da di sé all’opinione pubblica nazionale e internazionale di una terra condannata al sottosviluppo e alla criminalità mafiosa. E se questo pregiudizio sparisce, anche i Calabresi possono ritrovare fiducia in se stessi.