La Storia di Bisignano

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La storia di Bisignano parte da lontano. La romana Besidiae, è situata su un poggio della valle del torrente Mucone, affluente del Crati. Oggi conosciuta in tutto il mondo per essere il borgo natio del Santo Umile.

Bisignano, ecco la sua storia che travalica nei secoli.

Già dai primi secoli cristiani divenne importante sede vescovile oggi accorpata a quella di Cosenza e nel medioevo innalzata a Principato appartenuto sempre ai Principi Sanseverino che abitavano un castello  chiamato all’origine Cacomacio e poi Castromonte, di cui ora è rimasto solo un enorme masso.

Masso Collina CastelloVerso il 1100 i Normanni lo chiamarono, secondo l’uso francese, Motta.
Di forma quasi rettangolare, era cinta di merli, mezzelune e baluardi, costruiti alla aragonese e rivolti a quattro punti opposti all’orizzonte e teneva lunghe cisterne murate, dalle quali la guarnigione attingeva l’acqua.” Dell’epoca medievale resta l’imponente cattedrale gotica ed il Palazzo Vescovile del sec. XV.

Secondo una leggenda, Bisignano, così come molti altri paesi della Calabria, fu fondata da Bescio Aschenazzi pronipote di Noè e figlio di Gomer, primogenito di Jafet. A quanto riporta Tito Livio, fu l’antica Besidiae (luogo incolto); per Polibio, si chiamava Bandiza; successivamente, venne conosciuta come Besidias, Besidianum; sotto i Bruzi, come Bescia. Nel Medioevo è nota come Visinianum e la sua fama si accresce nel 774 con la nomina, da parte di Papa Zaccaria, del 10 vescovo di Bisignano, che però risiede a San Marco.
Notizie certe della Città sono già note intorno al 205 a.C. quando alleata di Annibale, nella battaglia di Campovile (contrada ancora chiamata così), sconfisse i Romani, insieme ad altri paese della valle del crati.
Alleata dei cartaginesi nelle guerre puniche contro i Romani si arrese a Gneo Servilio, Console romano, nel 203.
Nel 1016, subisce un cruento attacco degli Arabi i quali, tuttavia, vengono respinti e lasciano sul campo di battaglia i loro condottieri Melo ed Arpica. Roberto il Guiscardo, condottiero normanno, già insediatosi a San Marco Argentano, si impossessa con l’astuzia del paese, dopo aver fatto prigioniero il suo capo, Pietro De Turra.
I cittadini, impossibilitati a pagare i 20 mila ducati di riscatto richiesti, imbracciano le armi, ma, sconfitti dai potenti soldati normanni, devono soccombere e vedersi assoggettati ad essi.

Nel 1267, Bisignano sostenne la causa sveva, insorgendo per lo sfortunato Corradino (Corrado V, di Svevia) ovvero l’ultimo sovrano della dinastia sveva, che a soli 16 anni. chiamato in italia dai ghibellini, venne sconfitto e fatto decapitare da Carlo I d’Angiò.

Occupata da Roma, Besidiae fu ridotta “in stato schiavile”. Con la caduta dell’impero romano Besidiae passò sotto il dominio dei Goti prima, e dei Longobardi dopo.  Combatté in prima fila contro i Saraceni e, dato il suo sito strategico che dominava la valle del Crati, risultò baluardo insormontabile fino a quando i Normanni, conquistando l’Italia meridionale, allontanarono definitivamente il pericolo musulmano.
Il 26 Marzo 1462 il duca di San Marco Argentano, Luca Sanseverino, acquistò dala Regia Corte, per concessione di re Ferrante I d’Aragona la città di Bisignano e Acri, per la cifra di 20.000 ducati d’oro e d’argento.

Dalla costituzione della Repubblica Partenopea, passando per la dominazione borbonica, fino all’unità d’Italia, Bisignano vide tramontare la sua potenza politica e civile.

lo scoppio delle guerre mondiali tolse al popolo lo spirito e la linfa vitale per un pronto riscatto civile, dovendo, per le miserevoli condizioni, sopportare usi e costumi feudali mantenuti dagli agrari dell’epoca. All’indomani del secondo conflitto mondiale Bisignano fu tra i primi paesi che scesero in lotta per conquistare il diritto di coltivare le terre abbandonate. Con Decreto del Presidente della Repubblica del 24.03.1994, è stato concesso al Comune di Bisignano il titolo di Città.

GLI ASSALTI DEI BRIGANTI:
Tra la fine del 1700 e gli inizi del 1800 Bisignano fu oggetto di assalti da parte di bande di briganti. Nel 1806 l’assalto del brigante Francatrippa, uno dei più temuti briganti del Regno di Napoli, alla testa di “due o tremila persone” provenienti da Acri, fu respinto sempre grazie alle alture del Castello.

L’attacco di Jaccapitta:
Nello stesso anno, la selvaggia orda dei briganti,dopo aver depredato Acri ed essersi macchiato di terribili atti di crudeltà, a seguito del brigante Jaccapitta,forte di tremila uomini,per lo più provienenti dalle selve cosentine,e dai casali intorno Cosenza, scesero a precipizio da Acri per distruggere Bisignano, distante solo dieci km. Ma giunti nei pressi di S.Domenico di Bisignano,presi fra due fuochi dalle forze del Bagnanich e del Benincasa,appoggiati da tutta la popolazione, comprese alcune donne spinte dall’esempio di donna Rachele Benincasa che si schierò al fianco del fratrello Giuseppe, si ritirarono verso i monti acresi,il Misasi, cosi descrisse il Giornale d’Italia il 3 ottobre 1909 <<Così la nobile città di Bisignano,si covrì di gloria,così come quando scese nei piedi del Crati ed arrestare col suo valore la furia dell’esercito dei Saraceni>>(secoli X-XI)-scrive il N.Misasi che senza gli eserciti Bisignanesi ed Acresi i quali si sollevarono in armi contro i Saraceni,facendo argine alla loro invasione,questi non avrebbero proceduto oltre alla conquista dell’Italia!>>.
I briganti Tommaso Padula, Domenico Ofrias, e Jaccapitta furono scovati dove erano nascosti nelle campagne di Bisignano, e giustiziati ‘dalla compagnia di Bisignano,nel luogo chiamato “largho dell’olmo” nel rione di Piano.
Padula e l’Ofrias furono squartati e spaccati a metà,poi caricati su due asini portati ad Acri e portati i lonbi dove i briganti avevano saccheggiato e barbaramente ucciso molti cittadini. Jaccapitta, il brigante che aveva crudelmente inveito contro i corpi martoriati delle vittime di Acri, macchiandosi di atti selvaggi di cannibalismo fu condotto in Acri in catene, feroce e brutale e sanguinario. Legato e trascinato nella piazza, (oggi piazza monumento, Gianbattista Falcone) fu posto in mezzo a quattro roghi. Il Jaccapitta imprecando e bestemmiando,saltava dall’uno all’altro rogho,per togliersi da quel supplizio,mentre gli astanti lo colpivano alle gambe con delle scoppiettate,Stremato alla fine con un grido selvaggio,s’accascio tra le fiamme che lo ridussero in cenere.(Capalbo, “Memorie Storiche di Acri”)(Rosario Curia, “Bisignano”).

Re Coremme:
Nell’agosto del 1806, il capo brigante Antonio Santoro (detto “re Coremme”) aveva come obiettivo di impossessarsi di Bisignano, dopo aver invaso Rossano, Corigliano ed Acri.
si scontrò con le truppe del generale Verdier che colsero il Santoro di sorpresa e li dispersero.Il Santoro perduto i contatti col grosso della banda,in precipitosa fuga,fu catturato col suo piccolo stato maggiore composto dal fratello e da alcuni uomini fidati, nei pressi di Pagliaspito, dalla squadra civica di Santa Sofia d’Epiro comandata da Giorgio Ferriolo,il 13 Agosto 1806.
Rinchiuso in una celletta isolata, Re Coremme riuscì ad evadere, mentre il fratello ed altri quattro briganti rimasti in carcere, il giorno stesso della fuga del capo, sotto buona scorta ad evitare altre evasioni, vennero condotti a Bisignano dove furono giustiziati. Questo movente scatenò odio del brigante Re Coremme verso il paese di Bisignano e Santa Sofia d’Epiro. Pochi giorni dopo infatti,  riorganizza la sua banda e il 18 agosto marcia su Santa Sofia,seminando morte e distruzione vittima illustre del suo sterminio fu il Vescovo Francesco Bugliari rettore del collegio Italo-Albanese.

 

I TERREMOTI:

1184:   Crollo di una chiesa non specificata, citato nella «Cronica» di Scasilio riportata in Marchese.

1638:   La scossa del 27 marzo causò il crollo di 171 case e ne rese inabitabili altre 173; molti degli edifici danneggiati si trovavano in precarie condizioni già prima del terremoto; non vi furono vittime. La scossa dell’8 giugno causò ulteriori crolli e fece cadere anche gli edifici destinati alla produzione della seta.

1783:   Il terremoto del 28 marzo 1783 fu molto forte, causò gravi danni a 25 case e lesioni a 162 edifici tra i quali chiese e conventi.

1832:   La scossa causò il crollo di alcune case, ma non ci furono vittime; venne danneggiato il tetto della Cattedrale.

1835:   Il terremoto danneggiò leggermente l’abitato; sono documentati i danni alla chiesa di S. Maria de’ lustitieris.

1936:   Il terremoto causò il crollo di alcuni edifici.

1854:   Il terremoto causò leggere fenditure nei fabbricati e qualche danno alle chiese.

1870:   Il terremoto danneggiò gravemente 50 case a nord-est del paese.

1887:   Il paese fu quasi interamente distrutto; crollarono 900 case causando la morte di 23 persone e il ferimento di altre 60 (su circa 4.400 abitanti). La prima violenta scossa spinse gli abitanti a uscire dalle case e ciò risparmiò molte vite poiché due rioni dei sette in cui era diviso Bisignano vennero totalmente distrutti e gli altri più o meno danneggiati tanto che nessun edificio rimase illeso. Malgrado l’abbandono delle case circa 100 persone rimasero sepolte sotto le macerie e 23 morirono. Circa 4.000 persone rimasero senza tetto. Il terremoto danneggiò gravemente l’intero paese; gli edifici monumentali (Duomo, San Domenico, la Riforma, San Francesco, i Cappuccini e la biblioteca) furono distrutti insieme alla maggior parte degli altri fabbricati. Gli edifici che restarono in piedi erano così danneggiati da risultare inabitabili e quindi da demolire. Anche la caserma dei carabinieri dovette essere evacuata. La chiesa di S. Maria del Popolo subì il crollo di una cappella e rimase aperta da un lato. I quartieri più danneggiati furono «Piazza e Piano» e «Santa Croce»; tutte le chiese si resero inagibili per i danni subiti, la cappella che sorgeva sul monticello centrale non subì danni, forse per la sua piccola mole; i conventi dei Riformati e dei Cappuccini, la chiesa Cattedrale, col seminario e la residenza vescovile, furono invece gravemente danneggiati, quantunque posti su monticelli isolati. Il Genio Civile stimò 392 proprietari danneggiati per un importo di lire 368.562.

1905:   Il terremoto causò gravi danni e causò la morte di 2 persone. Tutte le case furono dichiarate inabitabili, 3 crollarono. 12 chiese furono dichiarate inagibili, danni gravissimi al seminario, cattedrale e episcopio. Furono successivamente demolite parzialmente 21 case, puntellate 45 e riparate 384.

1908:   La scossa fu abbastanza forte e causò lievissimi danni agli edifici, che avevano gravemente risentito del terremoto dell’8 settembre 1905.

1913:   La scossa causò gravissimi danni ai fabbricati. La stazione ferroviaria fu lesionata; la caserma dei carabinieri subì danni gravi e i militari vennero alloggiati nei locali della scuola elementare; il campanile, la facciata della Cattedrale e il piano superiore del seminario dovettero essere demoliti perché resi pericolanti dalla scossa. In molti edifici si rese necessario demolire o puntellare muri esterni e cornicioni.

1930:   Non sono note descrizioni macrosismiche degli effetti. Una recente revisione attribuisce effetti di IV grado MCS.

1980:   Una recente revisione scientifica attribuisce un valore d’intensità pari al V grado MSK senza fornire descrizione degli effetti.

Riepilogo Terremoti e Dettagli

Terremoto a Bisignano
Terremoto a Bisignano, correva l’anno 1887

ATTUALMENTE:
Bisignano,  è orgogliosa di mostrare al mondo una grande opera spirituale ed architettonica: il convento francescano della Riforma. L’intero complesso monastico è stato fondato agli inizi del XIII sec. dal Beato Pietro Cathin da Sant’Andrea della Marca. Nel 1380, poi, convento e chiesa furono ricostruiti nell’attuale forma col patrocinio del Principe Sanseverino e affidati ai frati Minori Conventuali. Quindi, per effetto della Bolla di Papa Eugenio, 1431, passò ai frati Osservanti ed infine nel 1559 ai francescani Riformati che lo custodiscono ancor oggi. A Bisignano, vi nacque e visse in questo convento Lucantonio Pirozzo (1582 – 1637) che da frate francescano assunse il nome di Umile e per la sua condotta morì in odore di santità e fu proclamato Beato da Leone XIII il 27 marzo 1881 e Santo da Giovanni Paolo II nel 2002. L’interno della chiesa custodisce notevoli opere d’arte: il seicentesco crocifisso ligneo di Fra’ Umile da Petralia, lo stesso che scolpì i somiglianti Crocifissi di Cutro, Polla ed altri; la statua marmorea della Madonna delle Grazie(1537) di Antonello Gaggini e nella Cappella del Santo una statua dello stesso dell’800 attribuita ad un tal Salerno, scultore di Serra San Bruno ed un organo del ‘700.

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