Cullacci, Pupi e Campanari simbolo culinario della Pasqua bisignanese

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La Pasqua bisignanese è sempre un tripudio di sapori
, tramandati di generazione in generazione. Oggi parliamo del pane che si prepara in questo periodo e che non può mancare sulla tavola di ogni famiglia.

Il “cullaccio” è un pane che può essere sia salato che dolce, che ha al centro un uovo sodo col guscio, come simbolo della fecondità e della rinascita. Di derivazione ortodossa, probabilmente introdotta dai greci-bizantini, quest’antica tipicità, con la sua forma circolare, veniva offerta dai greci alle divinità per ricevere da loro benevolenza e prosperità.

Simboleggia anche il cerchio del tempo che si rinnova e ricorda l’iconografia medievale del serpente che si morde la coda.

Nella settimana di Pasqua, a Bisignano, si preparano questi pani deliziosi fatti di farina, olio, sale, lievito naturale e semi di anice. Ma come dicevamo, possono essere anche dolci, con forme particolari e piene di colori che mettono allegria sulla tavola.

Campanari: le varianti dei cullàccio!

Il pane/dolce viene anche donato ai bambini e viene quindi modellato a forma di “galluzzu” per i bambini e di bambolette “pupe” per le bambine con un uovo nella parte centrale che rappresenta il volto, ed intrecciato il resto come le fasciature che avvolgevano i corpicini dei neonati.

Ma si fanno anche a forma di “panariellu” (cestino) per augurare abbondanza. Cosi come la forma e la dimensione del campanaro è in base all’età dei familiari, ai bambini il più piccolo ai ragazzi un po’ più grande e così via. C’è chi lo prepara anche a forma di cuore da regalare all’innamorato/a.

Le uova col guscio incorporate nei cullàcci e nei campanari devono essere sempre dispari: non ne troverete mai uno con 2 o con 4 uova ma solo con 1-3-5 e così via.

Questo pane è diffuso con tutte le sue varianti in Sicilia, Calabria, parte della Puglia e della Basilicata, così come della Campania. Conosciuto anche come “cullura” (termine che deriva dal greco antico κολλύρα – kollura che significa corona ad indicare la sua forma più tipica). E’ riconosciuto con cinque diverse denominazioni come prodotto agroalimentare tradizionale (P.A.T) dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali di cui tre siciliane (cuddura di san Paolo, Cuddureddi, Cuddriredda), una calabrese ( Cuddhruradi o ‘Nguti) e una pugliese (Cuddhrure o Puddhriche).