C’era una volta a Bisignano la fiera della Madonnella

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La terza domenica di ottobre per i Bisignanesi, e non solo, c’è sempre stato un appuntamento importante al quale in pochi hanno voluto mancare: La Fiera della Madonnella o, per dirla in dialetto, ‘’i ra Marunnella’’.

Questa manifestazione è molto antica e pare che sia stata istituita nel 1475 dal Principe di Bisignano Girolamo Sanseverino nel quartiere di Santa Croce in coincidenza con la festa in onore di Maria Santissima di Costantinopoli, detta la Madonnella, o Marunnella, forse con riferimento alle piccole dimensioni della statua che la raffigura.

Questa statua è custodita nella bella chiesetta, detta, appunto, della Madonnella o, se si preferisce il nome originale, di Tutti i Santi, che sorge e s’affaccia su un piccolo slargo lungo Via dei Vasai nel centro storico di Santa Croce. Qui, il giorno della Festa, si celebrano le funzioni religiose e di qui prende il via la processione dalla Vergine, che percorre le vie del quartiere.

L’evento più importante di questo giorno, fatto salvo il dovuto rispetto per le funzioni religiose e per la processione, è la fiera, un vero e proprio appuntamento fisso d’autunno, così come la fiera del Crocifisso, fissata al primo venerdì di marzo, lo è di primavera.

Infatti, basta dare un’occhiata alle merci della fiera per rendersi conto che si è in autunno e che l’inverno è alle porte: Castagne, capi d’abbigliamento, anche intimo, invernali, ombrelli, cesti e panieri di vimini, intrecciati da mani esperte coi rami giovani e flessibili del salice.

A questo punto faccio ricorso, come faccio solitamente in tali circostanze, ai miei personali ricordi di quand’ero bambino e ragazzo.

Inutile dire che, come tutti quelli della mia età, aspettavo con trepidazione, così come facevo in altre circostanze simili, che arrivasse questo giorno, perché costituiva un notevole diversivo in un tempo in cui non esisteva ancora la TV, non c’erano i centri commerciali in cui andare a passare il tempo o a fare shopping e poche e rare erano le occasioni di svago, specialmente per chi non aveva la possibilità di spostarsi dal paese.

A proposito di quest’ultimo aspetto, mi piace ricordare un paio di cose. Una volta l’attenzione di chi frequentava Viale Roma, che non era così ampio come lo è adesso, fu attirata per un po’ di tempo dalla presenza di una giostra, una di quella coi seggiolini appesi a una catena, che dava a chi ci saliva la sensazione di volare ed era denominata ‘’il calcio in culo’’ per via del metodo che si seguiva per dare la spinta a quello che occupava il seggiolino d’avanti. Non era un divertimento per bambini e ragazzini perché abbastanza pericoloso, perciò costituiva un bel momento giocoso soprattutto per le persone adulte.

Un’altra attrazione, sempre in quel periodo, fu la permanenza prolungata del Circo Zavatta col clown Rimorchio, con le acrobazie, invero pericolose perché non c’era la rete di protezione, dei trapezisti e coi virtuosismi dei giocolieri.

Sia la giostra, sia il tendone del circo erano stati montati alla fine di Viale Roma, nel piazzale antistante il vecchio Municipio.

Mi è piaciuto fare questa digressione per far conoscere ai giovani d’oggi il modo e le condizioni peculiari del vivere in paese in tempi assai diversi da quelli attuali.

Ma torniamo alla Fiera della Madonnella. Essa si svolgeva dove si svolge tutt’ora, ovvero lungo Viale Principe di Piemonte fino alla chiesa di San Domenico, ma, per chi proveniva da Viale Roma, i primi venditori erano già presenti all’altezza della vecchia chiesa di San Giuseppe e per un tratto della discesa di Via Trieste. Ma la fiera vera e propria si svolgeva lungo Viale Principe di Piemonte, a cominciare dal luogo all’altezza della villetta oggi intitolata al Maestro Nicola De Bonis.

Inutile dire che la strada era affollatissima e nei pressi di ogni bancarella c’era una ressa incredibile. Per questo motivo qualcuno poco educato e poco, o per nulla, galante ne approfittava per dare di soppiatto una palpatina alle ragazze e alle signore, tanto che quella della Madonnella era soprannominata scherzosamente, mi si perdoni l’espressione un po’ volgare, ‘A fera i ri tocca culu’.

Le castagne, le prime della stagione, erano la cosa che attirava di più la mia attenzione di bambino. Mi piacevano particolarmente quelle già bollite, che si vendevano utilizzando come unità di misura un piccolo piatto fondo. Io, ai miei genitori che mi chiedevano che cosa volevo che mi si comprassero, chiedevo, senza esitazione, ‘nu piattiellu ‘i castagni’’, un piattino di castagne. Piccoli piaceri di una volta.

L’ultima cosa che caratterizzava la fiera era la presenza della ‘’quararella’’, cioè un pentolone in cui cuoceva lo spezzatino, una specie di punto ristoro per quelli che frequentavano la fiera. Gli abitanti del quartiere, ai quali piace perpetuare le tradizioni, allestiscono la “quararella” anche ai giorni nostri.

Della ricorrenza della Madonnella parlavano spesso i miei genitori e i miei nonni.

Appresi allora che in quella data si stipulavano, si confermavano e si disdicevano i contratti di affitto di case e terreni, si saldavano i conti tra padroni e affittuari e si davano gli sfratti. Inoltre, era il giorno stabilito per il cambio di stagione, perciò si indossavano scarpe e vestiti più adatti alla stagione fredda e si stendeva sul letto la coperta di lana.

Per concludere mi piace far conoscere a chi legge un aneddoto che spesso raccontava mia madre e riguardava un tale, di cui non saprei, pur volendo, dire il nome, che cambiava il suo abbigliamento due volte all’anno, alla Madonnella, per indossare capi più pesanti, e al Crocifisso, per indossare capi più leggeri. Che tempi, cari amici!

Tutto questo era il giorno della Madonnella in un tempo ormai tanto, forse troppo lontano.

Luigi Aiello