La parità fra i sessi, già “ufficializzata” nella Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, poi ribadita nel 1979 dalla Convenzione internazionale per l’abolizione di tutte le forme di discriminazione contro le donne, doveva sancire alcune parità di diritti ancora oggi irrealizzate anche nelle società moderne come la nostra.
Sebbene in Italia, grazie alle lotte femministe, negli anni Settanta si raggiunsero delle conquiste, resta ancora molto da fare anche perché negli anni Ottanta e Novanta il femminismo, come movimento, si è praticamente spento.
Le vittorie delle donne restano tuttavia ancora incomplete e dall’avvenire incerto, anche a causa della crisi economica che non consente ai Governi Nazionali di investire risorse per tale scopo.
Le donne non sono una minoranza, un sottogruppo sociale, anzi noi donne siamo numericamente la maggioranza della popolazione!
Paradigma di una tale contraddizione è il loro comportamento politico: alla prevalenza numerica delle donne come elettrici corrisponde una loro netta inferiorità numerica come rappresentanti elette nelle varie sedi istituzionali.
La loro (s)comparsa nella vita sociale pubblica rischia di esaurirsi nel voler, sempre più, assomigliare ad un tipico modello comportamentale maschile che esprime conflittualità, laddove la diversità della donna risiede, invece, proprio nella sua capacità di mediare con più creatività i conflitti, economici, politici e sociali.
In definitiva, la donna deve essere pari nella diversità, difendendone l’originalità a cominciare dal suo comportamento politico-elettorale preferendo il suo stesso genere: quello femminile.
In concreto, è nel terzo settore, il mondo dell’associazionismo e del No-Profit, che molte donne hanno trovato o ripongono la loro ribalta, ma come è noto questo settore subisce una forte contrazione a causa di mancanza di risorse distolte per far fronte a bisogni collettivi primari.
Allora, cosa fare? Innanzi tutto non bisogna farsi prendere dal panico e, sfruttando quella creatività che ci “differenzia”, ripartire cambiando l’operatività del mondo dell’associazionismo.
Finora le maggiori entrate sono derivate da contributi pubblici, oggi fortemente ridimensionati, quindi non più sufficienti a garantire la sussistenza di tutte le attività proposte.
Bene, anche questo settore, come tutti quelli economici,dovrà adottare una sorta di “piano industriale” ottimizzando le risorse, eliminando gli sprechi e cercando di autofinanziarsi con attività complementari quali ad esempio organizzazioni di eventi a scopo benefico.
In questo momento storico, i comuni, primi responsabili delle politiche sociali nel territorio, hanno grosse difficoltà a recuperare risorse per garantire tali servizi. In questa situazione di deficit di bilancio, sempre più pregnante, si assiste, purtroppo, all’agonia delle tante organizzazioni del Terzo Settore.
Bisogna invertire tale tendenza! Non con le lotte di piazza, con gli urli e gli schiamazzi come vorrebbe qualche parte politica, bensì con la perseveranza ed il confronto costruttivo tra le parti.
Personalmente sono convinta che il mondo del volontariato e del terzo settore debba avanzare proposte, ma sono altrettanto convinta che lo debba fare con un occhio ai bilanci pubblici e “capire” che un diniego oggi, può trasformarsi in un accoglimento domani, magari lavorando sinergicamente con le Istituzioni per migliorare la proposta.
Se è vero che la Politica deve fare la sua parte, è altrettanto vero che il cittadino-elettore dovrebbe affidare il suo voto ad un degno rappresentante che dia voce agli operatori impegnati nel sociale.
Desidererei perciò essere riconosciuta dalla cittadinanza bisignanese come la promotrice, che, magari, col cuore di mamma, quotidianamente è impegnata a difendere i tanto fragili diritti delle donne e ancor più dei bambini.
Nella politica come nella vita prendiamoci il nostro “spazio”: Vota Donna !!!
Dott.ssa Sara Castrovillari