Abbattere i muri dell’omertà

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Della roccaforte della famiglia Pesce non rimane che un cumulo di macerie, dopo undici lunghi anni di silenzio e paura. A permettere che tutto ciò sia realtà è un personaggio che possiamo tranquillamente definire un eroe moderno, cioè Gaetano Saffioti, imprenditore di Palmi oggi Testimone di Giustizia che ha eseguito il lavoro gratuitamente, a differenza di altri suoi colleghi che questa demolizione non la volevano compiere nemmeno sotto pagamento.

Il potere della famiglia Pesce a Rosarno dura da anni, con la costruzione negli anni Ottanta di una casa abusiva su un terreno in piena zona archeologica (l’area di Medma, antica polis magno greca del IV secolo a. c.). Il primo Sindaco del posto a voler abbattere questa casa è Peppino Lavorato nel 2003 (ricevendo numerose proteste, addirittura sventagliate di kalashnikov contro il suo Municipio), ma chi riuscirà nell’impresa di “abbattere” letteralmente i simboli della cosca è Elisabetta Tripodi, sindaco di Rosarno: tra i suoi primi atti c’è l’abbattimento della Cappella che i Pesce avevano costruito in maniera abusiva all’interno del cimitero comunale e, subito dopo, lo sgombero della casa nel parco archeologico.

Nonostante le “tradizionali” minacce arrivategli, il bando per affidare i lavori di demolizione parte. Il problema è che nessun imprenditore vi partecipa, a causa della paura che ancora incute la cosca nonostante i numerosi arresti degli ultimi anni. A trovare la soluzione al problema ci pensa però il Prefetto di Reggio Calabria Claudio Sammartino, che contatta direttamente Gaetano Saffioti il quale non esita nemmeno per un’istante. Lunedì 15 Settembre è il grande giorno: sale sull’escavatore e da i primi colpi ai pilastri e alle mura della roccaforte, facendo cadere insieme ai suoi operai uno dei simboli del potere ndranghetista.

Figure come quella di Elisabetta Tripodi e di Gaetano Saffioti devono essere esaltate, in questa terra di Calabria troppo spesso vittima di violente generalizzazioni. C’è del buono e del coraggioso anche qui e questa vicenda ha acceso ulteriormente i riflettori a livello nazionale sulla figura di Saffioti, testimone di coraggio e di vera libertà. Nel Maggio scorso il gruppo di Pedagogia della R-Esistenza dell’Università della Calabria aveva avuto modo di incontrare e conoscere questo grande uomo. Riviviamo quella giornata che, alla luce di quanto accaduto negli ultimi giorni, assume oggi ulteriore valore.

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Si è svolta nella giornata di sabato 3 Maggio la prima uscita del terzo anno di attività di Pedagogia della R-Esistenza, percorso di studi della laurea triennale in Scienze dell’educazione dell’Università della Calabria. Come sempre guidati dal prof. Costabile, i numerosi ragazzi presenti all’iniziativa hanno visitato alcuni importanti luoghi di lotta alla criminalità presenti sulla nostra terra di Calabria. In questa uscita ci si è recati presso l’impresa di calcestruzzo di Gaetano Saffioti, imprenditore di Palmi da 12 anni testimone di giustizia. Grande lavoratore sin dalla giovane età, si è dovuto scontrare più volte con la ndrangheta locale che reclamava la sua parte di potere e ricchezza tramite richieste estorsive che sfociavano in numerose minacce, intimidazioni e danneggiamenti. Questa spregevole situazione è durata fino al 2002, quando Saffioti decide di denunciare il tutto alla magistratura e cominciare una nuova vita. Perchè purtroppo chi denuncia e fa la cosa giusta come lui è costretto a modificare radicalmente la propria vita, perdendo tantissimi amici e alcuni familiari che non comprendono o non accettano la sua scelta. L’imprenditore e la sua famiglia da allora iniziano a vivere sotto scorta ma nonostante il pericolo decidono di rimanere in Calabria e continuare l’attività, tra l’altro riconosciuta in tutto il mondo come dimostrato dai lavori effettuati a Parigi e in Spagna, rifiutando gli aiuti economici statali per i testimoni di giustizia. La sua testimonianza è stata fondamentale nell’arresto di numerosi esponenti delle famiglie mafiose dei Bellocco, Piromalli e Gallico durante l’operazione “Tallone d’Achille”.

La sua testimonianza e la sua figura da uomo normalissimo, come lui stesso si definisce, ne fanno il possibile padre di ognuno di noi, dimostrando che non bisogna essere dei supereroi per denunciare il pizzo e le minacce ma semplicemente degli uomini responsabili e volenterosi di guardarsi ogni giorno allo specchio senza sentirsi in colpa per il futuro dei propri nipoti, a cui bisogna lasciare una terra diversa e non una in cui o paghi o muori. Lui ha deciso di rimanere nella sua terra per essere da esempio agli altri imprenditori, dimostrando che un’altra strada è possibile.

A suo parere nella nostra vita possiamo scegliere di essere protagonisti o comparse e lui ha scelto effettivamente di essere protagonista e concreto esempio di questa lotta. Fondamentale per combattere la ndrangheta deve essere il mancato consenso dei cittadini, rovesciando così il sistema che vuola la scorta ai testimoni di giustizia: se il popolo si ribellerà alla mafia dovranno essere i mafiosi ad essere scortati perchè non troveranno più attorno omertà e rispetto ma disonore e disprezzo come essi meritano. La mafia quindi si potrà sconfiggere tramite il nostro potere di scelta.

Saffioti dimostra per l’ennesima volta la sua grandezza umana quando afferma che non vuole costare nulla allo Stato, nemmeno il prezzo della scorta. La sua attività negli ultimi anni ha proposto più volte allo Stato di svolgere lavori gratuiti come simbolo di un lavoro pulito ma nonostante ciò il suo appello non è stato accolto, cosa che per fortuna avviene all’estero. Anche qui, però, Saffioti ha avuto a che fare con problemi legati alla mafia, come le minacce ricevute a chi gli commissionava il lavoro, invitandoli a rivolgersi ad altre aziende “amiche” piuttosto che quella di un “infame” costantemente a rischio.

Gaetano Saffioti invita, quindi, il Sud a liberare il Sud, senza attendere l’arrivo del Nord che molto spesso specula sui nostri problemi. Lui non vuole essere etichettato come testimone di giustizia ma piuttosto come testimone di certezza, perchè è l’esempio concreto di come sia possibile una strada alternativa al pizzo, passando ai fatti e mettendo in disparte le troppo facili parole. Senza aiuti statali e senza piangersi addosso Saffioti ha vinto un’importante battaglia, quella della dignità, perchè come da lui affermato la paura non la si vince con il coraggio ma con una paura ancora più grande, cioè quella di alzarsi la mattina e rendersi conto di non essere un uomo libero. E apre il cuore la sua ultima confessione: prima di essere un imprenditore lui è un marito e un padre e forte su di lui è pesato per diversi anni il fardello di sentirsi responsabile di aver reso impossibile la vita alle due persone più importanti della sua vita. Un giorno però suo figlio, rendendosi conto di ciò, ha tolto ogni dubbio a suo padre, ringraziandolo per averlo reso libero davvero, non come erroneamente credono di essere oggi molti ragazzi mettendo in primo piano cose ben più futili.

Finisce con quest’ultima riflessione l’incontro con Gaetano Saffioti, Testimone di verità che ha compreso l’importanza di denunciare senza però scappare, l’unico modo per poter dare un futuro alla nostra terra poiché, come affermava Italo Calabrò, “solo camminando si apre cammino”.