L’ipotesi sulla possibile sepoltura di Alarico in Contrada “Squarcio” nel Comune di Bisignano, vuole essere un contributo per cercare di gettare uno spiraglio di luce su una vicenda che da tanti anni sta incuriosendo e impegnando vari studiosi.
Le indagini archeologiche e geologiche effettuate fino ad oggi e le opinioni formulate da vari ricercatori non hanno ancora sortito l’effetto sperato, ossia quello di individuare il luogo preciso in cui si trova la tomba del condottiero dei Visigoti.
A mio giudizio, l’ipotesi della sepoltura di Alarico a Bisignano è plausibile e non deve essere intesa come contrapposizione alle altre ipotesi formulate per il tumulo di Cozzo Rotondo (nel Comune di Bisignano), anzi per certi aspettiè rafforzata e ha ragione di esistere grazie ai precedenti studi che hanno riguardato questo sito; né si pone come critica campanilistica alle opinioni di altri studiosi che ipotizzano la sepoltura di Alarico e del suo corredo funebre in un luogo diverso dal sito di Bisignano.
Gli studi che sono stati fatti sul tumulo di Cozzo Rotondo hanno riguardato principalmente le caratteristiche geologiche e morfologiche della “collina”.
Non c’è alcun dubbio che Cozzo Rotondo è un tumulo artificiale, frutto di un parziale o totale intervento antropico, un monumento archeologico che da l’idea di una sepoltura di tipo “barbaro” e che, per collocazione e modalità costruttive, sembra differenziarsi dai tumuli Traci che sono in Bulgaria, per come è stato già osservato da alcuni studiosi.
Per quanto mi riguarda propendo per l’ipotesi che si tratta di un cenotafio che non contiene resti umani, né oggetti, ma un punto di riferimento di una sepoltura posta nelle vicinanze, un simbolo-monumnto per segnalare la presenza della sepoltura. Ecco perché ho consultato il Prof. Rosalbino Turco che sin dal 1986 segue gli studi che vengono fatti sulla collina di Cozzo Rotondo.
Ho seguito un percorso disciplinare diverso rispetto a quelli effettuati finora, concentrandomi sulla toponomastica del luogo e più precisamente sullo studio etimologico e semantico del toponimo “Squarcio”.
Il sostantivo “Squarcio” non ha nulla a che vedere con il termine dialettale bisignanese squarciunu (aggettivo), ossia: vantarsi a dismisura, esagerare nel proporsi, strafare, ostentare, ma indica, più verosimilmente, un punto (un’area) in cui si crea uno spazio, si allarga una parte di terreno.
Questa operazione può avvenire, appunto, aprendo uno squarcio, dal latinoex+quartare, che letteralmente significa fare in quattro, aprire. Dunque, la Contrada Squarcio potrebbe prende il nome da un’operazione di modifica parziale o alterazione dello stato dei luoghi di una superficie che può aver dato origine ad un allargamento, a un incrocio tra più vie (in questo caso sarebbe un odonimo (da ηοδοσ,hodos, via e όνομα,onos, onoma/nome), ad un’apertura del terreno.
Ritengo sia più plausibile l’ultima accezione (apertura di terreno) in quanto ci troviamo in una zona pianeggiante del territorio, ben circoscritta, lambita dal Fiume Crati, vicino alla Via Annia-Popilia e confinante con la Contrada “Grifone” dove sorge “Cozzo Rotondo“, luogo ideale anche per disporre un accampamento dell’esercito.
È curioso annotare che il toponimo Squarcio non è menzionato negli inventari diocesani del 1269 e del 1508 e neanche nei documenti settecenteschi, quali il Libro dei Fuochi e il Catasto Onciario, dove è possibile individuare una dettagliata toponomastica storica. Eppure la Contrada Squarcio esiste e verosimilmente si tratta di untoponimo che questo luogo ha avuto in un determinato momento della sua storia e che di questo luogo esprime una qualche cosa. Non si tratta di ununicumper la nostra città: è sufficiente citare la Contrada Campo Vile, così chiamata in seguito alla sconfitta subita dai romani ad opera dell’esercito di Annibale nel 205 a.C. e il luogo detto ‘U Scannaturu, nel rione Santa Croce, che ricorda la brutale uccisione del vescovo Federico Pupatelli, decapitato e mutilato insieme ai suoi familiari il 28 giugno del 1339.
Appunto per questo, il toponimo assume un significato storico che diviene di grande importanza perché è capace di dare informazioni preziose che non sono ordinariamente individuabili nei documenti. Si tratta d’importanti reperti linguistici che hanno lo stesso valore dei reperti archeologici e sono di grande aiuto per chi ha interesse ha ricostruire la storia di un luogo o individuare qualche suo essenziale elemento; di sicuro hanno un grande valore per ogni ricostruzione storica.
Per pura curiosità, ho approfondito il termine squarcio, attraverso lo studio di alcuni filologi che si interessano della lingua sanscrita, appartenente alla famiglia delle lingue indo-europee, considerato che alcuni di essi hanno evidenziato la parentela storica tra il greco, il latino e il sanscrito, considerando anche una ipotesi di affinità con le lingue celtiche, il gotico e il persiano. Seguendo, anche in questo caso, il percorso etimologico, il termine squarcio può essere rintracciato nei termini catur-vibhakta e viccheda essenzialmente significa diviso in quattro parti o in due parti (a secondo della scomposizione delle parole), taglio, rottura. ecc…
Se poi si approfondisce l’origine dei prefissi sanscriti e le loro radici ci troviamo (in sinesi) alla radice Dvā da cui derivano altri termini che significano: porta, cancello, entrata o uscita, passaggio, apertura e, addirittura, guardiano della porta.
La base di partenza, su cui poggia la mia ipotesi, rimane comunque quella del significato latino del termineex-quartare.
Un altro aspetto curioso che riguarda la leggenda della sepoltura di Alarico è che il fiume fu fatto deviare da alcuni schiavi, così da seppellire il corpo e il tesoro di Alarico; poi il corso del fiume venne ripristinato e gli schiavi furono barbaramente uccisi per mantenere segreto il luogo della sepoltura. Ciò, a lume di logica, escluderebbe l’ipotesi che il luogo della sepoltura fosse nelle immediate vicinanze di un centro abitato o di un qualcosa di anomalo (magari una vistosa apertura, una collina artificiale) rispetto al contesto circostante che avrebbe potuto dare all’occhio.
Ebbene, lo storico Leopoldo Pagano, nella Monografia su Bisignano, nel capitolo in cui parla dell’archeologia antica di Bisignano, cita il Fiume Duglia, affluente del Crati che dista pochi chilometri dalla Contrada Squarcio, come fiume degli schiavi.
Questa chiosa potrebbe avere qualche attinenza con la leggenda dell’uccisione degli schiavi che hanno deviato il fiume e tumulato del re dei Visigoti?
Dunque vi sono una serie di avvenimenti che possono avere una relazione fra di loro e che meritano di essere approfonditi, considerato anche che le recenti indagini effettuate a Cosenza e in alcune zone limitrofe non hanno ancora sortito esiti positivi. Allora perché non tenere in debita considerazione anche lo studio scientifico dei nomi delle zone del territorio Bisignanse in cui si trova Cozzo Rotondo?
Squarcio. Perché una contrada denominata con questo toponimo?
La mia indagine parte da questa intuizione, è aperta a qualsiasi ulteriore contributo epotrà essere confutata e giudicata sulla capacità che ha di essere più verosimile e più probabile di quelle che sono state avanzate finora.
Fucile Francesco