Alonso, il favorito?

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Gli anni passano, i campioni restano. Fernando Alonso è arrivato a toccare i trentatré anni e appare ancora un ragazzino, anche se ormai è da tanto che non vince un titolo mondiale di formula 1. In mezzo tra l’era Schumacher e quella recente di Vettel, ha vinto due campionati e ha poi perso anche l’allegria, dopo esser stato frenato prima dalla McLaren e in parte dalla Ferrari. Ha fatto sceglie sbagliate, dall’appoggiare la riconferma di Massa al suo matrimonio con Raquel Del Rosario (che cantò anche a Sanremo un’assurda canzone sotto i suoi occhi), e davanti alle telecamere è diventato molto più sbruffone. Metamorfosi, presunzione o consapevolezza delle sue scelte? Chissà, ma quest’anno con una Red Bull ancora in ritardo evidente e altre avversarie in cerca di continuità, Alonso può e deve partire con tutti i pronostici dalla sua parte. La Ferrari di quest’anno è un’altra bella incognita, con le nuove regole che non aiutano di certo: il raddoppio dei punti all’ultima gara non è un fattore positivo per Alonso. Infatti, ha vinto soltanto una volta negli ultimi incontri dal momento in cui è al volante di una macchina automobilistica: soltanto nel 2005 con la Renault in Cina, dopo aver già vinto il suo primo mondiale. Occhio, quindi, a fare una scorta già prima per non soffrire nell’ultima ora e mezza. Ateo, giocatore di poker, ambasciatore Unicef e principe delle Asturie, da lontano non sembra neanche un pilota, per via di quell’altezza che proprio non si addice a un campione sportivo. Poi, una volta seduto in macchina, fa ricredere tutti. Già nel 2001 ci fu il suo esordio alla guida di una delle ultime Minardi, che in tutta la sua storia vivacchiò sempre negli ultimi posti, ma con Alonso almeno lo fece con gran dignità, mettendosi alle spalle anche qualche avversario ben più esperto. È Flavio Briatore, però, a puntare su di lui: un anno da collaudatore alla Renault – Benetton e poi il secondo volante nel 2003, al posto di Jenson Button e insieme a Jarno Trulli. Dal 2005 arrivò la definitiva maturità, con la Benetton che costruì una macchina a sua immagine e somiglianza, con anche l’intelligenza di affidarlo in mano a Giancarlo Fisichella per la definitiva consacrazione. Vinse il mondiale a settembre in Brasile e l’anno dopo lottò insieme a Michael Schumacher e una Ferrari in netta ripresa. La Spagna intera era dalla sua parte e fece il bis, non prima di aver firmato con la McLaren. E quella, forse, fu la sua rovina sportiva: mal sopportato già in partenza, si ritrovò in mezzo a spy story e all’esplodere di Lewis Hamilton, con il ritorno alla Renault che fu una rapida conseguenza. Siamo nel 2008 e durò due anni l’avventura, con il caso Piquet che lo convinse all’approdo in Ferrari. Lottò miracolosamente per il titolo nel 2012, contro Vettel che possedeva una macchina più competitiva e non era arrivato sfiancato al traguardo finale. Per tre punti non gli riuscì l’impresa del titolo conquistato in Ferrari, e anche nella scorsa stagione prese la piazza d’argento (la terza nelle ultime quattro stagioni) anche se il vertice era irraggiungibile. Statisticamente parte con questi numeri: 217 gran premi disputati, 32 quelli vinti, 96 podi, 1606 punti ottenuti, 22 pole position, 21 giri veloci. Ora dovrà puntare alla vittoria del titolo mondiale, per se stesso e per la Ferrari: nove anni senza gloria sono eccessivamente un po’ troppi.
Massimo Maneggio