Arrivederci 90° Minuto (puntata conclusiva 2017-2018)

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Sento ancora nella mia mente quel motivetto, quei quindici secondi accelerati che riempivano la mente, il cuore e quelle fame di gol innata. Il calcio italiano deve tanto a 90° Minuto (da scrivere così, o con minuto minuscolo o testualmente, sempre quella è), la trasmissione che faceva vedere i gol alla penisola, senza mancare nel suo lato bonario.

Ciò che si è perso poi nel tempo, trascinati da quei desideri reconditi della mente umana del tutto e subito. Una trasmissione che mostra qualcosa già mostrato perde di mordente, se non trova qualcosa cui rimanere aggrappata. Soprattutto se ci sono sforzi non ricambiati, dal lato di un pubblico ingordo che vede i gol direttamente su Youtube, basti pensare a gare come Spal-Benevento che viaggiano in simultanea sul cellulare, mentre le tv per diritti e cavilli sono costrette a mandare qualche ora dopo. 90° Minuto è stata la vittima preferita in ogni epoca, negli anni Ottanta davano fastidio “quelli del teatro” perché erano dei privilegiati secondo molti. Ma stavano lì perché avevano un ruolo sociale, non erano semplici “pupazzi”. Oddio, qualcuno magari lo era, ma gli si perdonava tutto. Che la buonanima di Giorgio Bubba teneva per la Liguria non era un mistero, era però di un tifo ben diverso rispetto a quegli sbracati di oggi (solo il Milan ne conta una decina di giornalisti urlatori, odg assente in questo caso), nessuno si sognava di rinfacciare un tifo spudorato. Era un tifo bonario, appunto. Quello di Bubba, di Marcello Giannini, di Luigi Necco, gli ultimi a lasciare la vita terrestre per rifare in cielo 90° Minuto insieme a Paolo Valenti. Ferruccio Gard ora si diletta a fare l’ospite tv e si vede la pasta d’uomo, ben diversa appunto rispetto ai giornalisti-tifosi. Gli inviati di Rai Sport che si vedono nei campi sono degli eroi, non campano per la gloria, quanto per il servizio pubblico e lo fanno anche bene.

Con la nuova riforma dei diritti tv 90° Minuto rischia seriamente il pensionamento e quella di oggi, probabilmente, potrebbe essere seriamente l’ultima storica puntata, ma nessuno lo ammetterà mai. Dalla prossima stagione le tre gare alle 15 ogni domenica non sono meritevoli di un programma, men che meno dell’odierna programmazione. 90° rischia così la sua fine, la sua seconda fine. La prima fu una pantomima di Mediaset, che si impose per dare i diritti del calcio a gente senza criterio, tra sponsor, pannolini e correttivi in corsa. Erano i tempi di Calciopoli, forse meglio così. La seconda fine di 90° Minuto è quella che rimpiangeranno solo i nostalgici come il sottoscritto, e qui apro il libro di ricordi. Io che vedo Carlo Verna e non lo immagino come presidente dell’Odg, ma come l’uomo che raccontava il Napoli e la Serie C. Io che ogni domenica, cascasse il mondo, sono davanti alla tv, esco la sera e racconto la trasmissione a chi non l’ha vista, ovvero il 90% di chi mi sta intorno. Io che vedo i dati d’ascolto e ne esco sempre più scoraggiato, io che una volta feci incazzare Max Allegri con un tweet e mi innamorai come un nipote può fare con un nonno di Gian Paolo Ormezzano. Io che – e qui non sappiamo quanto ci sia di normale – la domenica mattina appunto su un foglio gli eventuali inviati sui campi, un gioco da fare con me stesso. Io che riconosco la voce dei giornalisti e mi alzo in piedi quando un servizio è ben fatto. Io che la domenica sono cresciuto con 90° Minuto e non mi riconosco più in questo calcio urlato e pieno di robe incomprensibili.

Io che, probabilmente, dalla prossima stagione sarò seriamente in crisi domenica pomeriggio.

Questo è lo sfogo di un giornalista innamorato di un programma tv, che sognava di farne parte.

Questo è lo sfogo di chi, magari per una o due ore, non pensava a nulla e trovava sollievo in gol, azioni e commenti vari.

Massimo Maneggio

Per rivedere l’ultima puntata di 90° MINUTO

http://www.raisport.rai.it/dl/raiSport/media/90176-minuto-bc5d742e-71c3-41fe-a591-f9052799603c.html