Metti il caso che tu sia un bel giovinastro nerboruto e mustazzutu, di buone speranze e buona salute, occhio vivo o appena appannato da qualche stravizio giudiziosamente da tacere, tasche vuote e un futuro da inventarti o semplicemente da offrire in pasto, aggiungi pure che nel frattempo, fra una cosa e l’altra, non hai proprio un cazzo da fare, e che ti sei già rotto le palle di pregare e aspettare, aspettare e pregare, ma cos’altro puoi fare, per ingannare il tempo, sedare l’ansia, smettere di trastullarti col tuo benamato smartphone, accendere e spegnere la televisione, se non salire su al viale? Il viale ti attende e alletta, sebbene non siano nemmeno le tre di un pomeriggio noiosamente estivo e nonostante il calendario non esiti a contraddirti. Metti il caso che i tuoi passi siano lenti o solo felpati, come di bestia ferita o stanca. La salita e un leggero affanno: potrebbe essere solo un sogno, anzichenò. Il tuo muoverti fuori sincrono, in una tridimensionalità da fumetto della Walt Disney, falsa longitudine e latitudine della tua posizione spazio temporale, fregandosene o quasi della gravità e dell’inclinazione dell’asse terrestre: ti sei chiesto come cazzo fa il tuo benamato smartphone a localizzare il tuo corpaccione smidollato? Il cielo sembra una granita al limone e il sole una fetta d’arancia bionda, con tutta la sua buccia rossa, disegnata là nel bel mezzo da una matita con mano sicura per accecarti la visione. Una panchina è quello che ti ci vuole. Lo sguardo vigile o solo distratto, l’orizzonte lo scorgi a tratti, fra i tetti e fra le facciate dei palazzi, oltre i balconi e gli spiazzi d’una Paperopoli mezz’addormentata, come se le metafore fossero cibo per i tuoi occhi o solo un espediente per non dare il loro nome alle cose. Di là, a qualche metro di distanza, due vecchi bacucchi, all’ombra o quasi, col desiderio trattenuto a stento di crogiolarsi al sole come lucertoloni artritici. Il viale è un deserto e l’ammattonato trasuda un calore d’estate agli sgoccioli. Guardi. Pensi. Sei Gastone o solo Paperoga? Chiudi gli occhi per afferrare meglio i tuoi pensieri o forse per origliare le inutili grullaggini dei due vecchi rincoglioniti: sei troppo giovane per esibire misericordia per chi non è più nel fiore degli anni. I due ciarlano del più e del meno o forse si arrabattano animosamente sui guai sempiterni dell’amministrazione locale: i debiti, il bilancio, le bilance, il bilancino, i tributi e i tribuni, le responsabilità, le irresponsabilità, le giovani marmotte, la banda Bassotti, il chiacchiericcio querulo fra omelie e contumelie, convegni e disimpegni, Cip & Ciop.
—Giugà, te lo dico io c’un cara? Picchì avissi di cariri, mu sa’ riri? E pu’, chi ci va’ al posto suo? Ci vuole poco a ni truvari dalla padella alla brace!
—Franci’, ma chi cazzi cuntu? Ma tu ‘u sa’ quanti laureati su’ a spassi?
—Embè! E che mi vena a significari? Giuga, ma tu lo sai quanti laureati ‘un sani fari ‘na O cu‘ nu bicchieri?
In quel mentre, in un estemporaneo ma unanime accordo, lo sguardo grifagno dei due vecchi bacucchi inchioda il giovinastro placidamente abbandonato sulla panchina, nemmeno fosse il divano di casa sua. …Ma chi cazzi mi guardano questi due? Così si sorprende a pensare il giovinastro, che col suo di sguardo cerca di fulminarli entrambi quei rincoglioniti incartapecoriti. Metti il caso che ben presto i tre si stanchino di quella guerra di sguardi e dopo un lungo silenzio, di nemmeno un paio di minuti, ritornano ad ignorarsi per la felicità dei due lucertoloni azzimati e dello stesso giovinastro debosciato e di tutta Paperopoli, così da incominciare inutilmente ad interrogarsi, senza alcuna riluttanza, sulla novità di quella statua di Sant’Umile, collocata in fondo al Viale, come in castigo. I due discettano se lo sconto presunto o acclarato che lo scultore acrese, di rinomata ed incontrastata fama mondiale (unico al mondo ad aver intitolato un museo a suo nome, ancora in vita), avrebbe fatto all’amministrazione sia stato una solenne presa per il culo o un’incredibile opportunità ppi ra curtura visignanisa. Metti caso che entrambi i vecchi bacucchi ignorino, evidentemente, le ragioni e le leggi dell’arte, ma nell’osservarla e studiarsela attentamente quella bomboniera art déco soprammisura, non riescano a smuovere nessuna categoria di qualità o emozioni che di solito si sogliono associare all’arte.
—Giugà, ricimi ‘a verità, ma a ttia a che ti rassomiglia?
—Franci, ghiu povariullu, chi vu’ ca ti ricu? A mia mi pare nu pannellu! Sì, nu pannellu. I chiri ca si mintini supi i casi pi’ fari a correnti! Sì, certo cchiù sfiziusu e graziusu, ma secondo me ‘mmienzu u vialu avissa cchiù significato. Quantomeno sirivissa cumu spartitraffico!
—Giugà, ‘a vu’ sapiri ‘na cosa? Ppi mia è n’astronavi!
—N’astronavi? Francì, ma cchi cazzi cunti? Ma ha’ viri quant’è?
—E chini t’ha dittu a tia, ca l’astronavi su’ sulu di grosse dimensioni? Tu ha vistu ‘ancuna vota? Adduvi ‘a’ visti, si l’urtima vota ca si statu fora Visignanu è stato quannu ha’ fattu u militari? Ppi mmia chissa è n’astronave spiccicatamente acritana!
—Francì, ma ti sienti cumu parri?
—Giugà, l’invidia è una brutta cosa, ma cchi cci vu fari! L’acritani cercano sempre i ni fricari, ricordatillu! Mo’ cu’ l’onorevole Trematerra, padre o figlio non fa differenza, mo’ cu questioni di spazzatura o discariche, mo’ cu na bella nivicata ca ‘un fa partiri i pullman, e sempi vinniennu a ri povari visignanisi custumu ‘i moda vint’anni prima, e all’urtimi cu’ ‘sa bell’arma segreta!
Metti il caso che i due a questo punto se la ridano beatamente ritrovando nei loro occhi giulivi e luccicanti l’innocenza di quand’erano ragazzini. Il sole gli sussurra all’orecchio che la vita continua nonostante tutto, fregandosene degli uomini e delle loro zavorre. Metti caso che il tratto della matita del disegnatore si faccia più lieve e sottile e pure il giovinastro riesca di punto in bianco ad infervorarsi, forse per contagio come accade per gli sbadigli, forse perché quei due vecchi gli ricordano u nannu bonanima, paci all’anima sua! Suo nonno, che gli raccontava che un tempo, quann’u vialu era tutta timpa e nu vallunu, e non aveva un cazzo da fare, s’ingegnava e dilettava nell’acciuffare passeri e marivizzi fra gli anfratti meno impervi, garmanno trappole e cacchjole. Suo nonno non c’è più da un pezzo ma nell’andirivieni del Viale, la politica locale, non ha certo perso il vizio e il vezzo di allestire trappole e cacchjole, alla luce del sole anzichenò, di sicuro non per accaparrarsi il magro bottino di qualche passero o marivizzu! In un’ottica di abili e caparbi strateghi, fra vavi, sputazzi e fumi, i politici locali si accalcano e smarcano, calcano la mano, lanciano il sasso e s’ammucc(h)iano, sacrificano la vittima designata o prezzolano i cchiù vucc’apierti, ma la scacchiera alla fine rimane eguale a sé stessa nonostante le più audaci e temerarie strategie, mentre le pedine risultano vieppiù scolorate e in ogni caso, senza che tu mai riesca a cancellare la netta sensazione di non raccapezzarti affatto su chi effettivamente a cummanna. E mentre le giovani marmotte cercano ingenuamente di prendere al lazo il cavallo a trotto più allenato, i vecchi marpioni cercano di azzoppare in ogni modo i giovani puledri, mentre tutta Paperopoli cerca di ingraziarsi e di approfittare ora dell’una ora dell’altra fazione a seconda della convenienza e da cummirenza. In fondo, però, a r’illu chi lli nni fricari! Certo al Viale ci va sia in pieno giorno che di notte, sia da solo che in compagnia, e non certo per acchiappare curivattule e marivizzi! La politica può andare allegramente a farsi fottere! E così, mentre tutti fanno finta di interrogarsi su chi potrebbe essere il prossimo sindaco dopo l’Umilissimo, il suo unico chiodo fisso s’infrange sullo scoglio di come cazzo riuscire a passare le selezioni per andare in televisione. Qualsiasi televisione. Nazionale, beninteso! Non gli importa per fare che, che l’importante è pur sempre partecipare, né gli importa delle papere possibili o immaginabili o di quale trasmissione del cavolo in particolare, …ché bianca, rossa o gialla l’importante è riuscire a stare a galla. …Cazzo! Che ha lui meno di Costantino Vitagliano? E chi diavolo é: Paperino o Ciccio, il garzone di Nonna Papera? Far parte del giro che conta, ecco ciò che gli importa veramente. Essere conosciuto e riconosciuto nel giro della vipperia e guapperia più qualificata. …Ché la vita è una sola, cazzo! E bisogna godersela alla grande finché dura, senza far sconti a nessuno. …Ché pure lui c’era stato al Grill Taverna a quella convention di vip rinomanti e lì aveva deciso, su due piedi, che non avrebbe mai mollato fino a raggiungere il suo scopo. Quella sì che é gente davvero in gamba! …E poi Cecilia! …Cecilia! Quasi quasi la preferisce pure a Belen, Cecilia! Che fortuna sarebbe stata riuscire a starle vicino! E a questo pensiero, metti caso che l’aria si faccia primaverile, fra cinguettii e zaffate all’odor di mughetto o violetta, ed una impertinente brezza leggera, poi non tanto leggera in verità, le scompigli i capelli, le sollevi le vesti e illustri i seni, e Cecilia appaia in tutta la sua statuaria bellezza, proprie ‘mmienzu u Vialu, mentre rincorre farfalle ed uccelletti. …Altro che statue e sculture di Vigliaturo! E tuttu u vialu sembra quasi prendere nuova vita e vigoria, trasformandosi in un immenso campo di marjuana di coltura autoctona, mentre dal costone del cucumazzo discende ‘a miriana del vecchio castello dei Sanseverino totalmente riemerso dalle ceneri del passato in un fulgido 3D. Il giovinastro è felice e contento e, nel suo egoismo di felicità avvampante, gli sembra quasi ca Sant’Ummilu abbia deciso finalmente di regalare il paradiso in terra a ri visignanesi. E come se non bastasse pure il cielo si scuote e si scrolla di dosso ogni ambascia e la matita lo colora d’uno azzurro trasognante mentre i fuochi artificiali, burlandosi del fatto che non sia ancora notte scoppiettano e sfavillano in tutto l’azzurro immane. E pure la statua di Sant’Umile sembra prender nuova vita trasformandosi in un tablet gigante totalmente touch screen, mentre i due vecchi bacucchi, assunte le sembianze di Archimede Pitagorico e Paperinik, strenuamente si sbracciano su quello schermo soprammisura ingaggiando quasi una danza da scalmanati davanti al loro totem. Poi il cielo si straccia ed un rombo di motore ti sorprende da dietro una nuvola d’ovatta. Cazzo! Che siano gli extraterrestri? Ma no! No! Niente paura è solo un piper disperso per i cieli d’Italia. È da ferragosto che, battuto tutto il litorale adriatico, se ne son perse le tracce. Finalmente è ricomparso ed incredibilmente proprio nel cielo di Bisignano. In coda uno striscione, lungo 25 metri e alto un metro, inequivocabilmente dichiara: Forza Italia Forza Silvio.
Rosario Lombardo