La scelta di dichiarare “zona rossa” la Calabria è frutto criteri ben precisi, condivisi anche dalla stessa Regione Calabria che ha inviato i dati al Ministero della salute e all’Istituto superiore di sanità. Quindi, non è stata una decisione politica bensì una scelta tecnica.
Ribadiamo, i dati e i criteri sono stati condivisi e inviati dal Dipartimento della Salute della Regione Calabria e dell’Ufficio del Commissario.
Anche l’ammissione del presidente facente funzioni che, nel corso di una trasmissione sul La7, alla domanda sulle terapie intensive, ha dovuto confessare di essere “ignorante sulla situazione”, la dice lunga sul lavoro che la Regione ha fatto in questi mesi per prepararsi in tempo a questa nuova seconda ondata.
Se qualcuno pensa oggi di utilizzare questa situazione per iniziare una campagna elettorale in vista delle prossime elezioni regionali si sbaglia di grosso e rischia di far pagare un caro prezzo ai calabresi.
Spirlì deve oggi rispondere dell’operato dei rappresentanti della Lega alla guida di importanti strutture sanitarie calabresi e dei danni che hanno provocato non mettendo in atto tutto quello che era necessario per contrastare la pandemia e la sua diffusione.
Nell’ultimo verbale di verifica del Tavolo Adduce, formalmente approvato il 20 maggio 2020, della riunione congiunta del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali e del Comitato permanente per la verifica dei Lea, sono emerse notevoli criticità con riferimento alla rete ospedaliera, alla rete oncologica, all’assistenza territoriale. In questa situazione la Regione non appare in grado di garantire un regime di normalità per l’organizzazione e l’erogazione dei servizi sanitari regionali ai cittadini calabresi.
Come mai non si è proceduto a rendere operativo il Piano di riordino della rete ospedaliera in emergenza Covid-19, previsto con decreto 91 del giugno 2020. Nel piano venivano specificato quanti posti letto aggiuntivi erano stati previsti per le terapie intensive, sub intensive, per i reparti di Malattie intensive e Pneumologia, e venivano indicati i requisiti da rispettare per la riorganizzazione dei Pronto soccorso della Rete Covid. Perché non sono stati assunti i 320 infermieri di comunità, previsti per la Calabria dal Decreto Rilancio? Queste figure professionali dovevano servire a implementare e aiutare l’assistenza sanitaria territoriale. Che fine hanno fatto i 332milioni e 640 mila euro stanziati dal governo per l’assunzione di queste figure professionali? Come mai ancora non sono operative le 37 Unità speciali di continuità assistenziali (Usca) regionali? Ogni Usca necessita di 4 medici e 4 infermieri e deve essere operativa sette giorni su sette, dalle 8 alle 20. Ma anche qui poco o nulla è stato fatto. Così come per gli hotel Covid, perché nessuno li ha previsti? Perché non sono strati rafforzati e potenziati i laboratori regionali in grado di processare i tamponi molecolari? È inconcepibile, infatti, che ancora oggi non sia entrato in funzione ad esempio il laboratorio dell’ospedale Spoke di Corigliano Rossano visto che quello di Cosenza non è più in grado di gestire e processare da solo centinaia di tamponi al giorno. Bisognerà autorizzare altri laboratori per evitare che il sistema in tilt e che vengano trasferiti fuori Regione. Questa lunga sequela di inadempienze della Regione e dell’ufficio del commissario ha provocato la nostra entrata nella “zona rossa”.
Autorevoli esperti del Ministero della salute e dell’Istituto superiore di sanità, in questi giorni, hanno spiegato il perché la Calabria si trova oggi in questa situazione. Tra l’altro, il Tar del Lazio ha respinto proprio oggi il ricorso della Regione Calabria contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero della Salute per l’annullamento dell’ultimo Dpcm del 3 novembre 2020, che inserisce la Calabria nella zona rossa.
Ora è necessario mettere da parte le polemiche e l’inizio della campagna elettorale, se si vuole effettivamente uscire da questa “zona rossa” sfidiamo l’attuale maggioranza a dare risposte immediate nei prossimi giorni assumendo, ad esempio, infermieri di comunità, rendendo le Usca operative così come prevede la legge, attivando i posti letto aggiuntivi di terapia intensiva, sub intensiva, di pneumologia e malattie infettive dei nostri ospedali. Solo così, insieme, saremo in grado di poter uscire dalla zona rossa e di ridurre il numero dei contagi. Ma ognuno deve fare la propria parte, quello che non è stato fatto in questi mesi né dall’ufficio del commissario, né dalla Regione.