Che vadano all’inferno, i raccomandanti, i raccomandati e i raccomandabili!

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Nel paese dove la meritocrazia non è premiata la raccomandazione non costituisce più reato, anzi assume quasi i connotati della legalità. Basterebbe leggere una recente sentenza della Cassazione per comprenderne tutto il dramma. Che l’Italia non fosse più una Nazione fondata sul lavoro (diritto peraltro tuttora sancito dal primo articolo della Costituzione) è cosa ormai ben chiara a molti ma da qui a dover accettare che la raccomandazione tout court rappresenta una buona condotta è a dir poco ridicolo. Chi è stato raccomandato, chi si fa raccomandare e chi pensa che la raccomandazione sia legalità, commette un crimine nei confronti della collettività. Chi elargisce raccomandazioni è il boia di tutti i morti ammazzati che non riuscendo lecitamente a trovare un lavoro hanno deciso d’impiccarsi. Vergognatevi subdoli raccomandati e senza un briciolo di “cervello”. Per conquistare un lavoro avete preferito intraprendere la via più larga e scegliere la “politica del favore”. Così facendo, pur beneficiando di un lavoro avete cancellato la vostra dignità di uomini per diventare “maschere” a vita. Non meritate di far parte di questa Nazione, non potete neppure accostarvi al decoro di una patria libera perché siete dei fannulloni.

15/01/2014 – Alberto De Luca