Destrutturare il paradigma dell’onore mafioso

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Nel pomeriggio del 31 Marzo, presso l’University Club dell’Università della Calabria, si è svolto il quarto Seminario di Resistenza Antimafia organizzato dal prof. Giancarlo Costabile e con la consueta partecipazione di numerosi esponenti di questa difficile, ma proprio per questo fondamentale, lotta contro la mafia.

Il tema principale del seminario è stata l’analisi del falso mito secondo cui la mafia e i suoi “uomini d’onore” non toccano né donne e né bambini. La tragica vicenda del piccolo Coco Campolongo, bambino di soli 3 anni di Cassano Ionio ucciso e successivamente arso, è invece la netta prova di come questa non sia altro che una grandissima menzogna, alimentata dai poteri forti e dalle numerose fiction televisive che danno un’immagine bella ed onorevole del mafioso, quando in realtà c’è poco onore e rispetto da riservare a queste persone. Il giornalista Arcangelo Badolati ci ricorda infatti di come Coco sia soltanto l’ultimo di una lunga serie di donne e bambini uccisi dalla mafia negli scorsi anni (Domenico Gabriele a Crotone nel 2009, Concetta Iaria a Sant’Eufemia d’Aspromonte nel 1965, Francesco Antonio Conte a Rosarno nel 1977, Michele Arcangelo Tripodi a San Ferdinando nel 1990, ecc), a testimonianza di come bisogna conoscere questi avvenimenti per poter avviare una controcultura che porti ad un’efficace demolizione della mitologia mafiosa.

Ad approfondire il tutto hanno contribuito due importantissime figure della lotta all’illegalità, come Mario Spagnuolo, Procuratore capo di Vibo Valentia, e Pier Paolo Bruni, Pm della Direzione distrettuale Antimafia di Catanzaro. Spagnuolo, autore di diverse indagini sulle cosche mafiose delle provincie di Crotone e Vibo Valentia che gli hanno causato numerose minacce di morte, ha fatto notare ai ragazzi (presenti anche questa volta in modo numeroso) che nell’immaginario collettivo della popolazione la colpevolezza o l’innocenza di determinate figure sia legata esclusivamente all’esito della condanna giuridica, quasi mettendo in secondo piano qualsiasi giudizio morale. Questo fa sì che venga demandato all’ambito giudiziario la risoluzione dei problemi sociali, scaricando così le nostre responsabilità di cittadini nelle mani di magistrati che sono uomini esattamente come noi. Spagnuolo ha infatti voluto precisare la necessità di un aiuto da parte del popolo in questa fondamentale lotta, sottolineando che non serve che i magistrati siano supereroi, ma gente onesta capace di svolgere il proprio ruolo, nella speranza che la società migliori e serva sempre meno l’intervento della magistratura.

Anche il Pm Bruni ha evidenziato l’importante ruolo della popolazione, esortandolo a reagire alle Istituzioni ogni qual volta quest’ultime fanno ricadere le loro responsabilità su di noi. Il popolo deve essere sì partecipe e protagonista attivo per il buon funzionamento della società, ma allo stesso tempo anche le Istituzioni devono garantire il loro ruolo di garanti dei cittadini. Bruni sottolinea l’importanza della destrutturazione dell’iconografia mafiosa, unico modo per delegittimare queste potere e primo vero grande passo per l’eliminazione della mafia.

Il prof. Costabile ha tenuto a precisare il parallelo esistente tra la mala Magistratura e la mala Accademia universitaria, che si è resa complice in questi anni di quella perdita di moralità sociale descritta perfettamente nel suo intervento dal prof. Michele Borrelli. L’Università, ed in particolare l’Università della Calabria, era nata con l’obiettivo di abbattere con la cultura ogni tipo di mafia. Successivamente, però, l’Università stessa è diventata complice del giuoco mafioso, tenendo la vita reale fuori dalle aule ed occupandosi soltanto di cose astratte. Costabile ha invocato l’aiuto delle famiglie dei giovani studenti per attuare una collaborazione utile a costruire la giusta formazione alla vita e alla legalità nei ragazzi, molto più importante della semplice acquisizione del titolo di studio.

Bisogna arrabbiarsi ed indignarsi per ogni atto mafioso, senza nascondersi dietro un “ma tanto non la si può battere”. Fin quando non reagiremo magistrati e procuratori come Spagnuolo e Bruni rimarranno soli e questa battaglia sarà persa, facendo diventare noi stessi i primi a favorire la mafia. Questa lotta non è facile ma la si può cominciare ad affrontare in maniera vincente soltanto con un quotidiano esercizio di legalità, come detto dal Rettore Gino Mirocle Crisci e da Roberto Guarasci, componente del Senato accademico dell’Unical. L’Università e i suoi studenti devono essere i primi ad educare alla speranza e al cambiamento nella nostra regione, ribaltando il principio di “Cosa nostra”: è la legalità a dover essere “Cosa nostra”.

Armando Zavaglia