DONNA COME LEA!

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La violenza non ha genere. Non è donna o uomo, non è bianco o nero. Della violenza, chiunque può esserne vittima o carnefice. La donna, che tanto ha lottato per la sua autonomia, indipendenza, emancipazione, si ritrova ad essere, col suo consenso, riconosciuta come soggetto debole, indifeso e meritevole di tutela. “Femminicidio”: “femmina”, donna adulta, per lo più con senso peggiorativo o con riferimento agli aspetti fisici; “-cidio”, uccisione. La Treccani parla, addirittura, di “olocausto patito dalle donne”. Paradossalmente, dire “femmina” crea una reazione di risentimento, dire “femminicidio”, quindi femmina e vittima, crea assenso generale. Le statistiche, purtroppo, fanno notare come siano spesso le donne vittime di violenza, il che è un fenomeno gravissimo, tanto quanto la violenza sugli uomini, spesso solo poco denunciata.

Ora vogliamo parlare di una Donna, figlia della ridente ma sciagurata terra di Calabria: LEA GAROFALO. Cresciuta in una famiglia di ‘ndrangheta di Petilia Policastro (KR), decide di testimoniare contro la sua stessa famiglia e contro quella dell’ ex compagno, Carlo Cosco. Denuncia le faide interne ed esterne alla sua famiglia, racconta alla magistratura i traffici illeciti e svela che l’omicidio del boss Tommaso Ceraudo fosse da attribuire a suo cognato Giuseppe Cosco e al suo compagno Carlo Cosco. Così, nel 1996 fu repressa la cosca dei Garofalo e finì tra le sbarre anche il fratello di Lea, quest’ultima entrando nel programma di protezione testimoni nel 2002. La nuova abitazione di Campobasso, però, la conosce anche Carlo Cosco che manda uno dei suoi scagnozzi ad uccidere Lea. Tentativo fallito grazie alla piccola figlia di Lea, Denise. Giustizia lenta si addormenta nelle indagini. Il 20 novembre 2009, Carlo Cosco attira l’ex compagna con la scusa di parlare del futuro della loro figlioletta sapendo che Lea, ormai fuori dal programma di protezione, lo avrebbe raggiunto. Non fu fatto mai errore più grande. Il 24 novembre 2009 Carlo conduce Lea in un appartamento e lì viene uccisa. Il cadavere, trasferito a San Fruttuoso, un quartiere di Monza, viene dato alle fiamme. Come legna al fuoco, arse per tre giorni, così da poter essere identificata solo dai 2000 frammenti ossei e dalla sua collana. Questa è stata la barbara fine di Lea Garofalo, Donna coraggiosa che, da vittima di quell’ambiente mafioso malsano, diventa carnefice degli arresti dei clan. E no, con la sua morte non ritorna ad essere vittima, ma Eroe, se eroi consideriamo quelli che danno la vita per il futuro dei propri figli e dei figli dei loro figli. Denise ora può sorridere. Denise avrà un futuro limpido, quello che le ha assicurato sua madre.

Queste sono le donne!

Federica Giovinco