Giuannu i casacca: una storia tutta da conoscere

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Una pagina di storia particolare riguarda Giuannu i casacca, e si lega a doppio mandato con quella del colonnello Fumel, che viene ricordato soprattutto per essere il responsabile dell’eccidio di Fagnano Castello, dove persero la vita 100 tra pastori e contadini inermi.

Si recò anche nella zona Macchia Tavola a Bisignano per porre fine all’attività delle bande che lì operavano, tra cui quella capeggiata da Vincenzo Russo, indicato con il soprannome di Ferrigno.

Il Russo era però conosciuto a Bisignano con un altro soprannome: “Casacca“. Il suo nome appare   insieme a quello di altri bisignanesi, compresi alcuni notabili, nell’aprile 1861 in un caso di indagine riguardante cospirazione ad oggetto di distruggere e cambiare il Governo, rendendosi irreperibile. Pur non essendoci un numero preciso, secondo fonti prefettizie i componenti della banda si aggiravano intorno a 10 individui circa, tra cui il fratello Giovanni (Giuannu ‘i casacca).

Lo stesso Fumel, in una sua lettera, elenca bande che operavano nella zona di Macchia Tavola come quella di Franzese (Cerzeto), di Acri, di Bisignano e di Cervicati. L’area boscosa si prestava ad agguati sulla strada consolare dove transitavano convogli postali. Ogni banda ed ogni componente aveva la sua storia, ma tutti provenivano da quel mondo contadino caratterizzato da miseria, dalla fame e dalla rabbia per le promesse disattese di avere la terra (dopo decenni di attese una assegnazione delle terre demaniali avvenne a Bisignano nel settembre 1863, ma le grandi proprietà rimasero concentrate nelle mani di pochi e si rafforzarono).

E’ bene ricordare come Bisignano non conobbe, prima di allora, la formazione di bande brigantesche. Tra la fine del ‘700 e gli inizi del ‘800 anzi, Bisignano fu oggetto di assalti da parte di bande di briganti provenienti da Acri e da paesi limitrofi.  Il brigantaggio ad inizio ‘800 fu sostenuto da borbonici e inglesi per riconquistare il trono di Napoli allora in mano ai francesi del periodo napoleonico. Si crearono bande paramilitari di migliaia di uomini che scorazzando per la Calabria assaltarono e saccheggiarono paesi interi. Dopo la sconfitta dei francesi in Europa e il ritorno dei Borbone sul trono di Napoli il brigantaggio diventa prevalentemente fenomeno delinquenziale, costantemente monitorato. Il fenomeno si ingigantisce ed acquista nuove peculiarità con la formazione di numerose bande subito dopo la spedizione di Garibaldi, conosciuto anche come brigantaggio postunitario.

Gli avvenimenti del 1861-62 a Bisignano si intrecciano inevitabilmente con le turbolenze sociali dovute al passaggio dal regime borbonico a quello sabaudo, con il tentativo fallimentare di restaurare il vecchio regime (con questo scopo la spedizione di Josè Borjes iniziò con lo sbarco in Calabria e si concluse tragicamente in Abruzzo), con gli atavici contrasti sociali  che vedono da una parte quel mondo contadino ed artigiano che viveva in una società classista e in cui la legge aveva riguardo per coloro i quali dominavano la realtà sociale ed economica.

Ovvero le elites della notabilato locale che sostennero il nuovo regime per avere in cambio protezione, incarichi e vantaggi. Pur essendo il brigantaggio un fenomeno sociale complesso e con diverse sfaccettature, chi si dava alla macchia non aveva altra strada che vivere nell’illegalità e divenire oggetto di  repressione da parte delle autorità del nuovo Regno.

A questo proposito Antonio Gramsci è molto esplicito, quando nel decimo dei Quaderni dal Carcere (Einaudi, 1948-51) scrive: “Le masse popolari del nord non capivano che l’unità non era avvenuta su una base di eguaglianza, ma come egemonia del Nord sul Mezzogiorno, cioè che il Nord concretamente era una piovra che si arricchiva alle spese del Sud e che il suo incremento economico-industriale era in rapporto diretto con l’impoverimento dell’economia e dell’agricoltura meridionale.”

Sui fucilati di Bisignano non si è mai fatta piena chiarezza e si hanno notizie frammentarie. Il 22 dicembre 1861, dopo uno scontro a fuoco nei pressi della Casella di Groccia con le forze del maggiore Fumel, sappiamo che alcuni “briganti” rimasero uccisi, altri arrestati e sei dati alla fuga. A morire in questa data è appunto il fratello del capo, Giovanni Russo Casacca.