Hashtag #dalla parte delle MIGNATTE
di Angela Maria Spina
C’è un intimo disagio che mi spinge a scrivere e intervenire sull’oscena rappresentazione di certe variegate forme di nostrana violenza sessista alle mie latitudini, delle quali sono diretta testimone oculare.
Malgrado il clima rilassato e vacanziero che fisicamente mi ha portato distante dalla comunità bisignanese nella quale abitualmente vivo ed opero; ho ugualmente avuto contezza di quanto accaduto in queste calde giornate estive: e cioè di uno squallido e miserevole teatrino di bassa, bassissima levatura teatrale, fomentato ad arte (ho motivo di ritenere; magari nel peggiore (non) stile politichese) per fomentare sospetti, illazioni, invettive ed accuse, definitamente strumentali, solo per biechi secondi fini.
Sin qui nulla di nuovo sotto questo sole, se non fosse che all’orizzonte a suonar certi accordi, si sia presentata una obsolescente minaccia alla retrocessione nel diritto di protagonismo femminile; per quelle stesse donne (anche della politica) di quella migliore e sana comunità bisignanese, che tanto ho a cuore; e che mai come in questo caso meritano di essere sostenute e se possibile difese da certi vili, meschini e codardi attacchi.
Ho conosciuto e conosco numerose donne del territorio, che sanno come essere al pari degli uomini in questa comunità e non piuttosto un passo indietro a loro. Della loro bella amicizia posso fregiare il mio personale vanto. Donne che hanno il coraggio e la forza necessarie per esigere Considerazione e Rispetto e che a pieno titolo sono capaci di sentirsi libere e forti, sin anche quando ricevono intimidazioni, scaricate con l’arma delle illazioni e delle cattiverie, quelle per intenderci che agitano solo i sospettosi e i galantuomini in malafede, che preferirebbero certo veder distrutte e disintegrate, quelle stesse donne per le quali hanno recuperato all’uso il neologismo di “mignatta” dall’etimo sia pure incerto o piuttosto lesivo, con la significazione di: sanguisuga comune (lat. scient. Hirudo medicinalis); che come recita qualche affidabile vocabolario, è anche quello di: “Usuraio, strozzino, e in genere chi specula sulle necessità altrui, quasi “succhiandone il sangue”; ma che più comunemente è vero simile sia quindi visto come una sorta di seccatore importuno o piuttosto una persona che è difficile levarsi di torno”.
Ma del significato etimologico mi vedo costretta a non sottovalutare neanche l’ulteriore significazione che attribuisce proprio nella marina militare italiana, lo stesso nome di mignatta, convenzionalmente come uno speciale mezzo d’assalto semisubacqueo, (ideato durante la prima guerra mondiale) e costituito da una specie di grosso siluro, propulso ad aria compressa, manovrabile a mano da due sommozzatori e munito di teste esplosive elettromagnetiche che venivano secondo le necessità, fatte aderire agli scafi metallici nemici, durante la seconda guerra mondiale; il cosiddetto siluro a lenta corsa, conosciuto altresì anche come il maiale, che da tale ordigno ne derivò il nome medesimo.
Ora come donna di questa comunità, come docente e soprattutto come sorella stretta dal sacro vincolo che mi unisce alle donne tutte, specie a quelle umiliate, abusate, maltrattante e denigrate; nel sorreggersi l’un l’altra dal pericolo di perdere i diritti faticosamente ottenuti già dalle loro mamme e nonne; come dal proprio cagionevole diritto di saper aprir bocca, con arguta cognizione di causa, senza per questo dover uscir di senno, mi appresto ad argomentare sullo squallido e malefico attacco, prevalentemente di genere sessista, sferrato a certe Mignatte.
Attacco lesivo ed offensivo su noi diversamente mignatte che del parlar troppo, e dell’agire meglio, (cioè con cognizione di causa), dovremmo sempre saperci disporre a dover schivare colpi. Perché quel che è peggio, è che, sotto mentite spoglie il vile manipolo di vigliacchi mentecatti, stavolta con i colpi di bassa levatura, hanno travalicato la decenza e soprattutto la buona educazione; sferrando con un gesto solo un attacco a tutte le donne insieme: a quelle di questa parte, cioè le cosiddette mignatte; ma anche a quelle dell’altra parte: cioè a dire alle diversamente mignatte.
Il mio personale intervento in tale disputa, è dunque un atto dovuto, ancor più perché ho parte nella territoriale Associazione Scarpette Rosse; ma ancor più per scongiurare il rischio di non riuscire più a riconoscermi nel luogo in cui ho scelto di lavorare a beneficio di quelle giovani generazioni di miei alunni, della mia comunità scolastica bisignanese, delle quali mi sento moralmente ed eticamente responsabile (oramai da qualche anno); ed è per questo che a loro -e solo a loro- rivolgo la mia libera disamina.
Poiché è risaputo che da qualche anno oramai mi onoro di partecipare (ed essermi perfettamente integrata) nel pieno contesto socio culturale di questo prospero borgo meridionale; ma ancor più di aver voluto prestare all’azione che di violenza alle donne si occupa; il mio sano volontariato culturale. Agli sforzi di una Associazione, Scarpette Rosse, ed alle enormi difficoltà di quelle donne e uomini di questa giovane realtà associazionistica, che è riuscita a palesare la vitale e benefica azione del contrasto ad ogni forma di violenza specie del suolo bisignanese; che ha letteralmente fatto del sano con-dividere (cioè del dividere insieme) cioè tra donne e uomini, i valori, le idealità e soprattutto le scelte ideologiche, che intendono unanimemente contrastare e combattere la condizione di disparità tra uomini e donne, purtroppo non ancora debellata (non solo in Italia, ma soprattutto nelle rischiose periferie territoriali di queste latitudini); nelle quali si riscontra e s’individuano sovente pericolosi comportamenti sessisti, misogini e maschilisti, non solo in famiglia, nei luoghi di lavoro, ma anche e soprattutto in politica e nelle nostre comunità sociali; per non parlare dell’intenzione a voler contrastare in ogni modo, l’uso di vecchi e nuovi stereotipi nel linguaggio, in pubblicità, in televisione e anche e soprattutto sul web; poiché oggi chi odia lo fa prevalentemente sul web e di solito in maniera codarda e vigliacca preferendo insultare specialmente le donne.
Del resto è diventato sempre più facile tracciare le mappe dell’intolleranza nel nostro paese (ed ora anche nelle nostre fragili comunità, un tempo meno esposte; ma adesso preda e predatore uniti sotto lo stesso tetto). Si odia sempre di più, da qualche tempo, anche alle nostre latitudini, nelle nostre piccole/grandi comunità a stimolo di una meschina e vigliacca povertà, che rende sempre più audaci all’occorrenza sconsiderati, sia i leoni che le leonesse da tastiera.
Il dato certo dal quale far partire l’analisi è che: Non Diminuisce l’intolleranza sessista; è vero esplode la xenofobia, l’islamofobia e l’antisemitismo; e che per lo più 1 italiano su 3 twitta il suo odio contro migranti, ebrei e musulmani; i tweet poi, contro le persone migranti, sono sempre più in aumento con picchi di affollamento registrati non in corrispondenza degli arrivi sulle coste ma nei periodi successivi agli sbarchi. Ovviamente i dati di cui disponiamo, confermano in questo senso una tendenza in atto, verso la ‘globalizzazione’ della rabbia e dell’odio”; inoltre i tweet intolleranti diminuiscono dove è più alta la concentrazione di migranti, dimostrando quindi una correlazione inversa tra presenza sul territorio e l’insorgere di fenomeni di odio: come a dire, conoscersi dovrebbe promuove l’integrazione. Ma la correlazione conferma la discrepanza fra dato reale e dato percepito.
Forse un pugno di hater riuscirà anche a manovrare i sentimenti e gli umori; ma una tendenza significativa è comunque rappresentata dall’aumento dei tweet che corrisponde ad una diminuzione dei profili Twitter. Significa cioè che è in atto una “estremizzazione dell’odio”: sono ristrette cerchie di utenti a manipolare gli animi delle masse di naviganti.
Attraverso la possibilità di condivisione potenzialmente infinita, un manipolo di influencer è in grado di ottenere un effetto esponenziale. Ma allora che razza di futuro ci aspetta? Se la violenza online, conferma le corrispondenti conseguenze nella vita reale? Inoltre, il fatto che i picchi di affollamento si registrino non solo più in particolari città e in corrispondenza di specifici eventi locali, nazionali e internazionali; rende tutta la misura della responsabilità che i media hanno, nel diffondere contenuti e atteggiamenti che invece sono assolutamente da condannare, ma in maniera inequivocabile da contrastare.
Certamente è possibile mappare e permettere di individuare le zone in cui gli hate speech, maggiormente twittano; così come certamente questo consentirebbe di meglio attivare campagne preventive di informazione sia attraverso l’elaborazione di materiali didattici e per così dire “formativi” e magari anche attraverso interventi mirati nelle scuole, con incontri allargati alle realtà territoriali. Purtroppo ho motivo di ritenere, che come sempre avviene su certi temi, tra il dire ed il fare ci sia sempre di mezzo il mare e non solo per il clima vacanziero.
Quanto sta accadendo quasi sotto traccia nel territorio bisignanese in queste ore, e si perpetra stancamente da settimane, è invece drammaticamente grave e importante, non già per gli esiti e gli effetti in sé, ma per la gravità con la quale potrebbe riverberarsi e che proprio dalle scuole e nelle scuole, dovrebbe poter essere discusso e analizzato, anche alla luce delle competenze specifiche, delle quali avvalersi, per proporre di poter arginare i danni ed ancor più i guasti e ripartire dal sano senso di comunità amichevole, civile; che non ha smarrito del tutto il senso complessivo del proprio stare insieme pur nelle diversità e nei contrasti di vedute; e quello dello stare con le donne dalla parte giusta: cioè a favore del rispetto e della dignità etica e morale di ciascuna.
Per ripartire, ma soprattutto per trovare le parole all’altezza del futuro che spetta a noi stessi e soprattutto a questa civile e bella comunità bisignanese, in cui le donne non sono meno intelligenti degli uomini. E gli insulti e le offese sono tutti in grado di decifrarle e comprenderle appieno.
Se l’intolleranza si muove online è in corrispondenza si divulgano con estrema leggerezza e superficialità notizie di insulti che si scatenano a raffiche, per alimentare la rete dell’odio, sui social quando il virus della cattiveria si propaga a ritmo dei mi piace e dei condividi che hanno già reso l’odio un sentimento globale, bisogna poter far pure qualcosa. E ciascuno di noi è in grado di riuscire sempre a farla quella cosa, esattamente scegliendo da che parte e con chi stare.
Non è un caso se l’edizione 2018 dello Zingarelli abbia incluso tra i nuovi termini d’uso anche quello di hater. E gli odiatori (e le odiatrici) del web sanno sempre come dare il peggio di sé, specie quando chi legge è una donna.
Gli Uccellini cattivi sono sempre più cattivi, incarogniti e certamente violenti; il carattere virale e geolocalizzato offre la possibilità di retwittare e rende l’idea di una comunità virtuale continuamente in relazione; e l’hashtag offre una buona sintesi del sentimento provato dall’utente, motiva a prendere posizione e scegliere da che parte stare e soprattutto con chi: se con l’identificazione dei diritti delle donne; o con il mancato rispetto per tutte loro; se con l’individuazione delle parole più utilizzate dagli utenti per esprimere odio, o se a qualcos’altro.
Bisogna dunque ancora tanto lavorare, per arginare e contenere queste forme deleterie e maligne, ma soprattutto isolare e condannare ciò che saprebbe definirsi come una vera e propria Geografia dell’odio.
Perché si sa: Chi odia preferisce le donne. Le donne sono il bersaglio preferito per la pubblica gogna, una tendenza rimasta pressoché invariata già dal 2016 e tutt’ora in corso. Segno che l’odio contro le donne ha radici profonde e trasversali; le donne raccolgono infatti il 60% degli insulti, seguite da migranti (13,5%), islamici (11,8%), disabili (8,3%), omosessuali (4,3%), ebrei (2,8%) e infine tutte le altre categorie.
Dicono gli esperti che gli hater misogini si scatenano al nord, calano a Roma, si concentrano in Sicilia e a Napoli, così per lo meno si legge dalla mappa termografica, che permette di visualizzare dove l’odio “si accende”.
Milano, Bologna, Torino, Firenze e Palermo ed ora anche Bisignano, i luoghi in cui gli utenti danno più sfogo alla misoginia online.
I dati allora che confermano una tendenza sono quelli dei social network, che sono diventati il veicolo principale per le violenze di tipo psicologico, la forma di violenza più diffusa tra le donne specie quelle con un ruolo pubblico; il sessismo infatti nelle aule di 171 paesi, ha inoltre trasformato i social network nel veicolo principale per operare pressioni e minacce. Dunque sarebbe sbagliato considerarli o pensare a spiegare tali fenomeni come a “casi isolati” Offese, insulti, turpiloqui: le parole più ricorrenti usate per offendere le donne; che hanno sempre a che fare con un corpo degenerato o degradato nelle sue funzioni sessuali.
Del resto il bersaglio dell’offesa online ai danni delle donne è quasi sempre il loro corpo, poco importa se siano offese rivolte al genere, all’orientamento sessuale, al paese di provenienza, alla fede o all’etnia.
Nel regno della smaterializzazione dei corpi, il corpo si aggiudica invece contemporaneamente il primato “negativo” e viene chiamato in causa solo per essere messo a processo, da chi invece il proprio corpo e magari anche la propria identità, ha invece tutto l’interesse a nasconderla e celarla.
Inutile quindi sottolineare che alla base delle comunità di hater, c’è proprio l’anonimato: quella cattiveria online che si nutre dell’assenza di chi insulta e verrebbe da aggiungere, non tiene abbastanza conto della presenza di chi si trova dall’altra parte.
I casi di cyberbullismo hanno insegnato nella cronaca nera, quanto il suicidio sia diventato la prima causa di morte per le adolescenti tra i 15 e i 19 anni.
Infine come non considerare che la forma di violenza più diffusa che è naturalmente quella psicologica, si rafforza esattamente nei social network, che ne sottolineano giusto apposta, il rapporto e ne sono diventati il veicolo per eccellenza; così in questo modo è fitta la rete di atteggiamenti verbali e prossemici, capaci di rafforzare così tanto gli stereotipi, ed è proprio questa che si vuole con questo intervento scongiurare.
Di solito quando una donna prende la parola, con un tono di voce alto accade anche che le venga fatto segno di abbassare la voce, magari portando un dito alle labbra, come si fa con i bambini; cosa che non succede mai quando è un uomo a parlare ad alta voce.
Descrivere gesti e suoni impregnati di connotazioni sessuali e regolarmente utilizzati nei confronti delle donne, come fischi, “baci volanti”, strette di mano che prevedono l’uso “molesto” di un dito, sono una triste rappresentazione di violenza continua, a cui le donne sono costrette.
Dover costantemente affrontare critiche o commenti relativi al loro aspetto, al modo in cui si esprimono e si comportano e al ruolo che dovrebbero svolgere; e al tempo stesso essere poste costantemente al centro della discussione per il loro essere troppo o troppo poco “femminili” sono espressioni da condannare e reprimere; lo stesso vale per lo stato coniugale, emotivo, sessuale e della loro vita familiare, immaginata o reale, a cui molte donne si sentono costrette.
Un’ ultima considerazione infine intendo svolgerla circa le conseguenze sul pieno e corretto svolgimento dei mandati politici affidati a donne, che dopo questa disamina, sono sin troppo facilmente immaginabili. Perfettamente in linea con quella più ampia e tramandata narrazione secondo cui le donne “non sono fatte per” o “non devono immischiarsi in”.
In questo caso, in politica una delle caratteristiche e degli obiettivi principali della violenza di genere in questo settore, è infatti proprio quello di “scoraggiare le donne, in particolare a essere o diventare attive in politica“.
Questo “costituisce chiaramente una violazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali, tra cui l’obbligo di garantire che le donne possono partecipare ai processi politici pienamente, liberamente e in sicurezza, come sancito in diversi strumenti internazionali, ad esempio il Patto internazionale sui diritti civili e politici, la Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne (CEDAW), la Piattaforma d’azione di Pechino e gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS).
Non stiamo dunque parlando qui di un singolo uomo contro una singola donna, ma di una logica raffinata e sofisticata, volta alla creazione di una barriera che scoraggi le donne alla partecipazione politica, è quasi una strategia scientifica, di cui ne siamo ancora troppo poco consapevoli.
Del resto se quella barriera la superi, ti trovi in difficoltà a svolgere il tuo lavoro e a sfruttare al massimo le potenzialità che ci sono dentro.
Un esempio concreto: possiamo ricavarlo dagli attacchi ricevuti dalla più famosa deputata Laura Boldrini, attacchi che hanno teso a metterla in grande difficoltà, ma anche a demolirne il lavoro con l’intento di renderla impacciata. Certo, la Boldrini ha resistito, perché la sua robustezza psicologica, non ha consentito di farle fare passi indietro, per scoraggiarla. Ma è qualcosa che è già successa, e che tristemente, è lì in agguato e potrebbe ancora ripetersi; per un’altra donna o per cento, mille altre donne ancora.
E’ successo a tutte quelle donne che lavorano nelle istituzioni e in politica; è successo a tutte le donne di essere scoraggiate e non sostenute né sorrette almeno una volta nella vita; e in un modo o in un altro, abbiamo tutte ascoltato frasi e stereotipi dell’immaginario sessista del tipo: io una così non la sposerei mai o se avete i calori, trovatevi un fidanzato; frasi notoriamente proferite proprio nei momenti in cui agisce il conflitto.
Dunque sulle ragioni di tali atti o comportamenti, sulle loro conseguenze per tutti, ma soprattutto sulle soluzioni disponibili nei vari paesi, ancor più nelle nostre comunità; è indispensabile interrogarsi, al fine di prevenire questi comportamenti.
L’invito a questo punto vorrei se possibile rilanciarlo proprio alle donne delle istituzioni; che vorrei richiamare affinché continuassero a sapersi spendere, di più e se possibile anche meglio, soprattutto dopo gli incresciosi avvenimenti ingiuriosi e sessisti di queste ore; a sostegno di un intervento in favore della prevenzione e della resistenza (anche quando ne diventano loro malgrado bersaglio ingiustificato).
Fare ordine in casa propria per dare l’esempio e fermare la discriminazione e la violenza contro le donne a tutti i livelli della società, è dunque indispensabile; ne va dell’efficacia delle azioni di tutti e soprattutto delle scelte politiche delle parti; dei progressi verso la parità tra uomini e donne e la vitalità della democrazia stessa, da cui dipende l’impegno della comunità civica bisignanese.
Perciò l’ ‘educazione alla parità tra i banchi di scuola resta il primo imperativo al quale guardare. Circa poi la mia reazione di fronte agli attacchi scomposti e molteplici di quest’ultimo periodo, resta il mio rifiuto a tutte le forme codarde ed agli attacchi ibridi: argomentazioni senza spessore, toni caricaturali, nessuna capacità di citare fonti, banalità, falsità ma anche diffidenza, toni violenti, diffamazione ed un’aggressiva chiamata alle armi dimenticando che, a fare così, il terreno di battaglia diventano i ragazzi e le ragazze, i bambini e le bambine della nostra comunità bisignanese.
Mi fa specie perciò pensare che in alcuni casi siano stati proprio dei genitori a gridare al lupo rivolgendo malevoli intenzioni; invece di cercare spiegazioni di conoscenza e comprensione di certe perplessità.
Questo ha un solo unico significato: Significa che queste persone consegneranno i propri figli per otto ore al giorno a delle persone di cui non si fidano e di cui bisogna aspettare il passo falso, l’errore, la caduta così da poterle cogliere in flagrante e massacrarle.
Più è profonda la cattiva fede, più ci si ritira tutti, armi e bagagli, dalla società che ci appartiene; anche se è roba nostra, che abbiamo il dovere civile di difendere, proteggere, custodire, in ogni istante, gridando all’occorrenza com in questo caso quanto sia bello poter gridare “io sto dalla parte delle Mignatte” .