Il calcio ha bisogno di informazione seria

Letture: 2071

Il Ministro Paolo Gentiloni ha deciso di proporre che “l’informazione sul calcio svolta da giornali, radio e Tv sia improntata al massimo equilibrio, arginando fenomeni di intolleranza ed esasperazione. In particolare l’impegno assunto è teso a contrastare ed isolare quelle forme di pseudo-informazione sportiva che alimentano, anche attraverso risse verbali, comportamenti antisociali e che in taluni casi ispirano direttamente violenze organizzate, rispetto alle quali è necessaria la massima fermezza”. Mi calcioscommesse1-300x196permetta di ringraziarla, Signor Ministro, perché il calcio ha bisogno soprattutto di informazione seria. Nel prendere questa decisione – ci auguriamo ferma – forse proprio lei avrà notato che ci sono tante, forse troppe, trasmissioni televisive, ma anche articoli giornalistici, che hanno fatto del calcio un giocattolo difficile da comprendere. Dove, specialmente, le numerose moviole aizzano, da una parte o dall’altra – a seconda delle prerogative – gli spettatori al punto di inculcare nelle menti dei tifosi elementi di destabilizzazione che poi possono sfociare anche nella violenza Anche la tecnologia, allora, ha generato e genera violenza e sarebbe meglio tornare al calcio di una volta. L’arbitro sbaglia? Può sbagliare, perché è un uomo, ha un attimo di tempo per decidere e sarebbe meglio, forse, che non venisse aiutato da strumenti tecnologici come auricolari, microchip o altri aggeggi similari, ma solo dalla sua preparazione, dal suo intuito e dalla sua buona fede. Sarebbe meglio, quindi, che i media (giornali inclusi) la smettessero di parlare sempre di sudditanza psicologica, di episodi a favore o a sfavore, di partite pilotate o di griglie arbitrali. In campo vanno sempre gli uomini: undici da una parte, altrettanti dall’altra, e tre anzi quattro che devono far rispettare le regole. Televisioni, telecronisti, commentatori, editorialisti e via dicendo devono fare la loro parte, d’accordo, ma senza incidere negativamente e criticare soltanto le scelte arbitrali, essere sempre contro qualcuno o essere sempre per delle pseudo – verità che non fanno altro che confondere le acque. Ed accendere delle micce. Insomma, il calcio non può convivere con la cultura del sospetto, che tanti guai, anche dal punto di vista della violenza, ha generato in questi ultimi anni. Ognuno faccia il suo dovere, senza esagerare. Magari chi è più furbo e saprà fare il suo lavoro andrà avanti, ma non per questo vorrà dire che avrà disatteso le regole. O almeno sarà tutto da dimostrare. Torniamo, in definitiva, al calcio di una volta di cui molti ne sentono la nostalgia. Il calcio, ovvero quel gioco che da più parti è stato sempre definito il più bello del mondo, che, in altri termini, credo che manchi un po’ a tutti, specie a chi non è più un ragazzino. Specie quello di fine anni ’70 inizi anni ’80, tanto per fare un esempio. La tecnologia, le televisioni, gli sponsor di questi anni hanno creato un calcio “business” che non ha nulla a che vedere con la tecnica, la tattica, il divertimento allo stato puro che si aveva anche alla vigilia di mettere soltanto piede in uno stadio. Torniamo ad un calcio genuino fatto di bandiere, intese come giocatori-simbolo, come oggi possono essere i vari Maldini, Del Piero e Totti, ultimi di una generazione di “non mercenari”. In Italia, se ci pensiamo, oltre a voler essere cinquanta milioni di commissari tecnici quando c’è da scegliere la nazionale di calcio, vorremo essere tutti competenti a dire la nostra su cosa è giusto o sbagliato. Impariamo, invece, a fare gli spettatori cosi come fanno in Inghilterra, dove il fenomeno hooligan è stato fermato anche da tanto fair play, specie da parte dei calciatori che non protestano sempre e che non si appigliano a tutto per alimentare polemiche deleterie. E che non sono per questo aiutati anche da trasmissioni televisive di comodo come in Italia. Il calcio, il calcio vero non è fatto di queste cose…Capiamolo, una volte per tutte, altrimenti dovremo rassegnarci a perderlo.

Alessandro Amodio

*articolo scritto nel 2007 ma sempre attuale