Il problema razzismo nella Nba

Letture: 2921

È cominciata con un sms di Derrick Rose, guardia dei Chicago Bulls, a Randall Hampton, suo manager. Èandata avanti con alcuni giocatori Nfl, ma è diventata virale dopo che, al Barclays Center di Brooklyn, prima della partita fra i Nets e i Cleveland Cavaliers, sei giocatori (fra cui LeBron James) si sono presentati in campo con T-shirt nere e la frase “I can’t breathe” stampata sul petto.

Le ultime parole pronunciate da Eric Garner, un afro-americano disarmato, mentre veniva sofocato da un poliziotto bianco a NewYork nel luglio scorso, sono diventate lo slogan per l’ultima campagna per i diritti civili. Con il loro attivismo sociale le star del basket hanno travolto la patetica linea difensiva della lega che voleva tenersi fuori da certi temi sociali. Èsolo l’ennesimo tentativo di far credere che lo sport viva su un mondo parallelo rispetto a quello reale e che fra i due non ci sia, né ci debba essere, alcun collegamento.

Il mondo del Basket Nba non è nuovo nel trattare temi come quello sulla lotta al razzismo: nel 2007 è stata pubblicata una ricerca che dimostra come i preconcetti razziali influiscano anche sugli arbitri della Nba al punto che “le probabilità di vittoria di una squadra risentono in modo evidente dalla composizione razziale della terna arbitrale assegnata alla partita”.

Gli autori dellostudio (Joseph Price, all’epoca dottorando in economia alla Cornell University, e JustinWolfers, all’epoca assistente professore alla Wharton School of Business) hanno esaminato tutte le partite di stagione regolare fra il 1991 e il 2004, per un totale di quasi 600 mila falli. E hanno scoperto che gli arbitri bianchi sono più inclini a fischiare contro i giocatori neri – e viceversa, sia pur con un’incidenza percentuale inferiore. Con una terna arbitrale tutta bianca, i giocatori neri si vedono fischiare più falli rispetto a quanti ne vengono sanzionati da una terna nera, nella misura del 4,5 % (che scende al 2,5 se un solo arbitro è bianco).

Di più: quando gli arbitri sono di razza opposta, i giocatori segnano meno punti, prendono meno rimbalzi, fanno meno assist e perdono più palle.Un solo aspetto del loro gioco non subisce conseguenze statistiche: i tiri liberi.

Naturalmente non c’è nulla di voluto in tutto ciò: è l’inconscio che interviene in questi casi, con decisioni da prendere in frazioni di secondo e quindi l’inconscio influenza fortemente ogni pensiero dell’arbitro e dei suoi assistenti. Nonostante questo, però, si comprende benissimo come il tanto odiato razzismo sia un fenomeno non ancora debellato nemmeno in uno sport dove i giocatori di colore sono la maggioranza.

Armando Zavaglia