Ius Primae Noctis: La Leggenda di una Donna e del Principe di Bisignano

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È nostro dovere, come custodi della memoria collettiva, raccogliere e narrare le leggende che tessono la trama della nostra identità culturale. Tra queste, vi è la leggenda del principe di Bisignano e lo ius primae noctis, un presunto diritto feudale che, permetteva al feudatario di sostituirsi al marito nella prima notte di nozze, in occasione del matrimonio di un proprio servo della gleba.

Si narra che, nelle notti di vento e allo scoccare della mezzanotte, due ombre si elevano nell’oscurità, abbracciandosi intorno al castello di Bisignano come sinistre messaggere di sventura. Si dice che le giovani donne nubili che incrociano il loro cammino siano destinate a un futuro matrimonio infelice o, secondo altre versioni, a rimanere per sempre zitelle.

Questa credenza affonda le radici in un’epoca remota, nei tempi oscuri del Medioevo e vede protagonista un principe della famiglia dei Sanseverino, signori di Bisignano. Questo principe, secondo la leggenda era noto per la sua rigida amministrazione, ed esercitava il diritto dello ius primae noctis: esigeva che ogni sposa del feudo trascorresse con lui la prima notte di nozze. Un giorno, s’ammogliò il suo servitore più fidato e lui, ostentando benevolenza, gli domandò che volesse come regalo di nozze. Il giovane chiese solo che la sua donna fosse esentata dal diritto della prima notte ed il principe glielo concesse, degnandosi pure di invitarli entrambi a cena per la sera stessa del matrimonio.

Gli sposi, la sera delle loro nozze, furono accolti nel castello illuminato a giorno, per cenare con il principe. La serata si dipanava tra l’opulenza del castello, con una tavola imbandita di prelibatezze e argenterie scintillanti: un vero sogno per la giovane coppia che era abituata a vivere umilmente. Ma, mentre la festa raggiungeva il suo apice, il maggiordomo si avvicinò allo sposo sussurrandogli qualcosa all’orecchio. Con un’espressione di sincero dispiacere, lo sposo annunciò di dover fare una “imbasciata” e si allontanò. La giovane sposa rimase sola con il principe, i cui atteggiamenti divennero progressivamente più intimi e sconvenienti. L’assenza prolungata del marito e le insistenze del principe aumentarono il disagio della donna. Alla fine, il signore del castello, frustrato dal rifiuto della sposa, chiese con un gesto autoritario che fosse servito il dolce. In una scena macabra, due guardie entrarono portando un vassoio con sopra la testa recisa dello sposo. Alla vista, la donna emise un urlo straziante, si lacerò il viso e i capelli in un gesto di puro terrore. Il principe, approfittando della situazione, la costrinse brutalmente, consumando il suo atto nefasto sulla tavola festiva, sotto lo sguardo vuoto della testa mozzata posta sul vassoio.

La sposa fu tenuta prigioniera nel castello per cinque giorni, soggetta alle voglie del principe. Dopo essere stata scacciata, la sua mente si perse in un delirio febbrile, un tormento che la condusse alla follia. Le leggende locali raccontano che la donna morì in uno stato di totale abbandono, rifiutando cibo e acqua, lasciandosi morire di consunzione. Fu quindi seppellita nel cimitero di Bisignano. Si dice che il suo spirito, unito a quello del marito, vaghi ancora oggi, tormentato dal ricordo di quell’atroce violenza e che torni nelle notti di vento a maledire il principe e i suoi discendenti, con lamenti disperati che risuonano ancora oggi.

Questa è una delle tante leggende che vengono tramandate da generazioni e che si può ancora ascoltare tra l’eco delle voci dei più anziani della Città.
Alcuni studiosi sostengono che lo ius primae noctis, menzionato nella leggenda, sia più mito che realtà, un simbolo della dominazione feudale piuttosto che una pratica effettivamente esercitata. Infatti sembra che non ci siano fonti che dimostrino l’effettiva esistenza di un simile diritto. Tuttavia, la sua presenza nelle narrazioni popolari riflette il potere delle leggende di plasmare la nostra comprensione del passato e di influenzare la cultura di una comunità.