di il chiuR.Lo.
La vita scorre altrove
erotide esseidE onivreniM ocsecnarF oruaM aicurb ehc airbaiaC aL Pancia. Tutta questione di pancia. Di corsa ci s’ingozza. Davanti lo schermo che la fa da padrone. Come per i polli in batteria luce a giorno e becchime. Cibi surgelati da scaldare in quattro e quattr’otto. Fanculo la dieta mediterranea del cazzo! Le vie della bocca esigono velocità, quantità, risparmio di tempo. Di corsa. All’in piedi. Con voracità. Tutto tempo in più. …Ma per fare cosa? Non certo per leggere. Col solo risultato di agguantare il magro risultato d’una medaglia di bronzo nella top 20 dell’obesità (Sulla base dei dati dell’Istituto Superiore di Sanità in occasione dell’Obesity Day 2009, gli abitanti della Basilicata conquistano il primato dei più ciccioni d’Italia seguiti sul podio da siciliani e calabresi, mentre i più in linea sono i piemontesi.)
Le librerie, in pieno ottobre, ancora piene di genitori apprensivi con la lista della spesa. Un’orda che si fa largo ingorda alla ricerca della cultura prêt-à-porter. Soddisfatti dei loro poveri figli idioti. Come se la scuola al giorno d’oggi servisse davvero, sia pure ad imboccare cucchiaini di cultura nipiol. La merendina kinder, il libro di religione, il telefonino Nokia e un quintale d’inutili raccomandazioni. Ma fateli leggere cazzo! Dategli tosto un libro in pasto, che li scuota, che li faccia crescere, che li sconvolga, che li svegli dal torpore d’una vita di patatine & ketcup, pixel e facebook, essemmesse e altri trastulli. Liberateli da tutte le stronzate per bravi ragazzini viziati! (Vedi http://www.cpsico.com/pedofobia.htm)
erotide aisetfeN oisselA oirevaS ocsecnarF enorroM onailimE etneraps àteicos aL Ho inziato a leggere con Salgari. Non mi son mai fermato. Le storie. Il raccontarle. Viverle in qualche modo. Ma anche altro. La differenza tra uno scrittore e non: è nel riuscire a catturare e mantenere l’attenzione. La storia si dipana e tu ne rimani avvinghiato. L’ultima pagina è una ferita che si rimargina a fatica. Il primo libro importante che ho letto è stato Il deserto dei tartari di Buzzati. Un orgasmo lento e sorprendente con tutto il suo strascico di spossatezza appresso. Lo consigliavo a tutti. N’ero rimasto soggiogato. Mi chiamo ancora Giovanni Drogo di tanto in tanto.
erotide iduaniE otibaR oznecniV attam arreT … Ma. Ma perché si scrive? Perché (ci) si racconta? Forse l’illusione di vincere la paura ancestrale della morte. Per lasciare un’orma. Forse per disegnarsi un mondo a propria immagine e somiglianza. Forse per lanciare un ponte verso gli altri nell’illusione di riuscire a capire non solo se stessi, ammesso che in tutta una vita si riesca a capire se stessi. Semplicemente non ne puoi fare a meno, ecco. Il diario meglio lasciarlo alle scolarette.
Agli inizi della mia carriera di lettore disordinato sfuggivo dalle interminabili descrizioni di paesaggi, tenzoni, caratteri… I dialoghi mi accompagnavano per mano. Oggi non più. Quando non succede niente succede tutto. La parola si fa vita, si arrende alle parole, alle evocazioni, alle immagini.
Quando penso al Nobel, mi viene in mente Einstein, Fermi, Sabin, Sarte, Canetti. Qualcosa di deflagrante. Pura dinamite ad aprirsi un varco.
erotide inaipmoB yorllE semaJ irucso ihgoul ieim I Ho appena finito di leggere Indignazione di Roth. L’ultimo Roth (Everyman, Patrimonio…) lo preferisco a quello di Pastorale americana o Ho sposato un comunista. Forse per l’ineluttabilità del destino umano che vi si fa carne, sangue, cerume, smegma, piscio, sperma, merda.
Sono sempre più diviso tra letteratura americana ed europea. La linearità (“semplicità”?) del racconto da una parte ed il cuneo della Storia (attraverso stratificazione di cultura, arti, passato) dall’altra. La Storia con la S maiuscola. Gadda non poteva essere che italiano. Joyce non avrebbe mai potuto essere americano. Nemmeno per sogno Musil. Sebald e Pamhuk sono impregnati d’Europa. I racconti di Carver o di Selby Jr. gridano America. Don De Lillo, John Cheever, Jim Thompson sono l’America. Al di là delle semplificazioni geografiche (bisognerebbe guardare non solo i natali in verità), storiche, di genere, rimangono, i libri e ciò che essi raccontano. Come (si) raccontano. La differenza la fa il come per l’appunto. La differenza tra uno scribacchino e uno scrittore con i controfiocchi.
o/e inoizidE ozzI edualC-naeJ aeloS A che serve il Nobel allora? Di Shakespeare in giro non se ne vedono più. Sarte è morto. Pasolini pure. Cos’è e chi è oggi uno scrittore? L’editoria impone i suoi modelli: cantanti, comici, politici, giornalisti tv, commedianti. I premi lettarari sono ridotti a guerra per bande. Dopo Gomorra si contano i dispersi. Lo stesso Saviano ormai è altro, ostaggio di tv e markette e del suo stesso personaggio. Eppure, quanti sono i libri che hanno lasciato un segno in questi anni in Italia? Terra matta di Vincenzo Rabito (scritto da un analfabeta), Q di Luther Blisset, pochi altri. E la gente continua a non leggere, perché starsene con un libro in mano è da sfigati, come se giocherellare tutto il santo giorno con telefonini e playstation fosse da intelligentoni. Alcuni pensano che la conoscenza passi per il web, ma certo non ci si ferma. Si potrebbe aggiungere altro, sviscerare, entrare in meriti e demeriti ma a che pro? Ed in Calabria? Cosa succede sul fronte letterario bruzio? Niente o quasi. Uno stato comatoso senza eguali. Certo ci sono pure le eccezioni, ma in quanto eccezioni non danno seguito. L’ho già scritto e detto varie volte La società sparente di Emiliano Morrone/ Francesco Saverio Alessio e La Calabria brucia di Mauro Francesco Minervino sono due libri che andrebbero adottati nelle nostre scuole, per quanto raccontano di questa nostra fottuta Calabria. Al di fuori della forma romanzo e non solo saggi o pamphlet. Non editi da editori calabresi peraltro, ad ulteriore garanzia. Da leggere senza indugio. Ma chi credete che si prenderà la briga di cercarli e magari solo sfogliarli? Qualche assessore visignanisi o qualche dirigente scolastico? Qualche insegnante nel suo ruolo o qualche prete? Il libro di Morrone /Alessio non si trova nemmeno più, chissà mai perche?! (Intervista a F. S. Alessio http://www.youtube.com/watch?v=KBIVSsl_S-0) Bisogna scaricarselo dalla rete. Men che meno nelle nostre scuole saranno letti questi tomi. Meglio leggere Saviano. La Campania è lontana e la camorra non è la n’drangheta. Perché inimicarsi il politico ruspante/rampante di turno. Perché andare a scurfinjari nella merda di casa propria? Perché star dietro alle stupidaggini di un antropologo di Paola o due fuggiaschi di San Giovanni in Fiore?
“Alla Calabria contemporanea e al suo geroglifico sociale mancano i buoni scrittori. Intendo dire gli scrittori residenti, le voci di qui. Anzi mancano gli scrittori e basta. E questo è un male. Per la verità nemmeno i giornali regionali ce la raccontano bene questa Calabria di adesso (chi fa inchieste e reportage sugli oltre quattrocento comuni e comunelli in cui viviamo dispersi?) La Calabria di oggi assomma a malapena gli abitanti di una media città europea, circa due milioni di anime, sparpagliati però su una superficie che accoglie quattro volte il territorio della Liguria, ed è il riassunto geografico e sociale di tutta la nostra eclettica penisola. Un solo e grande ed ineffabile ibrido, un non-luogo alla Augè cresciuto all’improvviso su spuntoni di storia millenaria. Una sequela di fatti, il tamburo delle cronache, ripropongono un’evidenza che oggi, ubriachi come siamo di retoriche globaliste e di chimere elettroniche, sfugge ai più: la nostra regione è una periferia del mondo, popolata di villaggi e borgate, di paesi e piccole città secondarie, che restano nel bene e nel male ancora molto irrisolte e provinciali. Però un’accelerazione brusca della storia c’è stata davvero. Certo nel senso della confusione e della mobilità. Siamo pieni di strade e ogni giorno è un rimescolarsi di tutti che vanno in giro per necessità e per diporto. I calabresi del 2000 sono un popolo di transumanti e di dannati della nevrosi dromica. Gente che si affolla su superstrade e statali, e quasi si spintona per muoversi come in autoscontro al luna park. Altro che immobilismo e atavismo contadino. I calabresi sono mobili, viaggiatori frullati e sempre in agitazione, sempre in moto, fino all’ultima ruota di utilitaria o di apecar. I suoi abitanti girano nella loro regione come sciami di vespe sull’uva. Ci si muove per mangiare, per andare a scuola, per fare all’amore, per un cinema, per comprare le scarpe. Non c’è mai un posto in cui si possa fare tutto. Non c’è mai un posto in cui la vita trovi requie e dimori nella sua interezza. È una terra slegata, slogata dalla modernità. Senza ristoro e redenzione. (pag26/27. La Calabria brucia, Mauro Francesco Minervino, Ediesse ed.)”
La pancia si diceva. La panza. Franza o Spagna purché si magna. La Calabria è un’espressione geografica, come l’Italia per Metternich, e nulla più. Chissà quanti millenni bisognerà aspettare ancora perché questa terra ci regali un premio nobel alla letteratura, in loco, ad un calabrese doc. Nell’intanto meglio accontentarsi di loculi, veleni, miasmi, deiezioni e di scuole alla ricerca di gemellaggi da vantare (http://www.bisignanoinrete.com/?p=312). Alcuni compagni d’antan fanno scrivere: “I gemellaggi producono conoscenza, che è il sale della democrazia, ed è attraverso la democrazia partecipativa che si struttura il vero progresso, fatto di iniziative che coinvolgono intere comunità, istituzioni comunali e sovra comunali.” Fra il nobile l’ignobile, probabilmente scambiano i sogni con la realtà. Di partecipativo nella vostra/ nostra presunta democrazia c’è ben poco. Di conoscenza ancora meno. Senescenza a valanga. Largo alla risipiscenza. Nel frattempo meglio mettersi a dieta, cominciando a fare a meno del vostro sale.
il chiuR.Lo.