“Frammenti di vita”, Vitaliano Fulciniti racconta “L’umanità al tempo del coronavirus”.
È il suo secondo libro sulle esperienze al CARA di Isola Capo Rizzuto
— Un libro scritto da un autore di livello, una persona veramente impegnata nel sociale. Non è sicuramente un rancoroso, al contrario di chi nella vita sa parlare solo male degli altri o scopiazzare inutilmente —
Un anno dopo “Dall’accoglienza all’integrazione. L’esperienza del Cara Casa del Regional Hub Sant’Anna in Calabria”, Vitaliano Fulciniti dedica, ancora per Rubbettino editore, un nuovo libro al Centro Accoglienza Richiedenti Asilo di Isola Capo Rizzuto (Kr). È infatti appena uscito “Frammenti di vita. L’umanità al tempo del coronavirus”, secondo capitolo di un progetto di più ampio respiro sui suoi 14 mesi alla guida del Cara di Isola Capo Rizzuto.
Si tratta di un viaggio attraverso pensieri, emozioni, ricordi personali dell’autore, ma che potrebbero essere anche collettivi. Un viaggio diviso in due parti. La parte prima costituisce un diario, il diario dell’autore sulla sua esperienza da direttore del Cara, «un quaderno – come lui stesso lo definisce – fittamente ricoperto di appunti, disegni, spazi e punti in sospeso… frammenti pendenti». Nella seconda parte (“Con loro ovunque”) trovano invece collocazione le storie dei suoi ex collaboratori e di alcuni vecchi ospiti del centro.
«Nei lunghi giorni di pandemia – scrive Fulciniti nella premessa – rinchiuso in casa unitamente alla mia famiglia nel pieno rispetto delle rigide normative di distanziamento sociale, ho cercato di sfruttare al massimo le potenzialità offerte dai sistemi di comunicazione a distanza, trascorrendo molto tempo a dialogare con tanti amici fra i quali, in particolare, i miei ex collaboratori del Regional Hub Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto, ovvero con quei fantastici compagni di un esilarante viaggio durato quattordici mesi. Da questi dialoghi, animati da scambi di vedute sull’attuale situazione e su differenti punti di vista su come potrà diventare il mondo domani, è nata l’idea di collazionare i nostri sentimenti comuni; i sentimenti di chi ha vissuto per poco o molto tempo con soggetti fino a ieri relegati a vivere ai margini della società in quanto rei di essere nati nella parte sbagliata, in quei territori da dove sono costretti a fuggire a causa della follia omicida di chi ritiene di poter liberamente spadroneggiare. Dai dialoghi costanti si è rinsaldata la consapevolezza che quelli che ieri erano pronti ad accogliere i poveri disperati sbarcati sulle nostre coste, malnutriti, spesso spogli o bagnati, con sui corpi i segni della violenza subita, ammutoliti, con sguardi smarriti e occhi che non riuscivano a versare neanche una lacrima, oggi necessitavano loro stessi di una parola di conforto, di un abbraccio che seppur virtuale, li potesse rassicurare sull’incerto avvenire». L’autore racconta inoltre di come abbia trovato conforto, nei giorni tetri e bui della prima ondata, nella rievocazione delle parole dei propri genitori nel ricordare i momenti difficili passati nel corso della loro giovinezza durante la Seconda Guerra Mondiale e delle carestie che non sono seguite. Quelle parole sono state un potente siero che ha permesso a se stesso di ripetersi e ripetere che «[…] anche questa pandemia finirà e noi torneremo a vivere sereni in un mondo che sarà sicuramente migliore… un mondo dove non esisteranno più distinzioni di razza, sesso o religione, dove ogni fratello sarà disponibile per tutti i suoi simili… un mondo nel quale tutti apparterremo ad una sola razza: la razza umana […]».
La prefazione di “Frammenti di vita. L’umanità al tempo del coronavirus” è a cura del dott. Andrea Sberze.
Degna di nota è anche la copertina realizzata dalla pittrice Monica Arabia. Si tratta di un disegno fatto a matita in cui sono raffigurati due volti, uno maschile e l’altro femminile. Il volto della donna con la mascherina indica il mondo che ci circonda, oggi malato, estremamente vulnerabile, una terra che non avrebbe mai immaginato di dover affrontare una emergenza tanto devastante. Il volto maschile indica invece quello che in molti definiscono il sud del mondo, quella terra troppo spesso violentata e martoriata e dalla quale molti fuggono per trovare fortuna, come tanti immigrati, che desiderano solamente scappare da una terrificante realtà. Il suo volto è triste ma allo stesso tempo sorride poiché percepisce la nostra sofferenza, quella sofferenza che lui ha già vissuto e che continua a vivere anche oggi. La sua mano poggiata sulla spalla assume il significato di coraggio, di sostegno e soprattutto della speranza che tutti insieme si possa costruire una società migliore abitata dall’unica razza, quella umana.
L’AUTORE
Vitaliano Fulciniti, laureato in Consulenza e Controllo Aziendale, ha lavorato nella Guardia di Finanza e per la Presidenza del Consiglio dei Ministri. In pensione da cinque anni, è stato Amministratore Giudiziario per il Tribunale di Catanzaro e per l’ANBSC e dall’1 gennaio 2018 al 29 febbraio 2019 direttore del Regional Hub Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto (Kr).