Lavoro in nero: In Calabria il primato dell’irregolarità

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Un esercito «numeroso e agguerrito», «micidiali concorrenti sleali» di quelle imprese che operano secondo le norme. I 640 mila irregolari, setacciati da uno studio della Confartigianato, sono lavoratori insabbiati, senza contratto né partita Iva, che si muovono nel limbo dell’economia sommersa italiana. Tutti insieme valgono quasi il 17% del Pil, oltre 250 miliardi di euro, e crescono con la crisi. Direttamente proporzionali alle fabbriche che chiudono, alle casse integrazioni che si allungano, alle sacche di scoraggiati che si gonfiano. E a quelli che non studiano, non sono in pensione, non cercano un lavoro, ufficialmente. Anche loro, gli inattivi, sempre meno per scelta, sono qui. In rosso e al nero. Più al Sud che nel Nord Est. Più a Crotone, Enna, Brindisi che a Bolzano, Reggio Emilia e Parma. Operano nei servizi (10%). Ma anche nelle costruzioni (8%) e nel manifatturiero (4%).

È la Calabria la regione con il primato delle irregolarità. Nel Meridione il sommerso incide per il 18,3% sul totale della forza lavoro, molto sopra la media nazionale dell’11,8%, il doppio rispetto al Centro-Nord (9,3%). In Calabria quasi un lavoratore su tre (27,3%) non esiste per lo Stato e per il fisco. Non a caso le prime tre province nella classifica degli “abusivi” sono tutte calabresi: Crotone, Vibo Valentia, Cosenza. A seguire, nelle regioni dove dilaga il “nero”, Sicilia, Puglia, Campania e Molise. Meno problemi in Emilia Romagna, regina delle regolarità, come un po’ ovunque nel più virtuoso Nord. Bene anche Trentino, Lombardia, Lazio e Toscana.
Il danno per l’economia nazionale è enorme. L’Iva dovuta ed evasa, ad esempio, è balzata del 24,4% tra il 2008 e il 2009, per un totale di 2,2 miliardi di euro non versati dai 7.513 evasori totali scovati dalla Guardia di Finanza lo scorso anno. Che si aggiungono ai 3.790 individuati nei primi cinque mesi del 2010, per un imponibile pari a 7,9 miliardi. Fantasmi che non hanno mai presentato una dichiarazione dei redditi.
«L’incidenza del lavoro nero in Italia non è una novità, ma la crisi ha spinto molti a infoltire le schiere già nutrite degli irregolari e ci aspettiamo che la situazione possa peggiorare nell’ultima parte dell’anno e nei primi sei mesi del 2011», si allarma Giorgio Guerrini, presidente di Confartigianato, convinto di una ripresa lenta. «Tremonti dice che l’emergenza è finita. Vero per la crisi finanziaria, non per l’occupazione. Il governo ha tenuto la barra dritta sui conti pubblici. Ma senza incentivi fiscali alle piccole imprese sarà difficile ripartire e sconfiggere le sacche di sommerso, specie al Sud. Il costo del lavoro è molto alto in Italia e gli “abusivi” sono un ulteriore fardello per le aziende che assumono».
Molti degli irregolari hanno perso il lavoro durante la crisi. Il totale dei “fuoriusciti” dal marzo 2008 al marzo 2010 ammonta a 338 mila unità. Impiegati, operai, professionisti, insegnanti tra i 25 e i 54 anni: 160 mila donne e 178 mila uomini, in gran parte (230 mila) residenti al Sud. Ora arruolati nell’esercito dei fantasmi.

Fonte: Repubblica.it
04/09/10