L’Ospedale di Praia: la lenta agonia di una struttura e di un territorio

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Lenta, inarrestabile, irreversibile, in un assordante “silenzio generale”, al di là delle lodevoli prese diposizione, singole o collettive, tutte degne di plauso, ma sostanzialmente circoscritte alla “zona”, e quindi ininfluenti, che stanno dipanandosi in queste prime settimane dell’anno di grazia 2012, per lo scarso peso politico” che il territorio esprime, a livello regionale e nazionale, sta consumandosi l’agonia della struttura ospedaliera di Praia a Mare, ormai, a quanto riportato dalla e sulla stampa, giunta al capolinea: ridimensionata, potrebbe sostanzialmente essere addirittura “chiusa”, auguriamoci di no, da qui a qualche mese, per come si paventa!

E’ dunque interessante, adesso, come promemoria e a futura memoria, ripercorrere, virtualmente, le “tappe” di una cronaca di sviluppo, con riferimento appunto e anche alla nascita di un nosocomio, tra i più qualificati, nell’ambito territoriale dell’alto Tirreno cosentino, quale è stato ed è quello praiese, che alcune generazioni “passate” hanno “conquistato”, “combattendo una buona batta glia”!

 

Le comunità di Tortora, Aieta, Praia, S. Nicola e Scalea, per circoscrivere il tema in un ambito ben definibile, hanno conosciuto e patito, dalla fine dell’ottocento e fino a dopo la seconda guerra mondiale, un consistente fenomeno migratorio: Aieta e Tortora, dal 1945 al 1955, hanno perso la più parte della popolazione attiva e giovanile che, insieme a quella praiese, scaleota e sannicolese, “ha arricchito” gli insediamenti, soprattutto d’oltre oceano, particolarmente quelli dell’America del Sud.

In verità, a Praia a Mare, con la nascita e l’affermarsi della piccola industria della lavorazione del crine vegetale “alfa” e con l’incremento della “iniziativa Viscido”, settore legname e derivati, la incidenza del numero di emigranti fu un po’ più contenuta (l’economia locale si basava anche su un numero consistente di addetti alle FF.SS., di carabinieri, finanzieri, ecc.).

Il fenomeno migratorio, in tutta la conca del Noce e fino al Lao, “rallentò” o si “fermò” a partire dal 1954, grazie alla apertura, in quell’anno, delle fabbriche laniere a Maratea e a Praia a Mare, avviate per iniziativa dell’industriale biellese Rivetti: Praia che nel 1951 contava 1.919 abitanti salì a 3.029 nel 1961 e a 3.487 nel 1965! Sei anni dopo, nel 1961, fu costruito ed aperto in contrada Falconara lo stabilimento tessile Lini e Lane ed entrarono in funzione, alla foce del Noce, la PA.MA.FI. e lo Stabilimento Elettromeccanico Calabro: altri nuovi posti di lavoro ed altra ricchezza, diretta ed indotta, per l’intero comprensorio.

 

Non si può tacere, per onestà di cronaca, l’opera “politica”, attenta e lungimirante, portata avanti e con caparbietà, in quegli anni, da tutti i “partiti” allora esistenti. Si ricordano, come esempi esemplificativi, sul versante dell’impegno “sindacale”, gli “addetti” Giovanni Sacco della CGIL e Pio Arini della CISL, e, sulla sponda dell'”intervento” concreto, l’opera incisiva di Giuseppe Serio, allora segretario della D.C. locale, e di Agostino Fortunato, segretario di zona dello stesso partito, che “giocarono”, pietra miliare resta un “documento” stampato all’uopo, un ruolo importantissimo proprio in relazione alla “localizzazione” dell’ospedale di e a Praia, in ciò coadiuvati e sostenuti dal compianto sen. avv. Giuseppe Mario Militerni di Cetraro e dall’indimenticato sen. avv. Gennaro Cassiani di Spezzano Albanese.

Un richiamo è d’obbligo anche per Aldo Nicodemo, del P.S.I., per Franco Fortunato, del P.C.I., per Italo Massara, del PLI, per Giuseppe Guida, all’epoca sindaco, per quanto fatto nello specifico.

Alla fine degli anni sessanta, l’apertura di scuole di secondo grado (Liceo Scientifico a Scalea e Liceo Classico e sezione staccata dell’Alberghiero a Praia) migliorò, sicuramente, il livello delle popolazioni giovanili, gravitanti intorno a questi centri.

Il 1° giugno 1971, popolazione praiese residente di 4.327 abitanti, entrò in funzione l’ospedale civile generale di zona di Praia a Mare che colmò una grave lacuna di assistenza ospedaliera pubblica che, purtroppo, registrava l’alta costa tirrenica calabrese (unica eccezione le “private” di Belvedere).

L’Opera costò oltre 700 milioni di vecchie lire e fu a totale carico della Cassa per il Mezzogiorno, il progetto esecutivo, approvato con delibera del 30.9.1966, fu impegno degli ingegneri Leonardo e Luigi Musumeci di Roma: i lavori furono eseguiti dall’Impresa Valpadana Costruzioni S.p.A. di Piacenza. L’edificio sorse al cospetto del golfo, “sulla collina della Laccata, ad una altitudine di 150 metri sul livello del mare, vicino al centro abitato e isolato nello stesso tempo, in una zona lontana dai rumori della ferrovia, della strada nazionale n.18 e della costruenda superstrada tirrenica, a diretto contatto con gli uliveti della zona”.

L’ospedale occupava un’area di circa 30.000 metri quadri, con una capacità di 180 posti letto, così suddivisi: 60 per medicina; 60 per chirurgia; 30 per ostetricia; 30 per pediatria, con annessi servizi di anestesia, rianimazione, radiologia, analisi e pronto soccorso e attrezzature, tra le più moderne, monitoraggio cardiaco per terapia intensiva, respiratori automatici per rianimazione, ventilatore elettrico per anestesia, elettrobisturi, diagnostica batteriologica, ecc.

Interessanti, per l’azione curativa, seppur riflessa, gli impianti di segnalazione acustico-luminosa, radioaudizione, televisione, richiesta d’udienza, ricerca persone, nonché, tecnicamente avanzati, quelli telefonici, di riscaldamento, degli ascensori, dei parafulmini, ecc. Era stato previsto anche un reparto di ortopedia e un padiglione, completamente isolato, per una sezione “infettivi”, con 14 posti letto.

 

Quel “servizio” sanitario, che vide la luce in “quel lontano 1971”, risolse il problema, sino allora drammatico, della sicurezza sociale e fu tanto più valido ed apprezzato in quanto sorse in uno dei pochi centri industrializzati della regione Calabria, oltre che importante polo turistico: Praia a Mare.

La distanza esistente tra Praia e Lagonegro, 34 chilometri, così come quella tra Praia e Lauria, 22 chilometri, e tra Praia e Napoli o Salerno, 160-220 chilometri, non fu più, sul versante della “sanità pubblica”, un “problema”: l’assistenza, qualificata, si ebbe in loco da medici molto bravi e, fra gli altri e per tutti, ricordiamo Nino Contini, Marcello Florio, Serafino Molinari, Aldo Greco, ecc.

Naturalmente, in questo ambito, vanno ovviamente annoverati e “conteggiati” tutti gli specialisti, il personale paramedico, ecc., oggi in servizio e, per tutti, il direttore sanitario attuale dott. Vincenzo Cesareo.

 

Ora, dunque, proprio per l’ospedale di Praia, peraltro ridimensionato pesantemente, nei mesi scorsi, si è di fronte ad un’altra drammatica evenienza: la possibile chiusura! La si può evitare?

Varranno le “iniziative” circoscritte messe in campo da pochi “volenterosi”, di tutti i colori, come quella di “restituire” i certificati elettorali?

Oppure… tutto è concluso e tutto…è stato consumato? Si speri…si continui a sperare contro ogni speranza…e, soprattutto, si mantenga alto il livello di attenzione nei confronti di un problema così e tanto serio a fronte di una classe dirigente regionale, l’attuale, distante e distinta dal popolo, specie quello cosentino e dell’alto Tirreno in particolare!

Una Giunta e un Consiglio Regionali, con interessi “convergenti” soprattutto su Reggio e provincia, che, comunque e qualunque sarà il risultato, relativamente all’Ospedale di Praia, debbono essere posti di fronte a responsabilità, presenti e future, gravi, pesanti e precise, da una popolazione che è stanca di essere “presa per i fondelli”: è tempo dunque di svegliare tutti e di svegliarsi, di impegnare tutti e impegnarsi, di agire insomma tutti concordemente…per il bene comune!