Martedì 2 settembre 2014 – comunicato stampa
ROMA – L’avevamo detto che la nuova legge sul voto di scambio approvata in Senato il 16 aprile scorso presentava più di una falla. L’alleggerimento delle pene rispetto al quadro sanzionatorio precedente, frutto del patto delle controriforme Renzi-Berlusconi, nascondeva aspetti ben più subdoli sui quali ero pure intervenuto in Aula. Aspetti confermati dalle profetiche parole del magistrato palermitano Nino di Matteo – in prima linea nella lotta alla collusione politico-mafiosa – che già il 12 giugno scorso denunciava a Catania la “prova diabolica” costituita dalla variante normativa approvata, denunciandone i rischi e definendo la nuova legge una “occasione perduta per una repressione efficace del voto di scambio politico-elettorale-mafioso”.
Sono quelle stesse “lacune” che i giorni scorsi hanno permesso al “cuffariano” dell’Udc, Antonio Antimoro (già “Mr. Preferenze” : 25.000 voti alle regionali siciliane del 2008), di poter ordinare qualche vassoio di pastarelle, visto l’annullamento ad opera della Cassazione (con rinvio alla Corte d’Appello per un nuovo giudizio) della sua condanna a 6 anni, inflitta per aver comprato voti da un boss. Come afferma la sentenza della Cassazione, il “nuovo articolo 416 ter” rende “penalmente irrilevanti condotte pregresse consistenti in pattuizioni politico-mafiose che non abbiano espressamente contemplato… il concreto dispiegamento del potere di intimidazione proprio del sodalizio mafioso e che quest’ultimo si impegni a farvi ricorso” ; “ai fini della punibilità, deve esservi stata piena rappresentazione e volizione da parte dell’imputato di avere concluso uno scambio politico-elettorale implicante l’impiego da parte del sodalizio mafioso della sua forza di intimidazione e costrizione della volontà degli elettori”.
In sostanza, il modo di procacciare i voti deve costituire oggetto dell’accordo di scambio politico-mafioso, di modo che il candidato sia consapevole di poter contare sull’esercizio concreto del potere di intimidazione proprio del sodalizio mafioso e dell’impegno di quest’ultimo a farvi ricorso, se necessario : non si tratta certo del moderno controllo mafioso del consenso che procura voti sicuri a quei politici che accettano il patto criminale.
Una legge accolta da cori entusiasti, per l’inserimento di quelle “altre utilità” promesse (oltre al denaro) in cambio di voti, e che – alla prova del fuoco – non solo è risultata inutile ma si è addirittura trasformata in un regalo da parte della maggioranza di governo – sulla cui inconsapevolezza è legittimo nutrire dubbi – ai politici già condannati e dei quali risulta possibile aspettarsi l’assoluzione : già ci figuriamo la bontà del suo utilizzo per ottenere l’incriminazione dei politici che scendono a patti con la mafia !
Ma niente paura perché, nel caso che per qualche politico tutto dovesse andare male, rimane la riduzione delle pene in cui fidare (da 4 a 10 anni rispetto alle precedenti che andavano da 7 a 12 anni) : con 4 anni non scatta l’interdizione perpetua ai pubblici uffici ed è difficile che una pena così esigua si traduca nella detenzione effettiva in carcere.
Se si può dire utilmente la nostra, è l’attuale prospettiva della lotta alla collusione politica-mafiosa che è sbagliata : è scarsamente efficace una lotta a giochi fatti ovvero ad elezione avvenuta del politico colluso. Portare il fenomeno criminoso nel campo giudiziario in tale momento è tardivo ed otterrà comprensibili forti resistenze da parte di chi è stato già formalmente investito della rappresentanza popolare ; occorre intervenire prima. E’ dall’anno scorso che il M5S ha depositato, sia al Senato che alla Camera, la legge Lazzati nella sua stesura originale : essa, portata ed ideata da calabresi e condivisa non solo da parlamentari del M5S, giace in attesa di calendarizzazione in Parlamento mentre potrebbe dare un formidabile contributo alla lotta alla collusione politico-mafiosa.
Siamo stanchi di essere presi per “cassandre” di un sistema corrotto sin dall’investitura dei suoi rappresentanti popolari nelle istituzioni e di continuare a dare battaglia in Parlamento nella colpevole indifferenza dei media al senso autentico della nostra presenza nelle isituzioni. Siamo stanchi – insieme ai cittadini italiani – di dover sopportare un Governo che non da’ risposte ai problemi della nostra società e che di tale incapacità fa mercimonio con un sistema criminale per trarre i frutti del consenso in un contesto reso critico da un’astensione elettorale pari a quasi il 50% ; e tutto ciò mentre vengono tagliate prestazioni sociali ed aumentati i tributi ai cittadini onesti.
È troppo richiamare l’attenzione sulle nostre proposte di riforme a favore dei cittadini ?
Membro Comm. Federalismo fiscale