Muccino, Augias, De Magistris… Padre Pio & il 5G

Letture: 5221

 

Tutto ti annoia. Niente ti appassiona sinceramente. Segui tutto distrattamente. La politica men che meno. La centralità delle televisioni nel dibattito pubblico nazional-popolare però non ti sfugge. Non si prescinde dalle televisioni e da tutte le loro estrinsecazioni possibili e (in)immaginabili. Beninteso, televisioni nazionali. Rai o private nessuna differenza. Una semplice affermazione, fuori dalle riga, di qualsivoglia opinion leader o pincopallino qualsiasi, è più che sufficiente perché il fall out colpisca indiscriminatamente la coscienza collettiva di un’intera popolazione pronta ad indignarsi o ad approvare, schierandosi pro o contro, in un insensata ed inconcludente corsa a chi ha ragione e chi ha torto. La Calabria non si sottrae a questa regola, anzi. Il bailamme scatenato dalla recente affermazione di Augias sulla Calabria terra perduta e i calabresi irrecuperabili ne è solo un esempio. L’intero circo mediatico calabro si è scatenato, non disdegnando ma incoraggiando, direttamente ed indirettamente, il fatto che dall’inclita al colto ognuno potesse dire la sua. È la democrazia dei social, direbbe qualcuno. …Ma nel frattempo, poco più di due lustri dopo, quel qualcuno è riuscito a spiegarlo a Venditti, perché Dio ha fatto la Calabria? E se fosse solo marketing? Non importa che si vada a caccia di voti o di acquirenti dell’ultimo libro o oggetto in promozione, l’importante è veicolare il messaggio nel modo più efficace, per imporre la propria presenza sul mercato.

A volte ho l’impressione che lo spot di Muccino sulla Calabria non fosse molto lontano dalla realtà. Un confortevole rifugio nel passato non è forse quello che ci resta? Cliché e stereotipi sono il nostro pane quotidiano. Il parossismo di una difesa estrema contro le incursioni esterne, non è forse la resa incondizionata alla logica del continuare a farsi i cazzi propri in casa propria? Peccato, però, che non sia consentito a tutti di farseli incondizionatamente nello stesso modo in questo mondo. Ed allora ognuno si arrangia come può e difende con le unghie e i denti il proprio (soprav)vivere, al di là delle apparenze e delle buone intenzioni su Facebook. Se di buone intenzioni sono lastricate le strade dei sogni, in Calabria i sogni non hanno peso e rimangono inchiodati al palo. La realtà, oltre l’uscio di casa è lì a sbattertelo sul grugno ogni santo giorno. I calabresi, intanto non vanno oltre l’autoindulgenza, la remissione dei propri peccati, l’autoassoluzione con formula piena. Basta essere stati, anche per una sola volta, nel pronto soccorso dell’Ospedale civile dell’Annunziata, per esempio, per essersene resi conto. Anche prima della pandemia. Anche prima della stagione dei commissari. Anche prima che la A non avesse surclassato la U nelle logiche della (in)sanità regionale.

I calabresi si sciolgono davanti a ra suprissata ccu ra lacrima e incalzano col piedino al ritmo della tarantella, ma soprattutto non smettono di credere nelle scorciatoie e nei miracoli. Ogni calabrese di buona creanza non fa che nutrire la sua speranza. Ed una volta che la realtà percepita o la televisione gli suggerisce che la luna di miele col politico di turno è finita, s’indigna, s’incazza, starnazza. Berlusconi, Renzi, Conte, Salvini, un cinquestelle a caso o il politico di razza autoctona non fa differenza. Non crede più nella politica e allora si affida al magistrato di turno. De Magistris ieri, Gratteri oggi. Vederselo a Titolo V il nuovo nume tutelare della Calabria, non ti sconvolge più di tanto. De Magistris, del resto, c’è non di rado in televisione! Cambia solo trasmissione come tu cambi stanza.

A qualche anno di distanza dalle sue inchieste, che gli hanno consentito di rifarsi una seconda vita, tutto è rimasto immutato o quasi. Da magistrato a sindaco di Napoli il passo è stato breve. L’autocandidatura per la presidenza della regione Calabria, d’altro canto gli prospetta la possibilità una rivincita. E lui è pronto a riposare solo quattro ore a notte pur di trovare il suo appagamento. D’altronde, la prerogativa di giocare su più tavoli contemporaneamente è propria dell’ubiquità del politico made in Italy! Certo, ci si potrebbe chiedere, nell’economia delle ventiquattro ore quante ore dedicate ad una cosa oppure all’altra, e se la presenza domenicale nel salotto televisivo di Giletti sia da computare nel tempo dedicato alla causa calabrese oppure no, ma io l’agenda di De Magistris non ce l’ho di sicuro sotto mano!

Di magistrati in politica se ne son visti tanti. Da Violante a Di Pietro, ad Ingroia. Ognuno con le sue (s)fortune e non voglio di sicuro dirimere io la vexata quaestio sui magistrati in politica. De Magistris è sindaco, alla fine del suo secondo mandato, ma ancora è tutto da capire quanto la cartolina che ci propone della città di Napoli sia sbrilluccicante e veritiera. Le tenzoni, tutte mediatiche, con il presidente della regione Campania De Luca non servono a chiarire le idee, tutt’altro.

Sinceramente non so cosa augurarmi per le prossime elezioni regionali calabresi. Continuo a pensare che si riponga un’eccessiva fiducia nella politica. Meglio, in questa politica. Un nome, sia pure di valore, non può cancellare d’un sol botto le inefficienze ed i ritardi di cinquant’anni di esistenza dell‘istituto regionale. Perché quello che non gli è riuscito da magistrato dovrebbe riuscirgli da presidente di regione? Perché quel blocco di potere politico-affaristico, masso-mafioso, dovrebbe starsene a guardare? Non è stato forse materialmente cacciato dalla Calabria, così come dice Palamara? E quale ruolo assegnare ai calabresi onesti, quello di (tele)spettatori, clientes o solo consumatori del prodotto finale? Perché è cosi difficile cambiare le cose, possibilmente in meglio?

Negli anni la Calabria si è trascinata di emergenza in emergenza, senza mai invertire la rotta. La pandemia ne ha messo in rilievo tutte le sue debolezze e le sue dipendenze. Negli anni, la presenza di ben tre poli universitari non è riuscita ad assicurare al territorio la nascita ed il consolidamento di una classe dirigente degna di questo nome, continuando a sfornare laureati che spesso e volentieri sono stati costretti ad abbondonare la regione. Le conseguenze economiche e sociali della pandemia rischiano, altresì, non solo di aumentare i cervelli in fuga ma di zavorrare il destino della regione all’ingombrante fardello del debito pubblico italiano. Il recovery fund, inoltre, rischia di tradursi nell’ennesima beffa di un’economia di mercato, per nulla incline alla pietas, ai danni della Calabria e di altre regioni del sud. La crisi climatica ed ambientale è solo un altro spettro, agitato di tanto in tanto, di cui non frega niente a nessuno né in Calabria, né in Italia, né nel resto del mondo. Se il mondo non riesce a contenere, e gestire in qualche modo una pandemia come può pensare di affrontare la crisi climatica ambientale di cui si parla ormai da decenni fra gli addetti ai lavori? Punta dello stivale o marginale lembo dell’Impero, la Calabria fa parte di un mondo con cui noi calabresi ci interfacciamo poco e male, o a sproposito. La pandemia, nonché la crisi climatica ed ambientale dovrebbero interrogarci di più e meglio di quanto non si è fatto sinora. Non ci sono scorciatoie, Padre Pio e miracoli che tengano. Non c’è ancora un App personalizzata per ogni calabrese che gli risolva i problemi  in modo rapido ed indolore. Non c’è un App da mettere a capo di una regione o di un’amministrazione comunale o un App al posto di Conte. Per quanti algoritmi possono controllarci e gestirci al mondo d’oggi, le nostre idee sono ancora ferme a quelle del secolo passato, abusando di un vocabolario (sviluppo, crescita, progresso…) biecamente e ciecamente ottimista.

Quale politica si scaglia contro il partito del cemento ed il consumo del suolo? Quale politica si scaglia contro l’agricoltura intensiva e gli incentivi a quella stessa agricoltura?  Quale politica si scaglia contro i disboscamenti, le cave, i fiumi inquinati, le discariche abusive e semi abusive, i depuratori che ci sono, non ci sono, o funzionano violando le leggi? Quale politica si scaglia contro la caccia? Quale politica è schiettamente per l’acqua pubblica (e contro enti inutili, come i consorzi di bonifica o la Sorical) la sanità pubblica, la scuola pubblica senza se e senza ma? Quale politica si scaglia contro… Certo potrei continuare, ma a che gioverebbe? In queste nostre contrade ed in questo nostro mondo ci abitiamo noi tutti e tutti noi siamo indifferenti (nonostante la citazione a iosa e sempre a sproposito di Gramsci su facebook!) ai mali del mondo, ma per fortuna non tutti (ir)responsabili allo stesso modo.

Non ci resta che sperare nel 5 G per accelerare irreversibilmente un processo dall’esito scontato, però assicurandoci una connessione stabile fino alla fine.

Rosario Lombardo