Reliquie sacre.

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Avrei voluto sbagliarmi. Sinceramente. Se non altro per illudermi che non tutto fosse così scontato e che la speranza non fosse irrimediabilmente fottuta. La vittoria di Sua Umiltà Bisignano non mi ha sorpreso quindi, né tantomeno la riedizione fotocopia del suo cerchio magico o giunta uscente. A più di un mese di distanza dalle elezioni, mentre i manifesti stanno ancora lì a ciondolare stinti e a brandelli, come sacre reliquie d’un due novembre ormai archiviato nella memoria collettiva, manca tuttavia un quadro esauriente ed articolato dei risultati elettorali. Non sopperirò certo io a questa lacuna, ma vale la pena rilevare come sia stata assente, non solo da parte dei soggetti politici coinvolti, la volontà di analizzare il quadro della situazione politica emersa all’indomani del day after (da leggere in senso schiettamente ironico). Certo non sono mancati i ringraziamenti a titolo strettamente personale o le accuse incrociate degli uni contro gli altri armati, non sono mancati gli strali, le contumelie e i godimenti, come pure gli stordimenti e i rodimenti, ma tutto tra il consueto, dell’ordinario, del già visto. Consumatasi l’euforia della vittoria e, di rimando, l’amarezza della sconfitta tutto è ritornato nel torpore e sopore del solito andazzo. Dilapidata la febbre elettorale, la politica, o quella cosa che viene spacciata per tale, è tornata a covare sotto la cenere nel suo sancta sanctorum. Certo meglio non metterci la mano sopra, sotto, in mezzo a quella cenere, per non fare la fine di Muzio Scevola e meglio, altresì, non confidare troppo nel suo tepore per non rischiare la fine di un Pinocchio, ma si ha la netta percezione che, pure stavolta, queste benedette/maledette elezioni amministrative siano state solo un fuoco di paglia e che si siano risolte in tanto fumo e niente arrosto. Nell’attesa del miracolo, auspicato ed auspicabile, che gli elettori si dimostrino finalmente capaci di disperdere ai quattro venti cinnara e gran cerimonieri, ciò che resta della bagarre elettorale è la sensazione di amaro in bocca che si rafforza ogni qualvolta il consesso comunale torna a riunirsi e il parterre degli eletti si appalesa con quelle facce ed espressioni un po’ così… A studiarseli uno per uno, gli eletti, si rischia di non cavarci il classico ragno dal buco, ma è la visione d’assieme che non sfagiola, quasi si fosse al cospetto di sacre reliquie di un passato conservato sotto sale, direttamente ‘ntru salaturu. Reduci di una guerra combattuta non si sa in nome di chi, superstiti d’una prima repubblica andata a male da un ventennio e più, ascari o peones con il loro ingombrante carico di ipocrisie e voti a disposizione del miglior offerente. E se i rieletti svettano nelle loro litanie stracche, i novizi sgomitano nella loro impalpabile esistenza, fantasmi e copia carbone di altri eletti già trapassati. E se la cooptazione e le dinamiche clientelari, a prima vista, sembrerebbero solo un retaggio di un passato inumato è la realtà del vederseli lì assisi, i coscritti, a tacitare ogni dubbio. Insomma si ha quasi l’impressione che mentre in tutta Italia si sia scatenato un putiferio e l’Europa se ne vada alla deriva, Bisignano se ne stia acquattato sotto la sua campana di vetro in attesa di non si sa che cosa. E tu subito a sbuffare ma quale cazzo di novità? Ti ripeti i nomi in testa degli eletti, ti vedi le facce paonazze sui manifesti e te li ritrovi smunte nelle differite delle televisioni locali e ti domandi: ma cosa può ancora dare (ammesso e non concesso che ci sia mai stato quel giorno) alla politica visignanisa un Fernando Bisignano, un Mario D’Alessandro, un Francesco Fucile, un Roberto Cairo? E quali sono i loro meriti acquisiti in decenni d’attività politica in prima linea. Certo i voti, il popolo sovrano… la solita solfa del cavolo, ma perché scambiare i loro pacchetti di voti per dei meriti politici? Le domande da farsi e farti potrebbero essere tante, ma una sola basta ed avanza: perché Bisignano non è mai riuscita ad esprimere una figura politica di un rilievo appena superiore a quello provinciale? Elezioni provinciali, peraltro, rivelatesi fauste per i colori bisignanesi solo in un paio di occasioni, di cui si fa fatica a ricordarsi.

Parlare della campagna elettorale, in sé e per sé, a che servirebbe? Il web locale, dopo la fregola di quei giorni, è ritornato alla solita catalessi di tutti i santi giorni ed alle ospitate eccellenti del giornalismo d’assalto del decano della stampa locale, gran officiante della santità di Sua Umiltà Umile (da) Bisignano ed esegeta insigne dell’umiltà di quel fraticello, che sebbene già assurto alla gloria della santità, proprio non vuol saperne del gran miracolo per fare del suo luogo natio il paese di Bengodi o della Cuccagna. E tu non sai se l’improbabile equivoco sia dettato dall’omonimia con il santo nostrano o se sia necessario impelagarti in una spasmodica ricerca, per individuare nel sindaco in persona eventuali virtù taumaturgiche supplementari oltre al favore e fervore del popolo sovrano. E il miracolo te l’aspetti pure, da un momento all’altro, ma niente di niente, annunci su annunci di un bel dì vedremo.

Metafora, buttata lì dal destino cinico e baro, la faccenda dell’autenticità o meno di un mucchietto d’ossa decalcinate miracolosamente ricomparse, e che la devozione dei fedeli e di qualche necrofilo lupus in fabula avrebbero ardentemente desiderato che appartenessero ad un Santo ormai stufo di vedersi tirato in ballo, da tutte le parti ed in tutte le occasioni. Ad avvalorare la portata, o meno, della metafora l’esito negativo dei risultati, quasi a voler ricondurre a più miti consigli quanti sposano, a prescindere, la devozione verso la santità e la storia di Sant’Umile facendone lo zimbello a servizio di questa o quella tenzone. Devozione che, peraltro, sembra rivolgersi indistintamente a tutto ciò che puzza di potere o può in qualche modo produrre giovamento, sia pure per miracolo. Sì, perché le elezioni a poco servono se non ad evidenziare che un certo potere ha bisogno solo di devoti sinceri, e che se Bisignano stenta non è certo solo per (de)merito o colpa dei suoi amministratori.

L’ultima tornata elettorale offrirebbe il destro per molte altre considerazioni, ma forse meglio concentrarsi sugli eletti e sul teatro dell’assurdo della politica visignanisa. Il quadro è sconfortante per molti ragioni, alcune delle quali le ho già evidenziate in passato, ma procediamo con ordine cominciando dalla maggioranza. Ci si potrebbe chiedere quale sia il collante che lega gli affiliati di Solidarietà & Partecipazione e se la cesura evidente tra i fedelissimi del cerchio magico e le nuove reclute non possa essere un problema per la tenuta della maggioranza stessa oppure l’avallo per possibili adesioni, dalle fila delle opposizioni, anche in prospettiva futura. Il fatto che il sindaco in carica sia al suo mandato conclusivo pone in evidenza il problema della sua successione, che potrebbe trasformarsi in un elemento di logoramento della maggioranza stessa e a farne un polo di attrazione. Vista lo stato comatoso dei partiti nazionali, a cominciare dal piddì sine /cum elle, proseguendo per l’udiccì e non lesinando le minutaglie varie, ci si potrebbe chiedere ancora quali potrebbero essere le ripercussioni locali del letterale ed ininterrotto disfacimento dei partiti tradizionali. Cosa faranno gli ex candidati sindaci Francesco Fucile e Francesco Lo Giudice qualora si vedessero franare sotto i loro piedi rispettivamente l’udicci e il piddì? Ammesso e non concesso che il consigliere Francesco Fucile non si rassegni all’avversa sorte elettorale, a cosa si aggrapperà per continuare a nutrire ancora le sue ambizioni? E il consigliere Francesco Lo Giudice esplicherà il suo ruolo di giovane promessa della politica visignanisa in veste di bastone della vecchiaia di Roberto Cairo o agirà a fiuto, cogliendo la palla al balzo per coronare le sue aspirazioni? Al netto di cospirazioni e ispirazioni dell’ultimo minuto riuscirà la ventata del Movimento cinque stelle a scuotere gli animi e rianimare l’asfittico panorama politico locale. Certo non mancheranno le resistenze, non mancheranno le passerelle (in nome e per conto della legalità, della libertà, della fraternità…) di politici provinciali, regionali e nazionali in cerca di una salutare boccata d’ossigeno, non mancheranno genuflessioni e benedizioni verso i Laratta, i Gentile, i Trematerra, gli Occhiuto… non mancheranno i megafoni che tuoneranno ca su’ arrivati i sordi finarmenti, ma saranno proprio le leggi del mercato, che regolano il destino dell’Euro e del governo Monti (nella totale abiura della politica al suo ruolo) e che con effetto a cascata, dal livello nazionale a quello rionale, scombineranno i sogni e le aspettative finanche degli eletti del consesso consiliare visignanisu. Alla luce di queste brevi considerazioni è lecito porsi altre domande. Ad esempio: riuscirà stavolta, ad arrivare alla sua scadenza naturale la sindacatura di Umile Bisignano? Oppure: Bisignano riuscirà ad esprimere una sua opposizione di marca grillina, al di là di qualche ciuccio rintronato, con gli occhiali da sole, sull’homepage di un sito chiuso per ferie? Più oltre e difficile spingersi, non perché di arti divinatorie si tratti, quanto perché vale sempre l’assunto andreottiano che il potere logora chi non ce l’ha. Il potere chi ce l’ha se lo tiene stretto o almeno cerca, in tutti i modi e senza remore, ma poi e così vero che il potere, anche in queste nostre lande, alligni e vada ricercato solo nelle figure degli (attuali) amministratori?

Rosario  Lombardo