Sharapova, la tennista di ghiaccio

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Marya Sharapova è la tennista dagli occhi di ghiaccio e dalla battuta di fuoco. Avrebbe potuto fare la modella, guadagnare milioni di dollari a Parigi, New York e nelle grandi metropoli, ma ha preferito giocare a tennis e gliene siamo tutti grati. È stata la prima tennista russa a sfatare il mito di Wimbledon, dominandolo e vincendolo, così come gli Australian Open, che gli hanno poi permesso di guadagnare la prima posizione nella classifica Wta. Di certo, dal 2005, è difficile anche invitarla a cena: non per via degli impegni, ma forse nel confronto con il portafogli dei comuni mortali non regge il paragone. Saremmo costretti a farci offrire la cena da quella che è diventata l’atleta donna più pagata al mondo, con un guadagno medio che si attesta tra i 26 e i 30 milioni di euro, cifra variabile in base alle vittorie. Inserita tra le donne più belle al mondo, ha una perfetta forma fisica, mantenuta con ore ed ore di allenamento, spesso massacranti e incominciati in età tenerissima. L’abitudine, si sa, fortifica anche nelle maggiori avversità e, per una nata in Siberia e trasferitasi da piccolissima in America, la disciplina diventa il marchio di fabbrica. Frequentò l’accademia di Nick Bollettieri a Bradenton e decise di fare la tennista fin da subito, perdendo la spensieratezza delle bambine con le Barbie in mano ma acquisendo, per sua fortuna, quella grinta necessaria e individuabile soltanto in pochissime elette. 27 sono i tornei vinti (ed ha ancora 25 anni, ndr), ha una media di vittorie dell’80% e il numero è salito sempre più negli anni con la Sharapova che, raramente, ha steccato una partita. Basti pensare al recente Roland Garros a Parigi. Sara Errani non arrivava, di certo, tra i favori del pronostico ma aveva, dalla sua, l’entusiasmo nell’aver compiuto già l’impresa della finale. Un po’ come Spagna – Italia degli europei di calcio, per intenderci. La Sharapova, così come la Spagna, non fatto nessun proclamo, è scesa in campo e ha bombardato la povera Errani, con il risultato di 6-2, 6-3 che l’hanno fatta trionfare anche nella capitale francese. Si giocava in terra rossa, mentre a Wimbledon, nel luglio 2011, giocò sull’erba e soffrì contro la Ktikova, una mestierante del tennis, non certo un fenomeno. Proprio guardando a quel 2 Luglio 2011 possiamo individuare un difetto: la scarsa lucidità nel chiudere l’incontro. Evento raro, ma pur sempre presentabile
Massimo Maneggio