Shaw vale veramente 40 milioni?

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Ha giocato relativamente poche gare nella sua breve carriera ma ha diviso, praticamente, tutti gli amanti del calcio in Inghilterra. Molti lo considerano un sopravvalutato, altri un fenomeno, altri ancora un normale giocatore, un mestierante della fascia. Difficile fare un mix di queste interpretazioni per Luke Shaw ma quando il Manchester United spende quasi quaranta milioni d’euro, forse vale la pena aprire il dibattito. Ai mondiali ha giocato una sola gara, ma aveva davanti un “mostro” come Ashley Cole, ora neo acquisto della Roma. E Hodgson ha preferito la sua esperienza. Shaw ha disputato la gara più inutile per l’Inghilterra, quella contro il Costa Rica. Maglia numero 23, non ha entusiasmato, ha giocato una partita «senza infamia e senza lode» come si diceva qualche tempo fa.  È di certo uno dei più pagati, nel rapporto Shaw in azionequalità-prezzo-età: neanche Wayne Rooney arrivò a tali cifre, nel passaggio dall’Everton alla squadra di Alex Ferguson, nonostante avesse già molti più estimatori nonché colpi balistici. Senza voler essere completamente disfattisti o detrattori nei confronti di Shaw, c’è ancora da ricordare che, con quasi quaranta milioni di euro spesi, la sua sarà una maglietta “pesante”, ben più di quella del centrocampista Fellaini, altro calciatore pagato a peso d’oro. In Premier League ha giocato cinquantacinque partite con la maglia del Southampton, venticinque gare nella stagione 2012-2013 e altre trenta in quella passata. Nel tempio dei “Red Devils” dovrà dimostrare di essere un calciatore già fatto e pronto per affrontare una tifoseria e una dirigenza che non ha più tempo da perdere. L’anno di David Moyes è stato fallimentare con la mancata qualificazione alle coppe europee, un fatto quasi storico nella parte di Manchester che, per anni, ha sbeffeggiato i cugini del City. Ora la ruota è girata in maniera vertiginosa: il City è una corazzata, mentre lo United arranca un po’. Non c’è da disperare, poiché il nuovo tecnico è un certo Louis Van Gaal, un allenatore che, di certo, sveglierà l’ambiente a forza di usare metodi da semi-dittatore. Così, per Shaw arriverà l’esame più serio: dimostrare di essere un calciatore da Manchester United. Nel suo carnet calcistico vanta le classiche doti dei terzini d’avanguardia, ovvero corsa, facilità di sovrapposizione e fiato a propria disposizione, mentre nella fase prettamente difensiva e nella marcatura stretta non appare irresistibile. Ha la necessità di migliorare nei fondamentali, un po’ come tutti i calciatori nati nel 1995 e che ancora devono maturare la giusta malizia in campo. Avrà il tempo (e speriamo anche la voglia) per diventare uno dei migliori, ma quel peso psicologico di avere un cartellino da quaranta milioni addosso non è una passeggiata. A Manchester, si sa, i talenti crescono bene e rimangono tutta una vita (Giggs, Scholes sono gli esempi classici), mentre chi è più svogliato rimane per qualche stagione, ciondolando in un campo d’allenamento e perdendo gli anni migliori. A Shaw il compito di non deludere le enormi aspettative.

Massimo Maneggio