Si è svolta nella giornata di sabato 3 Maggio la prima uscita del terzo anno di attività di Pedagogia della R-Esistenza, percorso di studi della laurea triennale in Scienze dell’educazione dell’Università della Calabria. Come sempre guidati dal prof. Costabile, i numerosi ragazzi presenti all’iniziativa hanno visitato alcuni importanti luoghi di lotta alla criminalità presenti sulla nostra terra di Calabria. La prima tappa dell’uscita è stata la caletta di Rovaglioso a Palmi, votata nello scorso anno da Legambiente come una delle spiaggie più bella d’Italia, oggi teatro di un importante presidio di legalità. Gli uliveti sovrastanti la spiaggia sono stati sequestrati alla potente cosca locale dei Mammoliti che per circa trent’anni hanno egemonizzato il posto, con l’intento di costruire un villaggio marittimo e speculare su un bene pubblico. Attualmente questo posto è vigilato dai volontari del “Presidio di volontari di Rovaglioso” che si impegna a sensibilizzare turisti e cittadini ad eseguire importanti lavori di miglioria come l’affaccio sul “Bagno delle Femmine”, dei terrazzi in pietra e il ripristino dell’ex casermetta della Finanza, sommersa da rovi ed arbusti.
Questo gruppo di volontari con la loro attività e il loro impegno hanno fatto sì che le istituzioni si impegnassero concretamente nel salvaguardare questo patrimonio naturale calabrese, permettendo a questa caletta di diventare un simbolo sia di bellezza naturale che di bellezza legale.
Dopo aver assaggiato gli squisiti dolci fatti dai volontari, di pomeriggio ci si è recati presso l’impresa di calcestruzzo di Gaetano Saffioti, imprenditore di Palmi da 12 anni testimone di giustizia. Grande lavoratore sin dalla giovane età, si è dovuto scontrare più volte con la ndrangheta locale che reclamava la sua parte di potere e ricchezza tramite richieste estorsive che sfociavano in numerose minacce, intimidazioni e danneggiamenti. Questa spregevole situazione è durata fino al 2002, quando Saffioti decide di denunciare il tutto alla magistratura e cominciare una nuova vita. Perchè purtroppo chi denuncia e fa la cosa giusta come lui è costretto a modificare radicalmente la propria vita, perdendo tantissimi amici e alcuni familiari che non comprendono o non accettano la sua scelta. L’imprenditore e la sua famiglia da allora iniziano a vivere sotto scorta ma nonostante il pericolo decidono di rimanere in Calabria e continuare l’attività, tra l’altro riconosciuta in tutto il mondo come dimostrato dai lavori effettuati a Parigi e in Spagna, rifiutando gli aiuti economici statali per i testimoni di giustizia. La sua testimonianza è stata fondamentale nell’arresto di numerosi esponenti delle famiglie mafiose dei Bellocco, Piromalli e Gallico durante l’operazione “Tallone d’Achille”.
La sua testimonianza e la sua figura da uomo normalissimo, come lui stesso si definisce, ne fanno il possibile padre di ognuno di noi, dimostrando che non bisogna essere dei supereroi per denunciare il pizzo e le minacce ma semplicemente degli uomini responsabili e volenterosi di guardarsi ogni giorno allo specchio senza sentirsi in colpa per il futuro dei propri nipoti, a cui bisogna lasciare una terra diversa e non una in cui o paghi o muori. Lui ha deciso di rimanere nella sua terra per essere da esempio agli altri imprenditori, dimostrando che un’altra strada è possibile.
A suo parere nella nostra vita possiamo scegliere di essere protagonisti o comparse e lui ha scelto effettivamente di essere protagonista e concreto esempio di questa lotta. Fondamentale per combattere la ndrangheta deve essere il mancato consenso dei cittadini, rovesciando così il sistema che vuola la scorta ai testimoni di giustizia: se il popolo si ribellerà alla mafia dovranno essere i mafiosi ad essere scortati perchè non troveranno più attorno omertà e rispetto ma disonore e disprezzo come essi meritano. La mafia quindi si potrà sconfiggere tramite il nostro potere di scelta.
Saffioti dimostra per l’ennesima volta la sua grandezza umana quando afferma che non vuole costare nulla allo Stato, nemmeno il prezzo della scorta. La sua attività negli ultimi anni ha proposto più volte allo Stato di svolgere lavori gratuiti come simbolo di un lavoro pulito ma nonostante ciò il suo appello non è stato accolto, cosa che per fortuna avviene all’estero. Anche qui, però, Saffioti ha avuto a che fare con problemi legati alla mafia, come le minacce ricevute a chi gli commissionava il lavoro, invitandoli a rivolgersi ad altre aziende “amiche” piuttosto che quella di un “infame” costantemente a rischio.
Gaetano Saffioti invita, quindi, il Sud a liberare il Sud, senza attendere l’arrivo del Nord che molto spesso specula sui nostri problemi. Lui non vuole essere etichettato come testimone di giustizia ma piuttosto come testimone di certezza, perchè è l’esempio concreto di come sia possibile una strada alternativa al pizzo, passando ai fatti e mettendo in disparte le troppo facili parole. Senza aiuti statali e senza piangersi addosso Saffioti ha vinto un’importante battaglia, quella della dignità, perchè come da lui affermato la paura non la si vince con il coraggio ma con una paura ancora più grande, cioè quella di alzarsi la mattina e rendersi conto di non essere un uomo libero. E apre il cuore la sua ultima confessione: prima di essere un imprenditore lui è un marito e un padre e forte su di lui è pesato per diversi anni il fardello di sentirsi responsabile di aver reso impossibile la vita alle due persone più importanti della sua vita. Un giorno però suo figlio, rendendosi conto di ciò, ha tolto ogni dubbio a suo padre, ringraziandolo per averlo reso libero davvero, non come erroneamente credono di essere oggi molti ragazzi mettendo in primo piano cose ben più futili.
Dopo questa toccante testimonianza i ragazzi hanno improvvisato, sul solco di quanto avvenuto lo scorso anno a Scampia, una piccola partita a calcio, dimostrando che su questi luoghi a fare da padrone devono essere il sorriso e la gioia di chi ama la legalità e non le minacce di uomini senza onore.
Ultima tappa della giornata è stata la manifestazione del Coordinamento della Gerbera Gialla svoltasi presso la Sala Convegni Palazzo Foti di Reggio Calabria. La coordinatrice Adriana Musella ha deciso di dare come tema centrale del convegno la lotta agli “invisibili”, cioè coloro che fanno parte delle istituzioni ma sono collusi con la mafia. Citando la triste vicenda del comune di Reggio Calabria, lei afferma che il problema mafia non lo si risolve soltanto mandando via i politici, ma è necessario anche eliminare quella parte di burocrazia collusa con l’illegalità.
Numerosi sono stati gli ospiti presenti, a partire da Cesare Sirignano, Sostituto Procuratore della DDA di Napoli, che ha sottolineato l’importanza della cultura per cambiare il destino del nostro paese. Soltanto un popolo ignorante può essere condizionato e minacciato, mentre se tutti noi fossimo consapevoli dei nostri diritti non saremmo in questa situazione. Successivamente è intervenuta Angela Napoli, delegata della Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia Rosy Bindi, sottolineando come gli “invisibili” siano presenti sempre in mezzo noi. Sono invisibili, ad esempio, coloro che hanno gridato allo scandalo per lo scioglimento del Comune di Reggio Calabria.
I giovani hanno il diritto invece di vivere in un mondo senza invisibili, con giustizia e trasparenza ma, allo stesso tempo, prendendosi la responsabilità di aprire gli occhi a 360°, pretendendo il rispetto dei loro diritti. Per troppo tempo in Calabria si è vissuto di abusi e di clientelismo e ciò oggi deve cessare, dando spazio finalmente alla meritocrazia. La delegata, inoltre, ha polemizzato con tutti coloro che si riempiono la bocca di antimafia ma che in realtà fanno tutto questo per scopi di lucro e, addittura, sono collusi con i poteri che fanno finta di contrastare. Questa lotta invece deve vedere un concreto sostegno a tutti coloro che vi partecipano, senza isolare queste persone come troppe volte succede.
Il giornalista Arcangelo Badolati, vicino al percorso di Pedagogia della R-Esistenza, si è ricollegato a ciò analizzando il rapporto Stato-Chiesa-Mafia, sottolineando la forte corruzione presente in tutti gli ambiti della società. Badolati però ha tenuto a sottolineare come naturalmente all’interno della Chiesa, soprattutto quella post-Bergoglio, i cambiamenti in questo senso siano molti. Non si può non citare la figura di Italo Calabrò, prete che quando scoprì che un bambino fu rapito dalla ndrangheta fermò la festa patronale e disse che i mafiosi erano uomini senza dignità.
Successivamente è intervenuto il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria Federico Cafiero De Raho che, felice della presenza di personaggi come Gaetano Saffioti e Nino De Masi, ha invitato tutti a prenderli come esempi, senza temere di dire la verità ma anzi lottando per essa. A suo parere oggi la ndrangheta si sta rendendo conto che nei loro confronti le pene stanno aumentando e così si stanno rendendo conto che qualcosa effettivamente si sta muovendo. Il Procuratore Nazionale Antimafia Franco Roberti ha sottolineato a questo proposito che la ndrangheta non è un problema solo calabrese ma internazionale, come dimostrato da recenti indagini sul territorio dell’Unione Europea. A suo parere in questa dura lotta il punto principale di partenza deve essere il favorire lo sviluppo e la crescita del paese, perchè facendo questo nessuno andrà a chiedere lavoro alla mafia e si otterrà così il suo indebolimento.
Interessantissimo è stato anche l’intervento del Sottosegretario di Stato Marco Minniti, che analizza e suddivide in due elementi la forza della ndrangheta: l’innovazione, cioè i nuovi metodi per attuare l’illegalità, e l’arcaicità, che permette di loro di mantenere un clima omertoso. Questo forte potere molto spesso ha portato a pensare la mafia come un antistato, ma ciò è errato proprio perchè c’è una forte collusione tra mafia e Stato. Un altro luogo comune da sfatare è quello secondo cui se si parla di ndrangheta si parla obbligatoriamente male di Reggio Calabria, quando in realtà affrontare la questione ndrangheta significa voler salvare questa terra. Una soluzione per poter fare ciò deve essere quella di riutilizzare il maggior numero di beni confiscati alle mafie, cosa che troppe volte lo Stato non agevola.
Finisce così con questo intervento questa bellissima giornata R-Esistente per i ragazzi dell’Unical, consapevoli di aver conosciuto dei Testimoni di verità che hanno compreso l’importanza di denunciare senza però scappare, l’unico modo per poter dare un futuro alla nostra terra poiché, come affermava Italo Calabrò, “solo camminando si apre cammino”.