Dedichiamo questo articolo, scritto anni fa, a uno dei migliori giornalisti italiani.
Enzo Biagi: un giornalista signore e un signor giornalista
Lo scorso 6 novembre ci ha lasciato uno dei più grandi giornalisti italiani: Enzo Biagi, ed è doveroso dedicare al Maestro lo spazio che purtroppo nella scorsa edizione non è stato concesso. Biagi era nato nel 1920 in un paesino della provincia di Bologna e frequentò da giovane l’istituto tecnico “Pier Crescenzi”, dove diede vita ad una piccola rivista studentesca, Il Picchio, che si occupava soprattutto di vita scolastica. Il Picchio fu soppresso dopo qualche mese dal regime e da allora nacque in Biagi una forte indole anti-fascista. All’età di 17 anni cominciò a collaborare con il quotidiano L’Avvenire, occupandosi di cronaca e di piccole interviste a cantanti lirici. Nel 1940 fu assunto in pianta stabile dal Carlino Sera come estensore di notizie, mentre un anno dopo diventò un giornalista professionista.
Nel 1942 fu chiamato alle armi, ma non partì mai per il fronte, a causa di quei problemi cardiaci che lo avrebbero purtroppo accompagnato per tutta la vita. Il 18 dicembre 1943 sposò Lucia Ghetti, maestra elementare; poco dopo si unì alla Resistenza, combattendo nelle Brigate Giustizia e Libertà, legate al Partito d’Azione ed è lui ad annunciare dai microfoni del Pwb la fine della guerra. Terminata la guerra, Biagi ricomincia la sua attività di giornalista, ma nel 1951 aderì al Manifesto di Stoccolma contro la bomba atomica e, accusato dal suo editore di essere un “comunista sovversivo”, fu allontanato dal Resto del Carlino. Fu assunto da Mondatori come caporedattore della rivista Epoca, diventandone poi in seguito anche il direttore.
Nel 1960 un articolo sugli scontri di Genova e Reggio Emilia contro il governo Tambroni suscitò la dura reazione dell’allora presidente del Consiglio: Biagi fu costretto a dimettersi. Il lavoro però non mancava a Biagi e in un paio d’anni entrò a far parte come inviato nei maggiori quotidiani dell’epoca come L’Europeo, il Corriere della Sera, e la Stampa. Questo fu anche il periodo in cui fu assunto dalla RAI dove curò la nascita del secondo canale e di RT- Rotocalco Televisivo. Biagi incomincia ad accompagnare la storia d’Italia raccontandone in maniera schietta usi e costumi. Il suo giornalismo non era un semplice battere a macchina davanti ad una Olivetti dell’epoca, ma era un riflettere calmo e pacato. La penna di Biagi non scriveva, “parlava”.
Immaginava il lettore in quei momenti di pensieri e lo metteva in guardia cercando di non abbellire come molti dei suoi colleghi facevano. A volte il suo scrivere era duro, figlio di un passato da partigiano che lo fortificava nei momenti più difficili e diventava agli occhi degli italiani un testimone solitario della storia e delle malefatte in Italia.
Nel programma Proibito, Biagi aveva in mano una schedina del Totocalcio con i risultati taroccati, gli stessi che portarono all’arresto di molti calciatori tra cui Paolo Rossi e che fecero nascere lo scandalo del Totonero, che finì con la retrocessione in Serie B del Milan e della Lazio. Dopo lo scandalo della P2 si allontanò nauseato dal Corriere della Sera dove non accettò di fare calpestare i suoi diritti e passò a La Repubblica.
Passano gli anni, ma Enzo Biagi in televisione riesce a creare nuovi format giornalistici ed il migliore fu creato nel 1995, l’anno de Il fatto che divenne un appuntamento fisso dopo il TG1 della sera. Memorabili furono le sue interviste a Mastroianni, a Sophia Loren, a Indro Montanelli e le due a Benigni, l’ultima delle quali realizzata nel 2001, in piena campagna elettorale: il comico toscano parlò di Berlusconi e della sua candidatura, commentando a modo proprio il conflitto d’interessi e il “contratto con gli italiani”. L’intervista scatenò furiose polemiche contro Benigni e contro lo stesso Biagi. Il deputato di AN e futuro Ministro delle Comunicazioni, Maurizio Gasparri, parlando a un’emittente lombarda auspicò l’allontanamento dalla Rai del giornalista emiliano.
Il 18 aprile 2002 Berlusconi decise che la ragione stava da una parte sola (la sua) e mentre si trovava in visita ufficiale a Sofia, dichiarò: «L’uso della Rai fatto da Biagi, da quel Santoro e da Luttazzi, è stato veramente criminoso e condotto con i soldi di tutti. Preciso dovere di questa dirigenza sia quello di non permettere più che questo avvenga». La dichiarazione di Berlusconi passerà alla storia con la definizione di “editto bulgaro”. Il Fatto sarà cancellato dal palinsesto televisivo, mentre Biagi ritornerà in RAI nel 2006 con il ritorno di RT su RAI3 in terza serata, un parziale risarcimento dell’umiliazione subita per colpa di un uomo che nella sua azienda (Mediaset) un giornalista vero non lo possiede. Con Enzo Biagi si è chiusa un’era di giornalismo fatta da giornalisti signori e signor giornalisti. Un giornalismo fatto da uomini e di sane rivalità, un giornalismo che forse mai più ci sarà in Italia.
Massimo Maneggio