Una vecchia usanza bisignanese è ‘u Trivulu: una processione per implorare la pioggia durante i periodi di siccità, che specialmente in passato compromettevano duramente i raccolti e facevano balenare lo spettro della fame.
A Bisignano è invocato dai membri delle confraternite del Rosario e dell’Immacolata Concezione in caso di prolungata siccità. Con ‘u Trivulu (letteralmente pianto, lamento) ci si affida con fiducia al potente intervento divino, invocato con questa pratica penitenziale, analoga a quella dei flagellanti, che dura tre giorni.
I bisignanesi si affidano a San Francesco di Paola, durante l’antichissima usanza del trivulu infatti, la statua di San Francesco di Paola viene prelevata dalla Chiesa di appartenenza e portata presso la Cattedrale, dove viene tenuta “in ostaggio” finché non si ottiene la pioggia. Tale pratica viene attuata anche in caso di poggia torrenziale, per invocare il buon tempo per la semina o la mietitura. Chi fa i trivuli si veste con una casacca bianca ed un cappuccio in testa, con una catena di ferro si batte sulle spalle.
Un rito religioso, praticato fino ad alcuni decenni fa, che si pensa tragga origine da religioni pre-cristiane orientali, con le offerte di sacrifici umani per placare l’ira degli assetati di sangue, tali usanze sono arrivate in seguito nell’Antica Grecia e a Roma.
I più anziani ricordano che spesso, forse per una mescolanza bizzarra di statistica, magia e religione, concluso il rito la pioggia cadeva davvero, accolta dai fedeli senza stupore, come una contropartita celestiale. U trivulu è quindi un rito religioso di tale potenza e forza, dedicato al pentimento, nonchè una grande manifestazione di fede e di religiosità civica.
Riportiamo un video che ritrae la pratica del “Trivulu” a Bisignano (Riprese Gino Braile)