Dormivo anzichenò, in attesa dell’ultimo responso dai fondi di bottiglia del grande rito orgiastico in diretta e differita sulle grandi e piccoli tivù nazionali. Il web nella sua balbuzie inconcludente a registrare il tutto con un’ironia très facile e humour all’amatriciana. Scampato ai comizi e alle tribune elettorali e in pace con tutto me stesso. “Sessanta milioni di topolini / davanti alla tivù / imparano in cinque minuti /il facile du du du (Tre Allegri ragazzi morti, 1994)” E nel mentre il Titanic ad affondare lieve e plof… plof … sprofondando immancabilmente. Beh! Il vostro onesto happy end ficcatevelo dove più vi aggrada e brindateci su, ho di meglio da fare io che sollazzarmi per le vostre stramaledette guerre lampo e le vostre vittorie di Pirro…
Fatevele da voi le vostre belle processioni, io non vi prego e non mi inginocchio nemmeno davanti ai santi. L’umiltà non mi appartiene, nel mio dizionario è sinonimo di omertà. Dormivo, dicevo, anzichenò. E nei sogni i miei passi mimavano i passi già fatti, per il corso, il giorno prima. Cosenza la dotta a distrarmi col suo stand-by di vigilia-veglia pre-elettorale. Per terra i resti dei bivacchi della chiusura della grande sbornia elettorale. I nomi leggibili ad occhio nudo sui fac-simili e le croci monito e diktat su emblemi adatti alla bisogna. Le Liste dei Presidente, le liste monche, le liste dei soliti noti. Ed io ingenuo a domandarmi: chissà quando ci sarà costata quest’altra campagna di russia? Chissà quanta inutile carta sarà finita nei cestini ed in discarica? Quanti soldi ci è costato quest’altra mise en place, trucco, diversivo sans façon di una frotta di paragnosti pari a Giukas Casella? …Ma chi cazzo ve l’ha detto che il voto è libero? E il giorno dopo, sugli scranni regionali ancora i Gentile e i Principe, gli Adamo e i Trematerra, eccetera eccetera. Tutto come o prima o quasi. Amen. E quel quasi a vestirsi di nuovo in una svendita dell’usato. …Ma dove Cristo sta la gran novità se chi si è ingrassato sulle disgrazie della Calabria, col favore dei calabresi tutti, continuerà a sedere sugli stessi scranni in saecula saeculorum? …Ma davvero c’è chi crede che basti sostituire un Loiero qualsiasi con uno Scopelliti qualsivoglia per cominciare a sperare, per riesumare questa vostra democrazia già morta e seppellita? Dopo quarant’anni di vita dell’ente regione dove sta la classe dirigente degna di questo nome in grado di camminare da sola e di non reggersi alla stampella dei Gasparri, Mastella o Rutelli, eccetera eccetera? …Ma dove stanno i politici di rango che hanno amministrato questa nostra terra? Certo le eccezioni. Le eccezioni che in quanto tali sono un trompe l’oeil, uno specchietto per le allodole, la conferma di una regola inossidabile. …Ma possibile che nessuno più s’indigni che una regione con quasi 2 milioni di abitanti abbia un consiglio regionale con 50, e dico 50, consiglieri regionali? Per fare che? E per carità non chiamateli onorevoli, non siamo mica a Montecitorio, e l’inflazione delle parole non offre chance alcuna. Cosa ci sia di onorevole in ognuno degli eletti che ha conosciuto la Calabria ditemelo, orsù, voi! …Ma possibile che non susciti clamore alcuno un consiglio regionale dove non siederà nessuna donna? Perché le donne nella politica calabra non riescono a ritagliarsi un ruolo che non sia quello dell’amante, della moglie tutta casa e chiesa, della vedova da consolare con una poltrona romana, o tutta al più della comparsa silente o quasi? E della ‘ndrangheta che, pure stavolta, non avrà disdegnato mettere lo zampino nella contesa elettorale vogliamo parlarne? E vogliamo parlare forse di tutti i primati in negativo della Calabria intera e della sua nomenclatura? “No ci salveremo disprezzando la realtà / e questo mucchio di coglioni sparirà / e ne denaro e ne passione servirà / gentili ascoltatori siamo nullità / equipaggi persi in alto mare / forse il presidente non lo sa (Baustelle, I mistici dell’occidente.)”
Dormivo dunque, anzichenò. E i sogni turlupinavano il sonno. Forse per questo che a fine della bisboccia elettorale, risultai far parte della setta degli astensionisti. Un atto civico di responsabilità involontaria, un meccanismo di difesa animale per puro spirito di sopravvivenza comunque inconscio. Io e altri a dire NO. Basta. Non se ne può più. E non è che la sconfitta di Agazio-il-Gran-Nocchiero mi abbia colto di sorpresa, più che pronosticabile visto il suo successo alle primarie nel giorno di San Valentino. “L’amore vince sempre sull’odio”: proprio vero non c’è che dire! E assodata l’ostinazione di Agazio-il-Gran-Nocchiero si potrebbe auspicare, se non sia lecito e più che giusto, che se ne stia a casa “tomo tomo e cacchio cacchio”, che si tolga dai piedi, dalle palle, di torno. E’ nella logica dell’alternanza e della democrazia, dappertutto tranne che in Italy. E si potrebbe auspicare altresì, che i non eletti, pure costoro, seguissero a ronda, ma da scommetterci tutto ciò che più vi aggrada che questi auspici rimarranno tali, e chissà per quanto queste facce paonazze continueranno a starnazzare per monoscopi e piazze, a far comizi e danni, a pavoneggiarsi fra frizzi e lazzi. “Smania ‘e cagnà, / so’ distratto e faccio accussì, / senza niente ‘ncap pè mmo, / sto dicenno sempe ca sì / pure quanno nun pozzo ascì…/ Resto sulo a pensa’ / sì nun songo l’urdemo, / ma ‘o munno pè mme / nun se po’ fermà… ( 24 grana , Smania ‘e cagnà )”
il chiuR.Lo.