Usain Bolt, il velocista più veloce del mondo, vuole sfidare ogni legge della fisica. Al campione giamaicano non basterà vincere l’oro e sfrecciare in mezzo a semplici comprimari: vuole scendere sotto i 9 secondi e 50. A dirlo qualche anno fa, si rischiava di essere internati a vita e quando nel 1991 Leroy Burrell arrivò a compiere la gara dei centro metri in 9’90 gridarono al miracolo, con la convinzione di aver archiviato ogni possibile record.
Poi Carl Lewis, ancora Burrell, Donovan Bailet, Maurice Greene e per due volte Asafa Powell riuscirono ad abbattere la soglia, diminuendo sempre più le distanze umane e la vorticosità di un tempo che lascia sempre con il fiato sospeso. Fin quando arrivò lui, il giamaicano Usain Bolt, uno che a 15 anni soffriva di scoliosi, come tanti, e che dieci anni dopo era diventato, meritatamente, l’uomo più veloce del pianeta. La favola partì ufficialmente il 31 Maggio 2008, con buona pace degli scienziati, sempre pronti a indignarsi a ogni passo da gigante. Bolt tocca i 9’72 e lancia la sfida a se stesso: gli avversari sono solo un arredo scenico, Bolt è solo contro il mondo, quel mondo che corre, ora, meno veloce di lui. New York è la tappa del primo record, fatto in 41 passi da giaguaro.
E così, Usain Bolt batte un nuovo record il 16 Agosto del 2008 alle Olimpiadi di Pechino. Si migliora di tre centesimi, ferma il cronometro a 9 secondi e 69 ed in molti non si accorgono che ha corso con uno slaccio slegato, se vogliamo un record nel record. Il 16 Agosto è una data che porta bene e un anno dopo l’impresa a Pechino succede qualcosa di impensabile. Bolt parte con il vento addosso e conclude i cento metri in 9’58 e ogni commento rimane superfluo.
Lontani appaiono gli screzi delle Olimpiadi di Atene, nel 2004, quando Bolt fu subito eliminato al primo turno dei duecento metri e lo etichettarono come un pigro e casinista. L’uomo più veloce del mondo ha nel mirino le Olimpiadi, per vincere in un ambiente freddo e distaccato, l’esatto opposto del suo essere velocista, da duemila euro a metro.
Come tutti i giamaicani non mancano i sorrisi e gli abbracci, nonché la voglia di vivere ogni momento in compagnia. Ha uno staff a sua completa disposizione, mangia da mesi riso e pollo e nel suo fortino di Kingston si allena con gran costanza. Il suo coach, Green Mills, è una sorta di marines, che sarebbe capace anche di prenderlo a frustate in alcune giornate ma preferisce usare la tattica del divertimento perché, in fondo, Bolt è ancora un bambinone.
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