Viale Roma in Bisignano: ritrovato il cadavere di Utopia(1)

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E poi il giorno dopo. E’ sempre il giorno dopo quello più difficile.
Riverso su un lato. Come se dormisse. In un’alba di un giorno qualunque. Sulla panchina più distante del viale. Occhi sbarrati e un filo di bava dalla bocca. Come se dormisse. Un cadavere con un sorriso imbelle in viso e un’erezione spropositata nei calzoni. Il fetore e l’inferno di una morte senza dignità da barattare. Quel cadavere là da mesi, anni, da sempre, sotto gli occhi di tutti, ad implorare l’ultimo gesto di pietà: la sepoltura…

E poi ancora giorno. Un giorno ancora.

Chiamatemi come vi pare, io non vi rispondo. Chiamatemi con il mio nome e cognome, ho imparato a inseguire passo dopo passo la vostra scia. Mi accodo. Quella carcassa insepolta non la scorgo più nemmeno io. Ritornerò al mio anonimato che fa gregge, truppa, che dà l’illusione di felicità. Una felicità da dare a bere. Vomiterò in silenzio. Con occhi ciechi, in silenzio, lungo sentieri già battuti. Scriverò per me stesso, o forse l’ho sempre fatto. Accucciato come un cane che scodinzola dopo le bastonate. No. Non è un commiato cerimonioso, un addio, l’estremo saluto, tutt’altro: é la resa. Incondizionata. “Voi critici, voi personaggi austeri,
 /militanti severi chiedo scusa a vossia
/però non ho mai detto che a canzoni
/si fan rivoluzioni, si possa far poesia. (L’avvelenata, Francesco Guccini)”

Mi arrendo alle vostre azalee e alle vostre feste della mamma. Mi arrendo alle vostre carrozzabili interrotte, fuossi e valluni, varchi senza destinazione. Mi arrendo alle vostre virtù di vecchie bagasce e di virgulti imberbi. Mi arrendo ai vostri telefonini trastullo per orgasmi insensati. Mi arrendo al rafforzamento della vostra coesione sociale del cavolo. Mi arrendo alle vostre statue di Umiltà milionaria e dono di benvenuto. Mi arrendo ai vostri assessori all’(in)cultura e alla vostra sterile istruzione che vi consola senza scuotervi. Mi arrendo al torpedone/ tormentone per Feldkirchen (ma quanti cazzo eravate?), ai cavalli rampanti, ai politici ruspanti, agli asini che volano. Mi arrendo al Palio, alla Quintana, alle bande musicali, alla guerra per bande. Mi arrendo all’anonimato di chi scrive e non ha il coraggio di firmarsi con nome e cognome (esimio Besiddio butta giuù la tua maschera di convenienza!). Mi arrendo alle Unomattina, a RTT, a RLB. Mi arrendo alle vostre canne da sabato sera, ai vostri sballi di topi in gabbia, ai vostri ansiolitici, ai vostri antidepressivi, alle vostre birre, alla voce grossa fra quattro amici. Mi arrendo alla vostra disinvoltura che finge condivisione. Mi arrendo alla vostra Chiesa da Medioevo. Mi arrendo alla vostra squallida pornografia casalinga da handcam. Mi arrendo al vostro miglioramento della viabilità del vostro centro storico del cazzo, alle illuminazioni, alle luminarie, alle piogge milionarie che finiscono sempre in rivoli collaudati. Mi arrendo… alla vostra fottuta democrazia, alla vostra libertà da parata, ai vostri sogni d’oro. Mi arrendo alla casta, ai cast, alla cricca, agli Anemone… agli anemoni, ai papaveri rossi all’ombra dei fossi. Mi arrendo ai vostri luoghi comuni, al mal comune mezzo gaudio, all’istituzione comune e alle vostre amministrazioni senza arte né parte. Mi arrendo al vostro orgoglio di campanile. Mi arrendo al potere che si nasconde mellifluo all’ombra dei soliti noti, dei bisogni reali, di quelli indotti, dei sogni infranti. Mi arrendo  ai vostri Padre Pio, San Francesco di Paola, Sant’umile, Beat’Angelo… e al vostro cattolicesimo che si nutre di paure. Mi arrendo al futuro con le pezze al culo. Mi arrendo ai sanitari in politica e all’in(s)anità della politica. Mi arrendo alle feste tricolori, alle feste rosse, alle feste meste gonfaloni in testa. Mi arrendo alla vostra idea di bellezza, alla vostra concretezza, alla vostra monnezza. Mi arrendo alla vostra scuola che si fregia di titoli specchietto per le allodole ma che si svende i titoli che contano. Mi arrendo senza acrimonia. Mi arrendo e non mi pento.

E un giorno dopo l’altro, la mia resa a non crearmi più sgomento. Si fa l’abitudine a tutto. La mia indignazione la dilapiderò in qualche bar. Fanculo Utopia, ideali, morale! Auguri al mondo.

Rosario Lombardo

1) Cliccandovi sopra le parole in blu rinviano a qualcos’altro.

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